Uganda: quando una scuola può salvare più vite di un ospedale

La storia di Rose Busingye, infermiera che ha fondato la Luigi Giussani Pre-Primary and Primary School nella capitale Kampala.

Non un ospedale, né cure o medicinali. È una scuola, piuttosto, la priorità per le donne ugandesi malate di Aids. Lo ha imparato ben presto, Rose Busingye (foto), infermiera che dalla fine degli anni Novanta lavora a Kireka, una delle baraccopoli più grandi di Kampala.

Voleva curare le donne malate di Aids, ma ha capito che loro non volevano essere curate. «Se la vita è questo inferno, questa sofferenza, non vogliamo prolungarla», le dicevano. Ha capito che il bisogno primario di queste donne era avere accanto semplicemente un po’ di compagnia. Ha così messo da parte l’aspetto medico per creare un centro di aggregazione, il Meeting Point International, diventato presto un contesto di cura e amicizia fuori dal comune all’interno dello slum.

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Lavorando nelle cave di pietra o vendendo collane di carta, le donne di Kireka sono riuscite a mettere da parte un po’ di soldi, che Rose ha proposto di investire nella costruzione di un ospedale. La reazione è stata sorprendente: «A noi l’ospedale non interessa. Vogliamo un posto dove i nostri figli possano essere trattati e seguiti come tu hai fatto con noi. Vogliamo una scuola». In quel momento è stata simbolicamente posta la prima pietra per la nascita della Luigi Giussani Pre-Primary and Primary School, che oggi registra il 95% di presenze da parte dei giovani che vivono nelle baraccopoli e accoglie più di 500 ragazzi. Sei anni fa è nata anche la scuola superiore, uno dei fiori all’occhiello nel contesto delle scuole ugandesi.

Bella storia, raccontata alla testata Sanità Informazione da Andrea Nembrini, education advisor e responsabile della scuola primaria di Kampala: «La differenzia con le altre scuole costruite in Africa grazie al contributo di organizzazioni non governative sta nel fatto che questo progetto è nato direttamente dalla popolazione locale

. Non sono stati i bianchi a fare una cosa per i neri; sono i neri che hanno deciso cosa fare e vivono un protagonismo che non c’è da altre parti. I bianchi danno solo una mano per un’impresa che è dei neri e che è sentita come propria».

Ovviamente sono necessari anche finanziamenti e contributi esterni: «In questi anni siamo stati aiutati tantissimo dalla ONG AVSI, che ha dato vita al progetto “Uganda come a casa”», spiega ancora Nembrini. L’obiettivo è donare una nuova speranza ai giovani, rifugiati o figli di migranti, attraverso un percorso educativo nel corso del quale possano crescere e scoprire se stessi e le proprie potenzialità. Realizzare un luogo, o più propriamente una “casa”, intesa come punto di aggregazione per nuove esperienze e per accrescere il proprio grado di istruzione.

«Siamo ancora alla ricerca di fondi e di chi vuole contribuire a quest’opera – conclude Nembrini – perché ovviamente sono ancora tantissime le cose da fare per le scuole. Intanto ringraziamo AVSI e tutti coloro che hanno già contribuito attivamente ai nostri progetti attuali e futuri».

Tra questi ultimi figura Consulcesi Onlus, che ha deciso di sposare la causa di Rose, di AVSI e del Professor Nembrini. Ecco cosa dice il suo presidente, Massimo Tortorella: «Sosteniamo da sempre e con grande convinzione le iniziative tese a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni più svantaggiate. In questo senso, sanità e istruzione rappresentano due aree di intervento primarie, alle quali abbiamo dedicato il massimo dei nostri sforzi in questi anni».

Chiunque volesse supportare il progetto “Uganda come a casa” può effettuare una donazione libera, utilizzando i seguenti dati:

IBAN: IT04D0521601614000000005000
CREDITO VALTELLINESE
Sede Milano Stelline, corso Magenta 59
c/c intestato AVSI FONDAZIONE

Redazione Nurse Times

Fonte: www.sanitainformazione.it

 

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