Cesate (Milano), la vergogna della comunità lager: disabili toturati e umiliati

Le indagini dei carabinieri hanno portato all’arresto dei due gestori e a misure cautelari nei confronti di cinque dipendenti.

Sono immagini sconvolgenti, quelle registrate dalle telecamere dei carabinieri della Compagnia di Busto Arsizio. Immagini che rivelano le autentiche torture, additrittura con bastoni e acqua gelata, inflitte a persone indifese, affette da gravi disabilità psichiche. Ma anche umiliazioni, offese, percosse e insulti del tipo «Fai schifo, sei un animale», oppure «Ti do un calcio nel c…o così forte che te lo sfondo», solo pere fare un paio di esempi. E’ così che i militari sono giunti all’arresto dei due gestori e alle misure cautelari nei confronti dei cinque operatori sanitari di una cooperativa sociale di Cesate, nel Milanese.

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Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, sono partite agli inizi di febbraio dalla stazione dei carabinieri di Castellanza, in provincia di Varese, dopo la denuncia presentata da un’operatrice socio-sanitaria assunta a tempo determinato dalla onlus, che ospitava in tutto nove disabili. Dali approfondimenti investigativi è emerso quanto contestato agli indagati a vario titolo, su cui gli inquirenti stanno facendo luce, relativamente a un periodo che va dal 2017 ad oggi.

Agli arresti domiciliari sono finiti i gestori della comunità, la 68enne Nadia De Fanti e il 25enne Francesco Castoldi. Quanto ai cinque operatori in servizio all’interno della struttura, due sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel Comune di residenza, mentre per altri tre è scattata la sospensione per sei mesi dell’attività di educatore socio-assistenziale.

Secondo quanto emerso dalle indagini, gli indagati punivano le vittime che non obbedivano ai loro ordini. In particolare, se non mangiavano in postura composta, li obbligavano a restare seduti con la schiena in posizione eretta, utilizzando un bastone inserito nella cintura e vincolato alla testa tramite una fascia, nonostante lamentassero dolore fisico. Se al mattino gli ospiti della struttura non si alzavano dal letto con prontezza, gettavano loro secchiate di acqua fredda per svegliarli e li lasciavano con gli indumenti bagnati addosso per ore.

Inoltre li costringevano a sostituire il pranzo con la colazione o a saltare completamente i pasti, lasciandoli seduti a osservare gli altri che mangiavano. In alcune occasioni li obbligavano a sfilarsi la biancheria intima davanti a tutti per dimostrare che fosse pulita, e in caso contrario li ciostringevano a lavarla a mano nei bagni.

Nella comunità non c’era nessun infermiere, e le terapie antipsicotiche erano somministrate sotto la sola supervisione del personale non abilitato, ossia operatori socio-sanitari e assistenti alla persona. Le pastiglie e le gocce, spesso private delle confezioni originali, poi, erano somministrate sotto le direttive della titolare, che cambiava le terapie a suo piacimento.

Già nel 2005 la madre di una delle disabili allora ospiti della comunità aveva sporto denuncia dopo che la ragazza era stata costretta a trascorrere la notte all’aperto, con temperature sotto zero, per punizione. “Ho trovato mia figlia in uno stato di prostrazione, l’ho portata in ospedale, dove le sono state riscontrate ecchimosi al volto ed ipotermia, oltre a evidenti rigonfiamenti alle caviglie, tanto che non era stato possibile metterle le scarpe”, si legge nell’ordinanza. In seguito emerse che la donna “aveva passato la notte all’aperto, in un balconcino al piano terra, senza protezioni e coperte e con la sola giacca a vento che indossava”.

A chiuderla fuori sarebbe stato l’ex socio della comunità, padre del 25enne indagato, il quale “l’avrebbe spinta quando aveva cercato di forzare la porta finestra per entrare”. Dai racconti della disabile ai medici è poi emerso che in altre occasioni sarebbe stata costretta a “passare la notte nel bagno, con la sola possibilità di appoggiarsi al water”, a “indossare un collare perché reclinava la testa”, colpita a schiaffi e sottoposta a “docce gelate”. Alle lamentele della madre la titolare aveva risposto: “Sua figlia sta prendendo coscienza che il mondo non gira come lei vorrebbe”.

I carabinieri, con l’ausilio dell’Ats di Legnano, hanno provveduto a ricollocare tutte le vittime in una struttura idonea, dove riceveranno adeguata assistenza e le cure del caso.

Redazione Nurse Times

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