Il signor Salvatore aveva bisogno di prenotare una tomografia ottica su prescrizione del suo medico curante a causa di una condizione che richiedeva un intervento urgente in caso di peggioramento.
Ma quando ha chiamato il call center del Friuli Venezia Giulia per prenotare la sua visita, è stato colpito da una realtà sconcertante.
Tuttavia, il signor Salvatore non si è arreso. Ha deciso di provare un altro approccio e ha chiamato nuovamente il numero, questa volta selezionando l’opzione per le prestazioni sanitarie in regime di libera professione.
La sorpresa è stata immediata: gli sono state offerte due date entro due giorni lavorativi. “Il tempo di attesa è stato annullato, ma a un prezzo”, ha aggiunto il signor Salvatore.
Questa storia mette in evidenza, ancora una volta, una disuguaglianza allarmante nell’accesso alle cure mediche in Italia.
Non è un caso isolato; sempre più pazienti si rivolgono a centri sanitari privati per evitare le lunghe attese nel sistema pubblico. Questo solleva una domanda importante: sono le stesse strutture sanitarie pubbliche a creare una disparità di trattamento che penalizza i meno abbienti?
Il signor Salvatore ha inviato un esposto alla Procura della Repubblica, chiedendo dati oggettivi sulla frequenza di mancate calendarizzazioni per visite specialistiche o esami diagnostici e sui tempi di attesa nel regime pubblico rispetto a quello privato. Chiede anche se ci sia un intervallo di tempo specifico tra le visite per i due regimi.
“Questa ulteriore indagine potrebbe dimostrare che non solo i tempi di attesa sono marcatamente diversi tra un regime e l’altro, ma anche che l’attenzione dedicata al paziente da parte delle strutture pubbliche è maggiore per coloro che accedono alla prestazione tramite il regime di libera professione”, ha affermato Salvatore, evidenziando le sue preoccupazioni riguardo ai tempi così lunghi che impediscono ai pazienti di essere calendarizzati.
L’esperienza del signor Salvatore è simile a quella di milioni di italiani che per poter avere accesso alla sanità pubblica (ne è rimasto solo il nome) deve, ad esempio, pagare una visita in intramoenia ad un medico.
Secondo un recente rapporto dell’Agenas, ben quattro medici su dieci impegnati in ambito ospedaliero svolgono attività medica privata al di fuori dell’orario di lavoro. L’Agenas ha rilevato che alcuni ospedali dedicano più risorse all’attività privata rispetto a quella pubblica, suscitando preoccupazioni sull’equilibrio tra i due settori.
Il ricorso alle prestazioni intramoenia in regime di libera professione deve essere una libera scelta del cittadino, non una scorciatoia all’interno del sistema di cure o, peggio, un tappabuchi per le lacune dell’assistenza pubblica.
Dove è finito lo spirito dei nostri Padri Costituenti quando hanno scritto l’articolo 32 della Costituzione?
Redazione NurseTimes
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