Coronavirus e allergie ai pollini, l’esperto: “Vaccino non è controindicato”

Il tema, molto attuale, è stato affrontato per AdnKronos Salute dall’immunologo Mauro Minelli.

Tempo di allergie ai pollini, ma anche della campagna vaccinale anti-Covid. Ai dubbi di chi deve ancora immunizzarsi risponde l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzate, interpellato da AdnKronos Salute: “I vaccini attualmente disponibili non sono controindicati nei soggetti allergici, tanto più a fronte della considerazione basica che mai un’eventuale reazione avversa al vaccino (di qualunque vaccino si tratti) verrà promossa dalle IgE e cioè dalle cellule protagoniste della risposta immunitaria ai pollini. Per i soggetti allergici con importante sintomatologia acuta si può pensare a una posticipazione dell’eventuale vaccinazione di qualche settimana”.

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L’immunologo scende poi nel merito: “Quando parliamo di allergie stagionali ci riferiamo più frequentemente a patologie di tipo respiratorio, e cioè riniti, rinocongiuntivi, asma o ‘equivalenti asmatici’ del tipo tosse, magari associata a respiro sibilante con affanno o ‘fame d’aria’. Si tratta di patologie che hanno indubbiamente un forte impatto sulla popolazione considerando che, secondo fonti aggiornate e accreditate, in Italia circa la metà della popolazione soffrirebbe di allergie respiratorie con un trend in aumento costante. D’altro canto specifiche proiezioni epidemiologiche avviate già nel 2006 e attestanti, all’epoca, un’incidenza di allergopatie respiratorie stimata al 30% della popolazione, ne prevedevano un potenziale incremento del 5% ogni cinque anni. Dati, questi, che non possono e non devono essere sottostimati e che, inevitabilmente, portano a correlare l’esponenziale incremento di tali patologie all’influenza, rispetto ad una basilare predisposizione genetica, di diversi fattori di chiara derivazione ambientale. Per i tanti allergici stagionali, puntualmente questi fattori scatenanti si concentrano nel tempo dell’esplosione pollinica quando, tra aprile e giugno, si sommano nell’aria granuli di parietaria, graminacee ed olivo, tanto per citare i più famosi”

.

Prosegue Minelli: “E’ questo il periodo nel quale il sistema immunitario del soggetto allergico è costantemente ed intensamente impegnato a ‘tenere a bada’, attraverso le sue macchinose dinamiche cellulari e molecolari, l’azione incondizionabile di agenti aerodiffusi dai quali è quotidianamente aggredito. Se quello è l’impegno primario ed è anche molto faticoso, altre incombenze rischierebbero di risultare, per quel sistema, eccessive e non tali da essere contrastate con analoga diligenza e soprattutto con valida efficacia. Proprio per questo e considerando che l’induzione di una risposta immunitaria dell’organismo, come quella che consegue ad una vaccinazione, passa attraverso un processo di infiammazione talvolta associato a qualche effetto reattivo, sarebbe il caso di non sommare stimoli ‘pesanti’ in soggetti immunologicamente instabili. E siccome la vaccinazione può essere temporalmente spostata di qualche settimana ma non la pollinazione che invece risponde a cicli biologici indifferibili, può essere opportuno prevedere per i soggetti allergici con importante sintomatologia acuta, una posticipazione dell’eventuale vaccinazione a quando, tra qualche settimana, si sarà esaurita la pressione antigenica ambientale sostenuta dall’attuale sovraccarico di pollini che, soprattutto per le graminacee, quest’anno sembra essere particolarmente intenso”.

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