Lo Stato e le Regioni, dopo laboriose e difficili trattative, raggiungono un’intesa, definendo un nuovo “patto per la salute “ a valere nell’arco temporale 2014- 2016.
Alcuni dei i punti di maggiore rilevanza dissertati nell’accordo:
Sostanzialmente, l’accordo, fa sintesi delle definizioni normative promulgate dalla “Legge Balduzzi” aggiornate e plasmate alle esigenze di “protagonismo” che molte regioni pretendono in ossequio al dettato normativo che assegna loro ampio potere in tema di organizzazione del proprio sistema regionale. Le prospettive applicative dei contenuti dell’accordo, tuttavia, stridono notevolmente con l’attuale situazione della sanità delle regioni, in ragione della fortissima disomogeneità geografica dell’attuale sistema sanitario che presenta una netta divisione tra Nord e Sud dell’Italia sul lato dell’equità e del finanziamento. Notevoli i divari oggi esistenti e i contenuti del nuovo “patto” potrebbero sviluppare nuove e importanti ricadute sul Sistema Sanitario Nazionale con reale rischio della sua sostenibilità e con la concreta possibilità di un ulteriore riduzione delle garanzie sociali, soprattutto per le fasce più fragili e con un incremento delle disuguaglianze. Prendiamo in esame il canonico “principio di sussidiarietà”costituzionale, definito dall’art. 32 della costituzione (rimasto invariato) declinato con le modifiche costituzionali intervenute al titolo V: Il servizio sanitario è articolato secondo diversi livelli di responsabilità e di governo. La “ratio” del patto è quella di definire compiutamente l’equilibrio nel “governo” del sistema sanitario del nostro paese, secondo la distribuzione di competenze stabilita dalla recente revisione della Carta costituzionale e dalla legislazione in materia. Gli interventi in questo senso delle Regioni dovranno coinvolgere aspetti strutturali, organizzativi e relazionali dell’assistenza. Per attuarli si potranno utilizzare le risorse vincolate e dovrà comunque essere predisposto un programma annuale in cui prevedere almeno un’attività progettuale sulla formazione del personale e una di “cambiamento organizzativo” con aree prioritarie definite: area critica, pediatria, comunicazione, oncologia, assistenza domiciliare. Resta una chimera il nodo “turn over”.
Il Ministro Lorenzin, a riguardo, ha dichiarato: “Abbiamo affrontato anche questo tema e quindi dell’ingresso del personale: grazie alla collaborazione del ministero dell’economia, pur nell’invarianza di spesa, abbiamo potuto inserire strumenti molto più elastici che ci permettono di rispondere sul fabbisogno di personale in tutte le Regioni, comprese quelle in piano di rientro (ha precisato la Ministra). Le assunzioni verranno dunque effettuate dalle Regioni in base alla loro autonomia economica.
Chi ha equilibrio di bilancio, ha tutti i parametri a posto e ci dimostra di aver bisogno di personale potendo garantire i livelli essenziali di assistenza, potrà farlo”. La dichiarazione pubblica della Ministra, per quanto riguarda la nostra professione, e rispetto alla questione delle competenze specialistiche, apre ad un inquietante scenario che “spezza le gambe” alle più positive considerazioni esplicitate sull’argomento. Le competenze/responsabilità di cui alla noiosa bozza di accordo resterà un obiettivo politico delle regioni da perfezionare in un altro accordo (in itinere) nella logica del “Costo zero”. Le prospettive di crescita e sviluppo della nostra professione, da molti auspicata, che si pensava trovasse ospitalità, almeno politica, nel “Patto” continuano ad essere indefinite. Urgono iniziative politiche a respiro nazionale.
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