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Rapporto Osservasalute 2017: mancano gli infermieri (e non solo). La posizione Fnopi

Sono a rischio l’assistenza ai malati cronici, non autosufficienti, anziani, domiciliare.

“Non bastassero le elaborazioni recentemente presentate dalla nostra Federazione, a confermare la carenza di infermieri e il rischio che questa porta nell’organizzazione dei servizi soprattutto territoriali e dedicati agli anziani, cronici e non autosufficienti è ora anche il rapporto Osservasalute 2017 dell’Università Cattolica di Roma.

Così Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri, commenta i dati sulla categoria professionale, riportati dal rapporto 2017 Osservasalute e frutto del lavoro di 197 ricercatori, distribuiti su tutto il territorio italiano, che operano presso università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali (ministero della Salute, Istat, Istituto superiore di Sanità, Consiglio nazionale delle Ricerche, Istituto nazionale Tumori, Istituto italiano di Medicina sociale, Agenzia italiana del farmaco, aziende ospedaliere e Aziende sanitarie, Osservatori epidemiologici regionali, Agenzie regionali e provinciali di Sanità pubblica, assessorati regionali e provinciali alla Salute).

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Il rapporto parla chiaro: “Risulta prioritario per il nostro sistema sanitario orientare i servizi sanitari alle necessità della popolazione che invecchia, potenziando l’assistenza a lungo termine e l’assistenza domiciliare, con maggiori e rinnovate risorse economiche e umane (soprattutto infermieri e personale specializzato nell’assistenza domiciliare)”.

E aggiunge: ” L’invecchiamento della popolazione pone sfide di sostenibilità dei sistemi sanitari sia per la cura che per l’assistenza di un numero sempre crescente di anziani con malattie croniche e ridotta autonomia. In Italia ci sono molti elementi su cui lavorare per implementare questa strategia di ‘invecchiamento attivo’: si osserva una bassa quota della spesa sanitaria complessiva, allocata da tutto il sistema sanitario all’assistenza sanitaria a lungo termine; il numero di infermieri è molto basso rispetto al numero di medici”.

Osservasalute 2017 sottolinea che “i dati sul personale medico e sul personale infermieristico del Ssn mostrano una progressiva riduzione del numero di unità tra il 2012 e il 2015, come per tutto il personale dipendente del Ssn” e raccomanda “il monitoraggio di questo indicatore nei prossimi anni, anche perché, se il trend fosse confermato, sarà sempre più difficile colmare la mancanza di personale medico e infermieristico per far fronte ai bisogni di cura sempre maggiori che si presenteranno nel prossimo futuro”.

Per quanto riguarda la situazione a livello regionale i dati di Osservasalute ricalcano quelli del Centro studi Fnopi e, per gli infermieri, confermano una riduzione costante a livello nazionale del numero di unità, che passano da 271.939 nel 2012 a 266.330 nel 2015. In questo caso, però, i trend regionali, aggiunge il rapporto, non sono omogenei rispetto al dato nazionale.

Infatti, sono solo 3 le regioni (Valle d’Aosta, Basilicata e Sardegna) in controtendenza rispetto al dato nazionale. Per quanto riguarda le restanti regioni, in 11 si riscontra una riduzione costante del numero di infermieri, mentre nelle altre 6 (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo e Puglia) il trend non è costante nei 4 anni presi a riferimento.

Una situazione a macchia di leopardo che Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane

, ha commentato presentando il rapporto come un evidente “fallimento del Servizio sanitario nazionale, anche nella sua ultima versione federalista, nel ridurre le differenze di spesa e della performance tra le regioni”.

Per poi aggiungere: “Rimane aperto e sempre più urgente il dibattito sul ‘segno’ di tali differenze. Si tratta di differenze inique perché non ‘naturali’, ma frutto di scelte politiche e gestionali” E secondo Ricciardi ci si deve basare non solo sui bisogni teorici “desumibili dalla struttura demografica delle regioni, ma sui reali bisogni  di salute,  come è urgente un recupero di qualità gestionale e operativa del sistema, troppo deficitarie nelle regioni del Mezzogiorno”.

L’evoluzione tra il 2012 e il 2015 del personale medico e infermieristico del Ssn per 1.000 abitanti, da leggere affiancato all’indicatore sia sulla struttura per età del personale dipendente (che invecchia costantemente) che sul tasso di compensazione del turnover, rappresenta secondo Osservasalute uno dei pilastri della programmazione sanitaria a livello nazionale e regionale: con altri indicatori di tipo economico-organizzativo, come il numero di posti letto per 100 abitanti o il tasso di rotazione dei posti letto, incide in maniera diretta sull’offerta sanitaria.

“Il sistema è complesso – afferma Mangiacavalli – e non vogliamo banalizzarlo attraverso slogan o renderlo malleabile alle nostre istanze. La sanità ha bisogno non solo di professionisti, ma di appropriatezza. Deve garantire il giusto professionista che possa essere messo in grado di rispondere al giusto bisogno, nel giusto contesto, con il giusto utilizzo di risorse nella maggiore autonomia possibile. Serve una visione più ampia e coraggiosa”.

Anche perché, sottolinea la presidente Fnopi, la situazione peggiora ogni giorno per colpa non solo dell’invecchiamento costante della popolazione, ma anche di quello dei professionisti, che con l’aumento dell’età vanno incontro a maggiori rischi per la loro salute e per quella dei cittadini.

Secondo il recente studio Cergas Bocconi, tra le principali cause di inidoneità che colpiscono circa il 15% degli infermieri, c’è la movimentazione dei carichi (quasi il 50%), poi le posture incongrue, lo stress e il burn-out, il lavoro notturno e la reperibilità (queste voci rappresentano circa il 30%). Situazioni queste che si fanno tanto più a rischio quanto più è avanzata l’età dell’operatore. E tra gli infermieri dipendenti, sempre per colpa del blocco del turnover, che non consente un adeguato ricambio generazionale, oltre il 38% ha più di 50 anni. Inoltre, senza un’integrazione degli organici, i pensionamenti dei prossimi anni fanno prevedere una condizione di vero allarme per il personale.

“Gli infermieri sono pronti a illustrare cosa serve al Paese – conclude Mangiacavalli –, non cosa serve alle professioni. E lo ripetiamo anche noi: mancano professionisti, mancano anche gli infermieri. A mancare, però, è soprattutto un serio ed equilibrato rapporto tra i professionisti, che si realizzi attraverso lo sviluppo delle competenze. Basta alle manovre demagogiche che affondano il Ssn. Una scelta fatta oggi condiziona il futuro per i prossimi 30 anni. Non bastasse la Fnopi, lo dice anche Osservasalute”.

Redazione Nurse Times

 

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