Milano, rimosso il manifesto contro l’aborto davanti alla clinica Mangiagalli

Ad affiggerlo erano state le onlus Ora et labora e Pro Vita. Ma la polemica non si placa.

È stato rimosso il manifesto recante l’immagine di un neonato e di un feto con la scritta “Non fermare il suo cuore” e piazzato davanti alla clinica Mangiagalli, proprio all’ingresso della Maternità più grande di Milano, ma anche di una Ginecologia in cui il tasso d’obiezione di coscienza, a livelli proibitivi nel resto di Lombardia, ha consentito di rispettare la legge senza costringere i non obiettori a praticare solo aborti.

Un simbolo, anche per le onlus Ora et labora e Pro Vita, che sotto la Mangiagalli tengono presidi periodici per opporsi alla legge 194, varata quarant’anni fa e confermata dagli italiani attraverso un referendum. L’affissione è una loro iniziativa, e ha scatenato prima i social e poi un presidio, domenica sera, durante il quale il cartellone è stato oscurato con un lenzuolo e circondato da cartelli con le scritte “La 194 è una legge dello Stato” e “Viva la libertà”.

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Alessandra Kustermann, responsabile del Pronto soccorso ostetrico-ginecologico, del Soccorso violenza sessuale e domestica e dei consultori familiari del Policlinico, ha dichiarato: «Ritengo che coprire quel manifesto sia stata un’operazione giusta. Possono metterlo dove vogliono, ma non davanti a un ospedale dove si recano donne che questa scelta la devono affrontare con l’aiuto di una psicologa e di assistenti sociali, disponibili a trovare con loro soluzioni alternative. Io farei di tutto per aiutarle a non abortire, ma credo che la compassione sia fondamentale e che non si possa essere crudeli nei confronti di persone che sono in un momento di fragilità»

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Quindi ha aggiunto: «Che denuncino pure». Questa la risposta della ginecologa all’infermiere Giorgio Celsi, attivista di Ora et labora, che ha annunciato un esposto «contro chi ha oscurato il nostro manifesto» e anche all’Ordine dei medici contro la dottoressa, accusata di «non rispettare la nostra libertà d’espressione». Celsi lamenta anche «un danno economico: l’affissione l’abbiamo pagata 1.800 euro e c’è l’autorizzazione del Comune».

Dal Comune precisano come l’iter delle affissioni preveda: che i lotti siano dati in gestione a concessionarie; che i cartelloni rispettino le norme del codice della strada, del regolamento sulla pubblicità, del piano generale degli impianti, e anche le disposizioni del codice dell’istituto di autodisciplina pubblicitaria; che le sole valutazioni riguardano la possibilità che immagini o testi ledano la sensibilità dei minori, siano volgari o offensivi nei confronti di credi religiosi e assimilati; che il manifesto antiabortista aveva superato tutti questi livelli di vaglio. E che è stata una scelta della concessionaria rimuoverlo, nottetempo. Per evitare polemiche.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Giorno

 

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