Sla, arriva il caschetto che “sblocca” la comunicazione

Parliamo di Lucia Schiatti, al lavoro dal 2014 in IIT su interfacce di comunicazione alternativa che usano segnali cerebrali o il movimento oculare

Riprendiamo l’intervista rilasciata dalla ricercatrice Lucia Schiatti a LavocediGenova.it.

Ha poco più di 30 anni, un dottorato in Bioingegneria robotica e il suo progetto di spin-off dell’Istituto Italiano di Tecnologia, denominato Unlock e presentato con Leonardo De Mattos, direttore del laboratorio di Robotica biomedica, ha vinto il premio Smart Cup Unige del valore di 8mila euro.

Lucia Schiatti

Parliamo di Lucia Schiatti, al lavoro dal 2014 in IIT su interfacce di comunicazione alternativa che usano segnali cerebrali o il movimento oculare. Grazie a Unlock (che significa “sbloccare”, “liberare”) intende soddisfare i bisogni di comunicazione e interazione sociale di persone gravemente paralizzate, come i malati di Sla. E intanto ha iniziato anche a lavorare a un nuovo progetto nell’Unità per persone con disabilità visive (Unit for Visually Impaired People) di IIT, occupandosi di tecnologie per la riabilitazione o il supporto di persone ipovedenti e non vedenti.

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In cosa consiste il progetto Unlock?
L’idea di spin-off Unlock nasce da un progetto di ricerca di tre anni di cui ho fatto parte in IIT, che si chiama Teep-Sla, diretto da Leonardo De Mattos, in collaborazione con Fondazione Roma, che ha avuto come obiettivo quello di sviluppare tecnologie assistite per favorire i processi espressivi e comunicativi dei pazienti con Sla, cioè affetti da gravi stadi di paralisi dei muscoli. Quindi anche Unlock nasce da alcuni risultati ottenuti dal progetto e in particolare realizzare un caschetto neurale, ossia una cuffia con sensori per registrare segnali elettroencefalografici, da cui possiamo efficacemente rilevare alcuni tipi di espressione di intenzione della persona, per cui estrarre segnali di controllo per interfacce di comunicazione o altre applicazioni del genere, come muovere un robot di telepresenza o tutte applicazioni di tipo comunicativo o volto a migliorare l’integrazione sociale di una persona paralizzata.

Attualmente quali altri sistemi di comunicazione sono usati?
Lo scopo di Unlock è quello di fornire ai pazienti un caschetto neurale corredato di un software di comunicazione, visto che al momento esistono sistemi di acquisizione dei segnali celebrali, che però sono principalmente usati per la ricerca e quindi non adatti a essere usati come un prodotto finito utilizzabile. Altrimenti ci sono quelli più leggeri e utilizzabili, ma che sono prodotti principalmente da aziende di videogaming e che, secondo noi, non hanno la qualità necessaria per poter implementare applicazioni di tipo assistito.

Per quali tipi di patologie può essere usato?
Per tutte le patologie che comportano una grave paralisi motoria in cui, però, le capacità cognitive siano mantenute e non siano compromesse, perché il sistema, sfruttando i segnali celebrali funzionali, richiede che ci sia un’attività celebrale cosciente.

Esattamente come funziona?
L’obiettivo è quello di andare avanti col prototipo, rendendolo un caschetto facilmente indossabile in modo autonomo o con l’aiuto del care giver, senza bisogno di personale esperto, anche se per imparare a usare questo tipo di prodotti occorrerà un allenamento con la presenza di personale clinico che insegni come sfruttare questi meccanismi e usare l’interfaccia sul pc. La persona, immaginando, per esempio, i movimenti della mano, come si fa normalmente con l’interfaccia del pc un click, questo attiva sull’interfaccia il movimento di un cursore o la pressione su un elemento selezionabile sullo schermo attraverso l’immaginazione di un movimento. Il software può avere una tastiera virtuale, per cui la persona può immaginare di portare il cursore sopra alle lettere e comporre le parole, per chiedere o dire qualcosa, o interfacce con icone in cui ci sono richieste già predisposte e la persona può selezionare l’icona corrispondente al proprio bisogno.

Unlock avrà funzionalità superiori rispetto ad altri sistemi di comunicazione?
Attualmente i pazienti di Sla come dispositivo tecnologicamente più avanzato usano dei software a comunicatori a puntamento oculare, cioè dei dispositivi sotto lo schermo rilevano il punto in cui la persona sta guardando sullo schermo e in questo modo sono selezionate le lettere o le icone. Noi, invece, abbiamo sviluppato il casco perché ci sono casi in cui le persone si trovano nello stadio finale della malattia, che può durare anche anni, di totale paralisi, in cui nemmeno il movimento degli occhi è possibile, per cui noi pensiamo anche a questo caso. La volontà è quella di fornire una soluzione in grado di permettere la comunicazione a ogni stadio di paralisi: la soluzione preferibile è sempre quella che sfrutta ogni possibile movimento residuo della persona, per cui se riesce ancora a controllare un minimo movimento del dito, si utilizza quello come segnale di controllo dell’interfaccia, se invece usa solo gli occhi, si usano quelli, e in casi più gravi si usano i segnali celebrali. Abbiamo pensato anche a vari paradigmi combinati integrando le due cose insieme, in modo che la persona, in caso di malattia degenerativa, impari a usarli prima entrambi, e se ne ha bisogno sappia usare l’interfaccia anche nel caso più grave, cioè quella neurale.

Quando sarà completo e disponibile quanto costerà il prodotto finito?
Siamo ancora in una fase preliminare e abbiamo previsto altri rami di sviluppo per arrivare a un prodotto finito: pensiamo occorreranno 5 anni. Come costo ci siamo posti l’obiettivo di rientrare in quello rimborsabile, restando sotto la soglia dei 10 mila euro, che è il costo anche degli attuali comunicatori oculari.

In quanti lavorate a Unlock?
Il team dello spin-off non è formato, perché si tratta di una mia idea presentata insieme al mio supervisore, Leonardo De Mattos, durante il Dottorato in IIT. Al Teep-Sla, da cui nasce l’idea, lavora un team di 6 ricercatori, con competenze ingegneristiche e neuroscientifiche, col supervisore De Mattos, che è leader del laboratorio di Robotica biomedica in IIT.

 

Massimo Randolfi

 

Massimo Randolfi

INFERMIERE: Nato a Bari, fondatore di Nurse Times e amministratore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", la sua passione per l'infermieristica, l'informazione e per l'informatica lo porta ad essere l'anima tecnica del progetto www.nursetimes.org

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