“L’operazione ‘Quinta bolgia’ conferma che politica, burocrazia e criminalità organizzata, in Calabria, sono spesso unite da legami e rapporti di affari e convenienza. L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Catanzaro, conferma anche la diffusa subalternità dei dirigenti pubblici a forze criminali ed evidenzia il livello di pericoloso inquinamento del Servizio sanitario regionale, su cui il Movimento 5 Stelle dà battaglia senza sosta da 5 anni a questa parte”. Lo affermano in una nota i parlamentari M5S, Giuseppe d’Ippolito, Paolo Parentela, Bianca Laura Granato, Francesco Sapia e Dalila Nesci.
“Stando alle indagini – sottolinea D’Ippolito – l’ospedale di Lamezia Terme era nella piena disponibilità della ’ndrangheta e la figura di raccordo con la pubblica amministrazione dell’Asp di Catanzaro era l’ex parlamentare Giuseppe Galati, che con le sue responsabilità politiche ha a lungo condizionato la vita pubblica di Lamezia Terme, il cui territorio e la cui comunità sono in ginocchio a causa di un sistema di potere che, da oppositori, abbiamo denunciato in grande solitudine, indicando la consapevolezza della coscienza civile e la sanzione elettorale come le sole strade possibili per il riscatto dei lametini”.
Aggiungono i pentastellati: “La magistratura sta facendo il suo dovere, ma la vicenda dell’operazione ‘Quinta bolgia’ rivela insieme l’assenza e la compiacenza della vecchia classe politica. Serviranno tempo, coraggio e fatica per smantellare gli apparati di corruzione che hanno prodotto danni incalcolabili alla sanità pubblica, gestendola come cosa propria. Siamo certi che il Governo in carica saprà compiere a breve scelte decisive. La sanità calabrese necessita di cure immediate e di un controllo politico-istituzionale a tappeto, alla luce dell’estrema gravità della situazione, comprovata dall’inchiesta”.
L’operazione
“Quinta bolgia” ha portato i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro, coordinati e diretti dalla Procura della Repubblica – Dda di Catanzaro (con il supporto dello Scico di Roma), a eseguire 24 ordinanze di custodia cautelare (12 in carcere e 12 agli arresti domiciliari, tra soggetti appartenenti a una cosca di ‘ndrangheta e pubblici amministratori) e il sequestro di beni per un valore di dieci milioni di euro.
Redazione Nurse Times
Fonte: www.strettoweb.com
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