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Bambina muore in sala operatoria: l’anestesista era al bar

Sono terminate le indagini degli inquirenti in merito a quanto accaduto il 29 marzo 2014 nella clinica romana Villa Mafalda. Una bambina è morta per un errore imperdonabile avvenuto in sala operatoria.

Giovanna Fatello giungeva nella struttura accompagnata dai genitori per un banale intervento di plastica del timpano.

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La paziente non è mai uscita dalla sala operatoria nella quale avrebbero dovuto praticarle l’intervento chirurgico.
La fatalità fu causata da un errore medico che venne volontariamente taciuto da tutto il personale presente nell’équipe operatoria.

La documentazione clinica della paziente venne alterata e lo staff presente in sala dichiarò agli inquirenti che la morte subentrò a causa di una bradicardia evoluta in arresto cardiocircolatorio manifestata alle ore 10.10. Il personale avrebbe provato a rianimare la ragazzina per oltre tre ore consecutive senza riuscire però a salvarle la vita.

“La paziente è morta alle ore 13:40”, così si legge nella cartella scritta quel giorno dall’anestesista Pierfrancesco Dauri, il principale indagato.

Il parere degli inquirenti è però diverso: secondo le ricostruzioni il decesso avvenne pochi minuti dopo l’avvenuta anestesia generale.

Pare che nessuno si sia accorto che la paziente stesse manifestando una severa ipossia che avrebbe causato l’arresto cardiaco della paziente e che l’intervento sia proseguito regolarmente.

Successivamente é stata inscenata una lunga procedura di rianimazione durata oltre tre ore nel tentativo di cancellare i gravissimi errori commessi.

“Dichiarazioni false e reticenti” le definisce il pubblico ministero di Roma Mario Ardigò, che ha comparato “i lacunosi verbali di interrogatorio con quanto invece veniva fuori involontariamente dalle intercettazioni con amici, familiari e amanti dei protagonisti di uno dei più gravi episodi di malasanità degli ultimi anni”.

I periti della procura hanno stabilito che il decesso della paziente sia avvenuto tra le 9.40 e le 9.50. L’anestesista non era presente in sala operatoria nel momento della crisi.


Secondo le ricostruzioni il dottor Dauri avrebbe abbandonato il blocco operatorio per recarsi al bar dopo aver addormentato ed intubato la bambina.

Il medico si difende dicendo di essere rientrato poco dopo ma i tabulati telefonici del suo cellulare lo smentirebbero riportando una chiamata effettuata verso l’interno della sala operatoria alle 9.42 durata circa un minuto.

Secondo le testimonianze sarebbe stato contattato un secondo anestesista quando il chirurgo si è accorto della gravità della situazione. Questo dettaglio non appare nella cartella clinica. L’anestesista fantasma sarebbe stato Federico Santilli, cui i carabinieri del Nas dedicano un’ampia parte dell’informativa finale. Lo descrivono come una “persona da tempo pesantemente dipendente da sostanze stupefacenti, dedita in maniera persistente alla bugia”.

Giovanna potrebbe essere morta a causa di una grave ipossia provocata da impostazioni errate dell’apparecchiatura che avrebbe dovuto supportare la funzionalità respiratoria della bambina durante l’anestesia generale. Pare non essere stata azionata la leva di deviazione meccanica dell’ossigeno, per cui dopo essersi addormentata, ha cominciato ad inalare anidride carbonica. Il saturimetro presente in sala operatoria era malfunzionate pertanto l’ipossia è passata inosservata.

La dottoressa Maria Sanfilippo aveva riscontrato il non funzionamento dell’apparecchiatura il giorno precedente cercando di segnalarlo al personale infermieristico del blocco operatorio.

Questa fu la risposta ottenuta: “Che te frega, tanto tu domani lavori in un’altra sala”.

Una miriade di comportamenti criminali ha causato la morte di una bambina in seguito ad un banale intervento. Quanto accaduto dovrebbe far riflettere ogni professionista sanitario.

Simone Gussoni

Fonti: La Stampa

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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