Prodotti per capelli e tumore al seno: nessuna correlazione

Rassicuranti i dati provenienti dagli ultimi studi, capaci di chiarire molti dubbi che gli epidemiologi si portano dietro dagli anni Settanta.

Da oltre 40 anni non solo le tinte sono sotto la lente di ingrandimento degli epidemiologi. Anche su altre sostanze contenute nei cosmetici per i capelli si concentrano da tempole attenzioni per capire se vi sia o meno una correlazione con l’insorgenza del tumore al seno. E il messaggio che arriva dagli ultimi dati pubblicati sull’argomento, in particolare sull’uso dei prodotti rilassanti, è rassicurante. Non è stata infatti osservata alcuna chiara associazione.

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“L’attenzione ai prodotti per capelli, in particolare per le tinte, era emersa molto forte alla metà degli anni Settanta – racconta Carlo La Vecchia, professore di Statistica medica ed Epidemiologia all’Università Statale di Milano -. Era stato appena introdotto, infatti, un nuovo test di mutagenesi, il test di Ames, inventato da Bruce Ames, che permetteva di testare in modo molto semplice qualsiasi sostanza per capire se potesse danneggiare il Dna e indurre potenzialmente, in vitro, lo sviluppo di tumori. Furono testate moltissime sostanze: si scoprì così che alcuni coloranti per capelli contenevano mutageni e, di conseguenza, furono considerati dei sospetti cancerogeni”.

Questi composti sono stati tolti dal mercato e sostituiti, ma a quel punto sono cominciati studi di popolazione per capire se le donne che li avevano usati fino a quel momento fossero a maggior rischio di tumore. In particolare, proprio di tumore al seno, soprattutto per due motivi: il carcinoma della mammella era (ed è) il cancro femminile più comune, e il seno ha una grande percentuale di tessuto adiposo, in cui alcune sostanze possono accumularsi. “Capire se le tinte avessero aumentato il rischio di cancro al seno è stato uno dei motivi per cui negli Stati Uniti è nato il Nurses’ Health Study, uno dei più ampi e famosi studi osservazionali di coorte mai condotti”, sottolinea La Vecchia.

Un altro studio simile è il Black Women’s Health Study, condotto sulla popolazione di 59mila donne di colore, partito nel 1995. Anche in questo caso tra gli scopi vi era quello di indagare un eventuale aumento di rischio di tumore al seno sia legato ai coloranti sia alle sostanze liscianti. I nuovi dati raccolti, analizzati dagli epidemiologi della Boston University School of Medicine e da poco pubblicati su Carcinogenesis, arrivano proprio da questa coorte e mettono sotto la lente altri composti chimici, tra cui i parabeni e gli ftalati, per il loro potenziale ruolo di interferenti endocrini, capaci quindi di interagire, almeno in teoria, con il sistema ormonale. “Lo studio è ben fatto – continua l’epidemiologo – e partiva da un’ipotesi: che questi interferenti endocrini potessero essere associati al tumore al seno. C’era quindi un motivo per indagare, sebbene gli studi condotti finora non abbiano fornito supporto a tale ipotesi”.

In questi anni nel Black Women’s Health Study si sono verificati 2.311 casi di tumore al seno, che non appaiono correlati all’uso di liscianti con parabeni e ftalati. Non c’è una relazione né con la durata né con la frequenza. L’effetto di una sostanza sull’organismo, infatti, dipende non solo dalla sua azione, ma anche dalla dose e dal tempo di esposizione. Un possibile, lieve aumento del rischio è risultato per un uso molto frequente (superiore a sette volte l’anno per oltre 15 anni) per i prodotti rilassanti contenenti liscivia, ma, come ricorda Kimberly Bertrand, ricercatrice che ha coordinato lo studio, “sono necessari risultati solidi da numerosi studi prima di poter concludere che l’uso di certi liscianti influenzino lo sviluppo del tumore al seno”

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Il fatto che lo studio sia condotto su una popolazione di colore rende i risultati particolarmente interessanti, dal momento che queste donne fanno un uso maggiore rispetto alle donne caucasiche di prodotti rilassanti per capelli ricci, nonché di tinture di colore scuro e quindi, in linea teorica, sono più esposte a eventuali tossicità. “In generale, quello che emerge dai dati di tutti questi studi, che continuano a essere giustamente analizzati, è che anche per chi ha usato tinte e liscianti prima degli anni Ottanta non sembra esserci aumento del rischio, e a maggior ragione dopo”, dice ancora La Vecchia. Come riporta anche il sito della Fondazione Airc, infatti: “Per le sostanze attualmente in uso sembra esistere un unico studio (sebbene su grandi numeri), i cui risultati hanno rilevato un rischio più alto della norma, ma limitatamente alle donne che ne fanno un utilizzo frequente e hanno familiarità con il cancro del seno. Lo studio è stato però condotto negli Usa, dove i regolamenti sui componenti chimici delle tinture sono diversi da quelli europei e, in genere, meno restrittivi”.

Il discorso sugli interferenti endocrini, però, è diverso da quello che si può fare per sostanze tossiche in generale. “Questi composti hanno, in potenza, la possibilità di interferire con i recettori ormonali – spiega Angelo Moretto, tossicologo, direttore dell’Unità operativa di Medicina del lavoro dell’Azienda Ospedale Università e del Dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e sanità pubblica dell’Università di Padova –. C’è quindi un supposto meccanismo di azione. Ma i parabeni e gli ftalati hanno una potenza migliaia di volte inferiore a quella dei nostri ormoni. E dal momento che il sistema endocrino è in grado di mantenersi in equilibrio, non mi aspetto nessun effetto da sostanze così poco potenti. Infatti non vi sono evidenze di effetti negativi per la salute degli esseri umani”. A questo si aggiunga che in Europa abbiamo un sistema di valutazione delle sostanze chimiche molto stringente. “La quantità di informazioni che abbiamo su queste sostanze è veramente molto elevata e le valutazioni che si fanno sono sempre molto precauzionali”, sottolinea Moretto. 

I due esperti concordano: a parte l’utilizzo prolungato della terapia ormonale sostitutiva (Tos) per le donne in menopausa, ad oggi non abbiamo evidenza di sostanze esogene – fatta eccezione per l’alcool – che aumentino il rischio di tumore al seno, a differenza di quanto sappiamo per altri tumori, come quelli della vescica e del polmone. “Le ricerche sulle cause ambientali vengono fatte, sebbene siano sotto finanziate e in numero inferiore agli studi clinici – conclude La Vecchia –. Non sono mai emerse, però, cause ambientali modificabili forti, al di là di sovrappeso in post-menopausa, terapie sostitutive in menopausa e alcool. E lo dimostra il fatto che quello al seno è l’unico tumore comune nelle donne di tutto il mondo”.

Altri dati sui prodotti per capelli saranno pubblicati nei prossimi anni, da questi e da altri studi di popolazione. Saranno in parte in contraddizione e non conclusivi, come è normale che sia, perché gli studi di coorte sono complessi. Ma aggiungeranno nuovi tasselli di informazione e si continuerà a indagare, anche alla luce delle nuove conoscenze sulla biologia molecolare dei tumori.

Redazione Nurse Times

Fonte: la Repubblica

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