Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia

“Come pipistrelli nella notte”

Eugenio Cardi, noto scrittore romano proveniente dal Sociale, la celebra con il suo nuovo romanzo in uscita nei prossimi giorni.

Come pipistrelli nella notte sarà infatti in tutte le librerie dal prossimo 4 giugno, pubblicato contemporaneamente in Italia e in Argentina.

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Prefazione di Michela Marzano, pubblicato da Santelli Editore, distribuzione Messaggerie Libri.

Il nono romanzo di Eugenio Cardi (autore proveniente da una lunghissima esperienza nel volontariato, espressa tra carceri, immigrazione e minori in difficoltà), ispirato ad una storia vera, è dedicato ad attualissimi fenomeni sociali estremamente gravi che purtroppo la cronaca ci ripropone ossessivamente tutti i giorni: omofobia e femminicidio.

Come pipistrelli nella notte (un romanzo scritto in prima persona femminile) sarà presentato nel prossimo autunno presso la Biblioteca Civica Centrale di Torino, la Sala Santa Maria in Aquiro del SENATO della Repubblica e nella sede milanese del Parlamento Europeo, Sala Conferenze, Palazzo delle stelline (contando naturalmente che il Corona Virus lo permetta).

Come pipistrelli nella notte” è già prenotabile presso tutte le librerie del territorio nazionale o presso le piattaforme online. 

SINOSSI

COME PIPISTRELLI NELLA NOTTE” è un romanzo di denuncia sociale contro due terribili fenomeni sociali della nostra epoca: il femminicidio e l’omofobia.

Il romanzo di Cardi è liberamente ispirato ad una storia vera di vita vissuta: Kira è una giovane donna della periferia romana cresciuta fin troppo in fretta per via dei violenti e frequenti litigi tra i suoi genitori. Proprio per non assistere a tali terribili litigate usa rifugiarsi tutti i pomeriggi, a soli 8 anni, in casa di Noemi, sua dirimpettaia, di sei anni più grande.

Lì, in quell’appartamento, quest’ultima la sottopone a pesanti avances sessuali (che sfociano in veri e propri abusi) a cui Kira non riesce a sottrarsi. Inoltre in piena fase adolescenziale Kira comprende perfettamente il suo orientamento omosessuale, cosa che però non riesce in alcun modo a comunicare ai suoi genitori conoscendo la forte difficoltà di questi ad accettare tale orientamento e l’eventuale conseguente atteggiamento violento del padre davanti ad una notizia del genere. Così Kira stretta tra le durissime liti familiari, l’alcolismo del padre e la frustrazione di non poter fare coming out

 trascorre le sue notti fuori casa, appena adolescente, diventando come un pipistrello nella notte: dorme di giorno ed esce di notte, cercando paradossalmente di trovare un suo equilibrio, la sua essenza, la sua stessa anima tra le luci delle discoteche e l’immersione nell’alcol, nella droga e nella promiscuità sessuale.

E’ fortemente in difficoltà così fa e prova di tutto per cercare di non pensare a quella sua vita così disordinata e confusa che le procura molta ansia e soprattutto cerca disperatamente di dimenticare quel che accade tra le pareti domestiche di casa sua dove nel frattempo, giorno dopo giorno, si consuma la tragedia…

Tratto dal romanzo:

Andai al funerale ancora con la stampella, ma stavo molto meglio. Avevo indossato una pelliccia sintetica, di quelle ecologiche, sotto avevo un gilet e una t-shirt nera che mi aveva regalato poco tempo prima proprio Alessio e che riportava la scritta “Born to run”, dal famosissimo disco di Bruce Springsteen. A lui piaceva tanto quella citazione, mi diceva che un po’ lo rappresentava ed il pensiero che invece aveva definitivamente smesso di correre mi faceva allagare gli occhi di lacrime. Presi l’autobus. Il sole caldo ottobrino penetrava attraverso i finestroni, io guardavo fuori, e pensavo alla mia vita, a quella di Daniela, di Alessio, di Rachele, di Lavinia, di Noemi, di Claudia, perfino di Amedeo. Eravamo tutti disadattati, ognuno a modo suo, e noi, quelli ancora in vita, eravamo dei sopravvissuti.

Eravamo vittime e carnefici, o carnefici e vittime, scambiandoci spesso i ruoli. Con Daniela e sua madre ci incontrammo sul sagrato della basilica e ci abbracciammo a lungo. Si respirava una gran pace, in quel luogo, tra le foglie degli alberi, e la tristezza scese su tutti noi, silenziosa come la morte. Finita la cerimonia, deposi una rosa rossa sulla bara ed abbracciai ancora Daniela, sfogando la mia tristezza in un pianto liberatorio. Ma non so per chi piangessi, in realtà; forse per Alessio, forse per me stessa, forse addirittura per tutti noi, vivi e morti. Non c’è mai stato un tempo delle fragole per noi, e forse non ci sarà mai.

Redazione Nurse Times

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