Educazione Sanitaria

Attacco con l’acido, come soccorrere la vittima?

L’unico modo, facilmente ed immediatamente attuabile, per aiutare chi ha subito un attacco con l’acido è… lavare le parti interessate con acqua (o soluzione fisiologica) in quantità abbondante. Anche se qualche reminiscenza di chimica, da parte di chi l’ha studiata, può far pensare che ciò non sia propriamente giusto… lavare via la sostanza corrosiva con tanta acqua è in realtà l’unico modo per rallentare e/o evitare danni maggiori.

È stato di pochi giorni fa, l’ultimo vile attacco con una sostanza corrosiva nei confronti di una donna. Stavolta, a farne le spese, è stata la bellissima Gessica Notaro (VEDI), aggredita dal suo ex compagno e stalker Jorde Edson Tavares, che le ha gettato in pieno viso una bottiglia di acido.

Purtroppo la bella Gessica, fortunatamente non in pericolo di vita, rischia ora danni permanenti e indelebili…tra cui la perdita della vista. È ancora ricoverata presso l’ospedale di Cesena, in gravi condizioni.

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Questo tipo di ‘offesa’, complici fenomeni sempre più diffusi di emulazione, è purtroppo assai più frequente nella nostra società rispetto al passato. E nel caso in cui qualsiasi cittadino, operatore sanitario o no, si trovasse davanti alla vittima di uno scempio del genere, deve necessariamente sapere cosa fare per salvare una vita, per evitare danni maggiori e per non rischiare di subire conseguenze a sua volta.

Perciò… come prestare il primo soccorso alla vittima di un’aggressione con l’acido?

Ragionando, come è giusto e scientifico che sia, secondo i protocolli internazionali che ‘guidano’ l’emergenza sanitaria, bisogna per prima cosa capire se si può agire in sicurezza: quanto acido è presente nella zona? È possibile avvicinarsi alla vittima senza rischiare di ustionarsi? L’aggressore è ancora nei paraggi?

Una volta che la scena è sicura, dopo aver valutato in fretta la gravità delle lesioni e prendendo in considerazione il fatto che il dolore fisico provato dal paziente può essere indescrivibilmente violento (anche se in una prima fase egli potrebbe essere incosciente, sotto shock e addirittura in preda a crisi epilettiche), la priorità è quella di chiamare i soccorsi (o farli chiamare dai presenti) e di cercare subito una fonte di acqua

(o di farla cercare) o una scorta di soluzione fisiologica sterile (di solito non immediatamente reperibile in strada).

È di vitale importanza che tale fonte d’acqua sia abbondante. Perché? Beh… l’acqua è una sostanza che in chimica è definita ‘anfotera’. Significa che il suo comportamento è di una base quando interagisce cogli acidi e come un acido quando è a contatto con le basi.

Da questo meccanismo deriva che se cercassimo di rimuovere una quantità di acido con la stessa quantità d’acqua, alimenteremmo la sua reazione chimica, ottenendo un aumento della sua azione corrosiva. È per questo che sulle confezioni degli acidi è sempre riportato di “lavare con acqua corrente” eventuali schizzi del liquido su cute, occhi o vestiti.

Quindi serve tanta acqua, possibilmente corrente, per lavare le zone colpite in modo continuativo dopo aver rimosso gli eventuali indumenti intrisi della sostanza tossica (facendo attenzione a non entrarci in contatto); senza però togliere i corpi estranei come orecchini, collane, anelli o piercing (saranno poi rimossi in ospedale). Perciò lavare, lavare e ancora lavare! Fino a che non vi sia la certezza di aver eliminato totalmente l’acido.

A proposito dell’agente chimico utilizzato, sarebbe molto utile guardarsi poi intorno per individuare la bottiglia usata dall’aggressore: una sua raccolta per l’identificazione della sostanza usata può essere infatti molto importante per far predisporre con tempestività le terapie più indicate.

Chi soccorre deve anche stare molto attento ad alcuni sintomi che possono colpirlo e che indicano una sua probabile contaminazione, come un pizzicore nelle vie aeree superiori e/o il bruciore degli occhi; segnali che è opportuno non sottovalutare.

Per il resto…la situazione sarà poi gestita dal personale sanitario come una vera e propria ustione: verrà valutata la sua profondità, l’estensione e la sede colpita (regola del “9”) e verranno messe in atto le terapie adeguate secondo i vigenti protocolli e secondo le successive valutazioni effettuate dai professionisti sanitari.

Alessio Biondino

Fonte: Emergency Live, Il Resto del Carlino

Immagini: Riminibeach.it

Redazione Nurse Times

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