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Cercare un lavoro come infermiere a Roma…il racconto di Alessio Biondino (3^ PARTE)

Continua il racconto di Alessio Biondino, che dopo vaire peripezie cercando qualche opportunità di lavoro, passa da libero professionista in partita IVA sulle ambulanze, fino ad approdare in una clinica privata…

La Ricerca Continua…e le sorprese non mancano!

Dopo aver gentilmente (anche troppo) declinato l’offerta di un paio di cooperative che mi offrirono rispettivamente 8 euro lorde l’ora (per una clinica di riabilitazione) e addirittura 6 (per una clinica psichiatrica), fui contattato da un’altra associazione che mi parlò di un contratto da infermiere. A tempo determinato (logicamente) per lavorare in una nuova RSA. Si trattava di firmare un CCNL delle Coop Sociali.

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Paga poco, ma è pur sempre un contratto. Un sogno, in quel momento. E per assistere gli anziani, poi, cosa che non mi dispiace affatto. Mi dissero per telefono un pomeriggio: “Se accetti devi entrare in turno da domattina, poi in settimana ti chiameremo in sede per la firma del contratto”.

Con molta voglia di lavorare, di farmi conoscere e soprattutto di fidarmi iniziai alle 7 del giorno dopo. Bel reparto, tanti nonni, pulizia ed efficienza anche se ritmi di lavoro importanti. Ero felice. Venni chiamato per la firma del contratto dopo una settimana in cui lavorai ogni giorno (…). Studiai così il CCNL delle Coop Sociali e mi recai in sede. Mi misero davanti un CCNL livello D1.

Commentai: “Mi scusi, come mai il D1? Il D1 non è il livello di un infermiere. E’ quello di un infermiere generico, di un OSS. Ma io sono un infermiere, mi spetterebbe il livello D2. Con conseguente trattamento economico ed indennità”.

L’interlocutore cercò di convincermi che quello era il livello giusto, ma quando capì che conoscevo il contratto si lasciò andare: “Questo è quanto possiamo offrirle, purtroppo. Avrà comunque avuto modo di osservare che all’interno dell’RSA le mansioni infermieristiche non sono molte”.

E certo. Torniamo al mansionario. Comunque… Se proprio vogliamo parlare di mansioni, io non somministro anticoagulanti orali, terapia endovenosa ed insulina a delle persone fragili con quell’inquadramento! Roba da matti.

Ma non si vergognano a proporre cose di questo tipo? Da quel momento interruppi il mio rapporto di lavoro con loro e con l’RSA. Mi sentii preso in giro. Anzi, peggio, mi sentii trattato come un cretino. Altri colleghi infermieri erano stati assunti insieme a me. 5, se non ricordo male. Beh, loro firmarono. E non fecero domande.

Settimane dopo fui contattato da una comunità psichiatrico-terapeutica per un colloquio. Mi offrirono un contratto CCNL delle coop sociali da infermiere (!!!). Iniziai subito con gli affiancamenti in attesa della desiderata firma. Feci 3 affiancamenti con operatori diversi a cui feci qualche domanda. Beh… Le risposte mi terrorizzarono. Una signora non veniva pagata da 6 mesi. Un ragazzo da 10. Un altro riceveva da non si sa quanto tempo uno stipendio ogni mese e mezzo anziché ogni mese. Quindi era in arretrato di circa 25 mila euro o qualcosa del genere. Senza neanche approfondire, tornai a colloquio, ringraziai e salutai. Anche perché si prevedeva un periodo di affiancamento lunghissimo, di mesi (?!). Non retribuito.

Assistente alla poltrona in nero?!

Un po’ di tempo dopo sono stato contattato da un poliambulatorio vicino casa. Interessante! Avevano bisogno di un infermiere da “assumere” come assistente alla poltrona (???) per il loro dentista. In più avrei dovuto svolgere prestazioni infermieristiche domiciliari. Per circa 54 ore a settimana. Un po’ troppe.

In sede di colloquio chiesi: “E come mai volete un infermiere per assistere il dentista?”.

E il responsabile: “Perché la preparazione di voi infermieri secondo noi è necessaria per far fronte a qualsiasi complicanza, vogliamo professionisti sanitari nelle nostre equipes, che sappiano come comportarsi anche in fase di urgenza/emergenza”.

Beh, interessante. Musica, per le mie orecchie. Approfondimmo. Mi offrirono 800 euro al mese in nero. Vi giuro che mi venne da ridere. Avendogli già dedicato troppo del mio prezioso tempo mi alzai e me ne andai. Ma possono ancora proporre cose del genere??!!!

L’opportunità in una casa di riposo…a nero!

Una mattina di un anno fa fui chiamato dal responsabile di una casa di riposo in periferia nord di Roma. Mi recai nella struttura per un colloquio di lavoro. La casa era nuova, ben curata, pulita. Molto luminosa. Tanti nonnini. Alcuni allettati. Parecchie cose da fare, ma situazione tranquilla. Gli serviva un infermiere per circa 42-50 ore alla settimana. Tantine.

Il titolare della struttura mi disse: “Se entri a far parte della nostra ‘famiglia’, ti sentirai a casa tua e avrai uno stipendio degno e commisurato al tuo lavoro e alla tua professionalità. Per noi è importante che il personale sia sereno e contento alla fine del mese”. Oooh, menomale. Una sinfonia, per me.

Continuò: “Poi, con le nuove agevolazioni fiscali, per il prossimo anno vedremo anche di farti un contratto. Poi decideremo quale”.

??? In che senso? Il prossimo anno? E ora? In pochi minuti capii. Mi offrì 1000 euro al mese in nero per tutte quelle ore di lavoro. Lo guardai interdetto. Era venerdì e mi disse: “Ti do tempo fino a lunedì mattina, attendo fiducioso la tua chiamata”. Nei suoi occhi c’era un’aura gioiosa, generosa, di chi ti ha appena offerto l’opportunità della vita. Ci salutammo. Forse avrei dovuto insultarlo, ma non riuscii a far altro che sorridergli. Credo che stia ancora aspettando la mia chiamata.

L’opportunità di lavoro in UK

Era marzo e guardando lo schermo del cellulare notai una serie infinita di chiamate senza risposta. Il prefisso era inquietante. Ricevetti in quel momento un’altra chiamata, da un altro numero con lo stesso prefisso.  “Pronto”? “Hello, Alessio! Good morning”! La mia candidatura online presso EURES effettuata il giorno prima, mi aveva fatto ricevere vagonate di email e di telefonate da vari “Recruiters” che facevano a gara per offrirmi posti di lavoro in UK. Cercavano tanti infermieri da portare lassù. Decisi di effettuare un colloquio qui a Roma.

Mi offrirono subito un contratto stabile presso un ospedale pubblico a Birmingham. Il trattamento economico era importante ed il contratto era stabile. Mi diedero una scadenza, da lì a un paio di settimane.

E mi salutarono dicendomi “Se vuoi, per noi sei assunto. Hai un lavoro stabile e possibilità infinite di carriera in UK. Pensaci bene”. Iniziai le pratiche per l’iscrizione all’NMC e passai quei 15 giorni a riflettere. Partire sarebbe stata una grande opportunità ma allo stesso tempo un grande fallimento. Abbandonare tutto e tutti… Ricominciare un’altra volta… Andare in un posto dove non c’è mai il sole. Scappare. Alla fine, il giorno prima decisi. NO. Nonostante fossi vittima di una depressione professionale senza precedenti, nonostante la stanchezza, la rabbia e il BurnOut più totale… Nel momento in cui bisognava andare, cosa che hanno fatto con successo e che continuano a fare moltissimi altri colleghi, ho deciso di voler rimanere qui in Italia. E di insistere.

Il lavoro presso il SERT 

A novembre sono stato chiamato da una grande cooperativa di Roma per un posto decisamente particolare. Il carcere. Serviva un  infermiere per il SERT. Si parlava di un contratto delle Coop Sociali (del livello giusto, stavolta) a tempo determinato. Ho accettato. Il primo giorno di lavoro sono stato due ore con coordinatore e responsabile delle guardie, mi hanno spiegato al dettaglio regole, procedure, rischi e protocolli per lavorare in sicurezza. Non avrei mai dovuto vagare senza essere accompagnato da un agente. Non avrei mai dovuto parlare coi detenuti, entrare in confidenza o entrarci in prossimità fisica.

Sulla carta, almeno. Poi la realtà era molto diversa: avrei dovuto girare col metadone in una scarabattola per tutto il carcere (!!!) da solo, visto che in galera ci sono determinati equilibri che è meglio non alterare (se indispettisci una guardia chiedendogli di accompagnarti quando ad esempio ci sono altri colleghi che non lo fanno, rischi di ricevere una qualsiasi segnalazione negativa ed essere allontanato dal posto di lavoro).

I detenuti parlavano con gli infermieri, ci scherzavano, li abbracciavano, toccavano. Il collega con cui ero in affiancamento ha fatto 4 test per la TBC in un anno. Pienamente consapevole dei rischi di quel tipo di attività, dopo un confronto col coordinatore ho deciso di non continuare. In primis, per quanto mi riguarda… Pretendo sicurezza. E non solo sulla carta.

Segue…

 

 

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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