Melanoma, Aifa approva rimborsabilità di nuovo trattamento

Si tratta dell’associazione di due farmaci (encorafenib e binimetinib) nei pazienti con malattia inoperabile o metastatica con mutazione del gene BRAFV600.

È il più letale tumore della pelle e i casi sono, da anni, in aumento. Il melanoma oggi fa però un po’ meno paura: una manciata di anni fa, nel 2011, solo un paziente su quattro con una melanoma avanzato era ancora vivo dopo un anno dalla diagnosi, oggi la metà sopravvive per diversi anni. Merito, oltre che di prevenzione e diagnosi precoce, anche delle nuove terapie messe a punto nell’ultimo decennio. E l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) nei giorni scorsi ha approvato la rimborsabilità di un nuovo trattamento nei pazienti con mutazione del gene BRAF.«Nel 2019, in Italia, sono stati stimati 12.300 nuovi casi di melanoma, di cui circa il 50% presenta la mutazione del gene BRAF – dice Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento di Oncologia melanoma, Immunoterapia oncologica e Terapie innovative dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli –. È quindi fondamentale una corretta determinazione dello stato mutazionale di BRAF per selezionare la terapia più adeguata ed efficace. Lo studio internazionale di fase III, COLUMBUS, ha coinvolto 577 pazienti e ha confrontato l’associazione di encorafenib (inibitore di BRAF) e binimetinib (inibitore di MEK) con vemurafenib e con encorafenib, entrambi usati in monoterapia. L’associazione ha mostrato una mediana di sopravvivenza libera da progressione della malattia di 14,9 mesi, il doppio rispetto ai 7,3 mesi di vemurafenib in monoterapia. La riduzione statisticamente significativa del rischio di progressione o morte è stata del 49%».Non solo: «Il beneficio si mantiene nel tempo, perché il 29% dei pazienti è libero da progressione a 3 anni dal termine della terapia. Il trattamento con encorafenib e binimetinib ha raggiunto una sopravvivenza globale mediana di 33,6 mesi, anche in questo caso circa il doppio rispetto ai 16,9 mesi con vemurafenib in monoterapia, con una riduzione del rischio di morte del 39%. Lo studio COLUMBUS ha inoltre dimostrato che i pazienti, che ricevono il trattamento in associazione, presentano maggiori probabilità di ottenere una riduzione clinicamente rilevante del carico tumorale. Questi dati sono molto promettenti per un’associazione di BRAF-MEK inibitori, in relazione all’efficacia e soprattutto guardando il profilo di sicurezza».È sulla base di questi risultati che l’Agenzia regolatoria italiana ha approvato la rimborsabilità di encorafenib
in associazione con binimetinib nei pazienti con melanoma inoperabile o metastatico con mutazione del gene BRAFV600. Nel nostro Paese circa 1.000 persone ogni anno potranno beneficiare di questa nuova terapia mirata, che è in grado di migliorare la sopravvivenza globale dei pazienti e la sopravvivenza libera da progressione di malattia, con un buon profilo di sicurezza e tollerabilità.«Anche i profili di tollerabilità e sicurezza di encorafenib e binimetinib sono peculiari – spiega Paola Queirolo, direttore Divisione melanoma, sarcoma e tumori rari all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano –. Prevalgono eventi non sintomatici, con una riduzione di entrambi gli eventi avversi che caratterizzano le altre combinazioni, fotosensibilità e febbre. Nessun paziente ha interrotto definitivamente il trattamento con encorafenib associato a binimetinib a causa della fotosensibilità. La piressia (o febbre) è stata lieve per più della metà dei pazienti che l’hanno manifestata e nessuno ha avuto uno stato febbrile di grado IV. Nello studio COLUMBUS la durata del trattamento con l’associazione di encorafenib e binimetinib (51,2 settimane) è stata superiore rispetto alla monoterapia con encorafenib (31,4 settimane) e vemurafenib (26,3 settimane). Ciononostante, la percentuale di pazienti che ha interrotto il farmaco o ridotto la dose a causa di un evento avverso è risultata inferiore nell’associazione rispetto a vemurafenib. Significativo, nei pazienti trattati con l’associazione, anche il vantaggio della qualità di vita, misurato in termini di salute globale, di funzionamento emotivo e sociale, dolore, insonnia, perdita di appetito e fatica».«È importante avere a disposizione nuove armi che garantiscano vantaggi in termini di tempo libero da progressione, di sopravvivenza, ma soprattutto di qualità di vita – conclude Monica Forchetta, presidente APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma) –. Inoltre, in questa fase di emergenza causata dal coronavirus, in cui il Sistema sanitario deve sostenere grandi carichi di lavoro, la disponibilità di una terapia orale che può essere assunta a casa è determinante, perché i pazienti non sono costretti a recarsi in ospedale per la cura. Questi risultati sono ottenuti grazie alle sperimentazioni. Le associazioni devono sensibilizzare i pazienti oncologici sull’importanza della ricerca clinica, per far capire loro che, proprio entrando in una sperimentazione, è possibile accedere a terapie innovative anni prima della loro commercializzazione».Redazione Nurse TimesFonte: Corrire della Sera  
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