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Tumore della prostata: fattori di rischio, diagnosi e terapia

Un’infarinatura sulla forma di cancro più diffusa tra gli uomini.

Il tumore della prostata è la forma di cancro più frequente nel sesso maschile e conta in Italia circa 40mila nuovi casi ogni anno. Fortunatamente, però, questo male consente una vita sociale abbastanza regolare. Nel nostro Paese, inoltre, sono quasi 600mila gli uomini già curati o guariti: un’incidenza importante.

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I fattori di rischio sono di tipo familiare e razziale. L’ereditarietà, infatti, è abbastanza nota per questo tumore, così come è noto che gli africani presentano un rischio molto maggiore di svilupparlo. Ciò a causa della mutazione di alcuni geni, come il BRCA2, già conosciuto per il tumore della mammella. E poi ci sono i fattori dietetici, i quali fanno sì che nel mondo occidentale sia più probabile ammalarsi. In particolare, l’elevata assunzione di alcol (ma anche l’astensione totale) è stata associata a un
rischio più elevato di mortalità. Inoltre il tumore della prostata dipende dall’ormone maschile. Ecco perché non bisogna fare uso di anabolizzanti che contengono testosterone, specialmente nella forma attiva.

Il controllo preventivo dello stato di salute della prostata è consigliato agli uomini dai 50 anni in su. Gli uomini di razza africana o che abbiano familiarità per neoplasia prostatica, poi, dovrebbero sottoporsi a controlli preventivi già dai 45 anni. Lo screening prostatico

non prevede solo esami del sangue, ma anche una visita che può non essere piacevole. Nel 70% dei casi la prostata viene attaccata dal tumore proprio a ridosso del retto. Lo screening si basa dunque su tre fattori: l’esame del PSA, la storia clinica e la visita prostatica.

Una svolta innovativa è però arrivata con la diagnosi multiparametrica della prostata, metodica di imaging disagnostico che migliora le performance della risonanza magnetica convenzionale ed è particolarmente efficace nell’individuare lesioni tumorali. Altri modi per eseguire lo screening si basano sulla ricerca di marcatori sia sierici che urinari. In tal caso si parla di biopsia liquida: il genoma prostatico è analizzato e dalle urine si può risalire alla possibilità di avere un tumore.

Per quanto riguarda infine la terapia, i trattamenti sono esguiti in funzione della gravità della malattia. Tra questi vanno annoverati la sorveglianza attiva, la terapia focale, la prostatectomia radicale e la radioterapia. La terapia focale ha lo scopo di trattare l’index lesion e sorvegliare attivamente la restante parte dei tessuti.

Redazione Nurse Times

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