Coronavirus, anticorpi rilevati in Italia già nell’ottobre 2019

La segnalazione era arrivata dall’Istituto Nazionale Tumori. Ora l’Oms esamina le prove che dimostrerebbero come il Covid-19, o un virus simile, circolasse nel nostro Paese mesi prima di quanto si creda.

Nel novembre 2020 l’Istituto Nazionale Tumori aveva riferito di aver trovato tracce di anticorpi contro il coronavirus nel sangue di quattro soggetti italiani che si erano sottoposti a un esame oncologico all’inizio di ottobre 2019. Ciò significa che i quattro si sarebbero infettate a settembre, tre mesi prima che la Cina riportasse il suo primo caso di Covid-19 e cinque mesi prima del primo contagio confermato in Italia.

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Emanuele Montomoli, coautore dello studio originale e professore di Sanità pubblica all’Università di Siena, ha spiegato di aver informato l’Organizzazione Mondiale della Sanità dei risultati dello studio subito dopo la loro rivelazione. Stando alla sua dichiarazione, poco dopo i ricercatori hanno inviato 30 campioni biologici risalenti al periodo tra ottobre e dicembre 2019, prima che il virus si diffondesse su larga scala, all’Università Erasmus di Rotterdam nei Paesi Bassi, selezionata dall’Oms per eseguire ulteriori test. E ora la stessa Oms sta esaminando le prove che dimostrerebbero come il coronavirus, o un virus simile, circolasse in Italia mesi prima di quanto si creda.

Anche se l’Università non ha risposto immediatamente alla richiesta di commentare, Montomoli ha riferito che le conclusioni del laboratorio universitario “erano molto simili a quelle a cui era giunto l’Istituto Nazionale Tumori, con qualche piccola differenza”. E ha aggiunto: “Non abbiamo trovato prove del virus, ma degli anticorpi formati in seguito all’infezione. L’unica spiegazione è che il coronavirus, o qualcosa di molto simile, avesse infettato queste persone alla fine del 2019. È possibile che fosse lo stesso virus individuato a Wuhan a dicembre (2019) o una variante meno grave e meno trasmissibile“.

Al momento della pubblicazione dei risultati dello studio, Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’istituto, ha spiegato come i risultati non abbiano messo in dubbio le origini del virus, ma le tempistiche. Per Montomoli questi dati sono importanti perché “aiutano a creare un quadro più accurato” sull’evoluzione del virus e possono essere utili per affrontare l’attuale pandemia, rispondendo in modo più efficace a un’eventuale emergenza futura: “La nostra scoperta, da sola, non dimostra nulla, ma è un pezzo importante del puzzle”.

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