Marisa Cantarelli, teorica dell’assistenza infermieristica, ha elaborato un modello nel quale l’infermiere attua interventi personalizzati in risposta a bisogni specifici di determinati pazienti. Prima di prestare loro assistenza, i pazienti sordi vanno conosciuti e compresi nel loro contesto socio-culturale.
Nell’approccio con i pazienti sordi, spesso si cade nell’errore di trattarlo solo in virtù del suo handicap, isolandolo esclusivamente come patologia da trattare e normalizzare. Per quanto può sembrare giusto da un punto di vista medico-sanitario, viene spesso escluso il paziente in termini sociali.
La sordità viene anche definita “handicap della comunicazione”. Chi è sordo, infatti, spesso vive situazioni di imbarazzo nella comunicazione quotidiana e, soprattutto, in situazioni delicate come l’accesso al sistema sanitario, un problema uditivo e una comunicazione non efficace, che possono portare a equivoci potenzialmente dannosi per il paziente, generando sentimenti di paura, ansia e timore di incomprensioni.
Non va perciò dimenticato il fattore di cultura e identità, nonché di lingua, cui il paziente si sente di appartenere: rimane un fattore che, in quanto professionisti della salute, dobbiamo obbligatoriamente rispettare e sostenere, esattamente come lo si farebbe con un paziente proveniente da un’altra nazione o continente, o con chi dichiara di avere una determinata identità sessuale o di genere.
Per esempio, se ci trovassimo dinanzi a un paziente mussulmano, ci informeremmo sulle dinamiche socio-culturali che lo riguardano, e rispetteremmo le sue volontà, facendo vigorosi sforzi per dargli un’assistenza proporzionata alle sue scelte culturali. Perché con i sordi non dovrebbe avvenire lo stesso?
Purtroppo l’infermiere nella sua formazione non è abbastanza preparato ad accogliere questo genere di utenza al momento in cui si trova ad interfacciarsi con il sistema sanitario. Si generano difficoltà di carattere emotivo, organizzativo, gestionale e, ad origine di tutto, comunicativo. Contrariamente da quanto ci si aspetterebbe, l’utenza sorda ha sia la voglia che la capacità di comunicare con la comunità udente.
Tuttavia non si può dire la stessa cosa del contrario, che subisce una vera e propria inibizione alla presenza dello stesso. Per aver modo di superare l’ostacolo della comunicazione si rende necessario sottolineare l’importanza della conoscenza e della formazione specifica mediante corsi ECM e una maggiore importanza durante il percorso universitari.
In un recente studio sperimentale pubblicato nel trattato dal titolo LIS in ambito assistenziale. Strategie comunicative per il personale sanitario (edito da Centro Studi e Documentazione sulla Storia e la Devozione) si è potuto notare come la gravità della disinformazione da parte dei professionisti della salute sul tema socio-culturale della sordità abbia messo in chiaro l’importanza della formazione in tema di sordità e LIS a loro dedicata.
Le difficoltà comunicative tra pazienti sordi e personale sanitario è oggettivo e reale. Perciò si rende necessaria una soluzione: la formazione. L’importanza della formazione specifica è confermata dalla richiesta di alcuni pazienti: i professionisti potrebbero conoscere alcuni aspetti socio-culturali della sordità, delle sue differenze, dei suoi progressi tecnologici, con la possibilità di imparare pochi segni e seguire i suggerimenti forniti, che probabilmente non attenuano tutte le barriere comunicative che un paziente sordo incontra, ma costituiscono sicuramente dei passi verso la giusta direzione, garantendo la conoscenza, la formazione e l’inclusività verso una tipologia di utenza sempre più in crescita a livello italiano e mondiale.
Va ricordato, infine, di non escludere mai il paziente dal processo assistenziale perché i suoi feedback ci permettono di valutare il livello di assistenza fornito e di garantire la sua centralità nel processo assistenziale. Una corretta formazione permette di adottare tecniche e comportamento etico inerente.
Daniele Polignano
Infermiere e interprete LIS
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