Riceviamo e pubblichiamo un contributo sul tema a cura di Chiara Mattia Chiara, Simona Sciannameo, Sara Macchia, Fiorella De Todaro, Tiziana Pugliese, Raffaele Manzari, Gessica Angelini e Domenico Dentico.
L’ipotermia terapeutica indotta nel neonato, anche chiamata baby cooling, rappresenta il trattamento neuro-protettivo di scelta nell’encefalopatia ipossico-ischemica (EII) di grado moderato o severo, condizione clinica conseguente ad asfissia perinatale che registra una incidenza media di circa 1,6 ogni mille nati vivi e rappresenta una delle cause più frequenti di paralisi infantile cerebrale (6-23%). Il tasso di mortalità dell’EII di grado moderato o elevato varia tra il 10 e il 60%, e tra i sopravvissuti il 25% presenta sequele neurologiche importanti.
Il danno cerebrale che si realizza a seguito di asfissia intrapartum non è un evento unico, ma un processo evolutivoche inizia con l’insulto ipossico-ischemico e nei casi più gravi o prolungati, continua in una seconda fase detta di riperfusione, in cui paradossalmente si ha una maggior distruzione di neuroni. Tra l’evento iniziale e la necrosi neuronale intercorre un intervallo di tempo sufficientemente ampio, detta Therapeutic window, in cui poter attuare strategie neuroprotettive in modo da limitare le conseguenze neurologiche e il rischio di morte del neonato.
Il baby cooling è un trattamento che viene riservato ai neonati a termine o vicino al termine (con età gestazionale superiore o pari a 35 settimane), con un peso corporeo superiore a 1.800 gr e meno di 6 ore di vita. Può essere selettiva se limitata alla testa, ipotermia cerebrale, o sistemica quando interessa l’intero corpo. Tuttavia entrambe le modalità di trattamento determinano un miglioramento in termini di sopravvivenza e outcome neurologico se vengono rispettati i criteri di inclusione raccomandati per l’esecuzione della procedura. I criteri sono rappresentati dai punti A e B.
A – Ipossia perinatale (basta un solo criterio):
B – Valutazione neurologica del grado di EII moderata o severa valutata a 30 e 60 minuti di vita in base all’esame obiettivo neurologico (SARNAT II/III).
Dopo aver accertato la presenza di entrambi i criteri di inclusione, si esegue la valutazione aEEG mediante CFM (Cerebral Function Monitoring) o EEG per almeno 30 minuti, possibilmente prima dell’avvio di terapia antiepilettica o sedativa. Una volta confermata la diagnosi, entro le 6 ore di vita, si procede al trattamento ipotermico per 72 ore. Sono esclusi, di conseguenza, i neonati con più di 6 ore di vita e con anomalie congenite gravi e l’eventuale applicazione della procedura dovrebbe essere eseguita solo in contesti di ricerca e con il consenso informato da parte dei genitori. Il trattamento ipotermico rientra nelle procedure con una alta complessità assistenziale e che richiede pertanto personale medico-infermieristico altamente specializzato e formato.
Sono previsti tre livelli di intervento in tre aree d’azione a diversa intensità di cura, in cui i vari professionisti devono essere perfettamente coordinati e condividere necessariamente le procedure di riferimento in modo da realizzare una precoce identificazione dei candidati al trattamento, un tempestivo trasporto e una assistenza appropriata. Se il parto avviene in un punto nascita allora sarà necessario che questo centro periferico (SPOKE) contatti il centro di riferimento (HUB) più vicino non appena valuti il neonato, nel rispetto dei criteri già esposti, candidato all’ipotermia e attivi il Servizio di Trasporto Neonatale (STEN).
Livelli di intervento
I° Livello
Riguarda le azioni eseguite nel Centro Trasferente, che avvierà l’ipotermia ‘passiva’ spegnendo il riscaldamento nell’incubatrice e mantenendo la temperatura del neonato a circa 35°C in attesa dell’arrivo dello STEN.
II° Livello
In questa fase si considera il passaggio di azioni assistenziali e procedurali tra il Centro Trasferente e lo STEN. Il medico del team di trasporto, una volta giunto nel Centro Trasferente, valuterà le condizioni del neonato e deciderà se trasportarlo in respiro spontaneo o in ventilazione assistita anche perché, in caso di asfissia neonatale, il respiro autonomo può essere conservato nel 30% dei casi. Verrà eventualmente reperito un accesso venoso stabile. Lo STEN garantirà il trasporto in apposita incubatrice mantenendo sempre costante la temperatura rettale del bambino a 35°C.
Il raffreddamento può essere ottenuto:
III° Livello
Le attività eseguite nel Centro Accettante sono rappresentate dalle seguenti fasi:
1. Esecuzione del tracciato EEG.
2. Induzione.
3. Mantenimento.
4. Riscaldamento o rewarming.
5. Normotermia terapeutica.
Nella prima fase, durante il posizionamento e l’esecuzione del tracciato grafico cerebrale sono necessari alcuni accorgimenti:
Il CFM è un elettromedicale digitale che permette l’elaborazione continua dell’attività elettrica cerebrale del neonato in modo da valutarne eventuali anomalie, soprattutto nei casi di encefalopatia ipossica-ischemica e durante il trattamento ipotermico. Si distinguono diversi tipi di apparecchiature per la registrazione dell’aEEG, tuttavia le più usate nelle TIN sono di solito ad una derivazione interemisferica (P3-P4) e/o a due derivazioni emisferiche centroparietali (C3-P3, C4-P4). Lo sviluppo delle tecniche digitali e la contemporanea registrazione della traccia EEG da cui è derivata la traccia aEEG (la cosiddetta “raw trace”, cioé “traccia grezza”) ha migliorato la capacità di distinguere tra attività elettrica cerebrale vera e artefatti, consentendo una rivalutazione sincronizzata sia della traccia aEEG che della traccia EEG per una più attendibile definizione della natura dei reperti aEEG. Infine, in molte delle macchine di monitoraggio CFM sono incorporati algoritmi automatici di individuazione di crisi (SDA, Seizure Detection Algorythm). Bisogna però ricordare che l’operatore deve sempre verificare la corretta corrispondenza tra segnalazione e crisi reali.
L’amplitude integrated EEG (aEEG) può rilevare solo alterazioni maggiori dell’attività cerebrale senza però poter studiare le singole zone afferenti ed è sensibile ai cambiamenti di ampiezza ma non a quelli di frequenza. Tuttavia è possibile evidenziare pattern patologici che indicano la necessità di attuare il trattamento ipotermico:
Posizionamento degli elettrodi per ottenere CFM a due derivazioni (C3 – P3, C4 – P4)
E’ in questa fase che l’ipotermia esprime il massimo del suo effetto terapeutico e richiede le seguenti azioni:
Fase del riscaldamento (rewarming) e del raggiungimento della normotermia. In questa fase è indispensabile:
1. Controllare, dopo 72 ore di trattamento, che inizi la fase di riscaldamento del neonato e che la sua temperatura corporea passi da 33° lentamente a 36,5°C con incrementi di 0,5°C/ora e questo per evitare un rapido incremento con il rischio di innescare crisi convulsive e di annullare quindi gli effetti benefici indotti dal trattamento ipotermico.
2. Svuotare il PAD, al termine della terapia, prima di staccarlo dal tubo valvolato, per evitare che fuoriesca acqua, utilizzando l’apposito tasto presente sulla schermata principale del display.
3. Smaltire il PAD e la sonda nell’apposito contenitore di rifiuti in quanto presidi monouso.
Follow-up
E’ importante che il medico programmi il follow-up per RM-encefalo a 7-10 giorni o comunque almeno entro il primo mese di vita e il controllo psicomotorio e neurosensoriale a 2-3 anni da proseguire fino all’età scolare.
Conclusioni
L’infermiere, nel contesto multiprofessionale, multidisciplinare e multidimensionale in cui si trova ad agire, può gestire la complessità assistenziale legata a questa procedura solo se è preparato, formato e abbia ben presente l’importanza del rispetto delle procedure e dei protocolli specifici. Alcuni studi evidenziano anche l’importanza di avere nel team infermieri competenti nella prevenzione e nel trattamento delle lesione da pressione e che sappiano gestire il rischio di insorgenza di lesioni con opportune scale di valutazione (Braden-Q, NSRAS e Glamorgan). Bisogna, inoltre, considerare la responsabilità medica-infermieristica nel fornire una corretta e opportuna informazione ai genitori riguardo le manovre assistenziali utilizzate e gli aggiornamenti sulla situazione clinica del loro bambino. E’ fondamentale il coinvolgimento dei genitori in semplici attività soprattutto nella fase successiva al trattamento ipotermico, in modo da favorire un maggiore contatto e garantire il benessere nel rapporto madre/padre-figlio.
Bibliografia
Autori
Mattia Chiara, Sciannameo Simona, Macchia Sara, De Todaro Fiorella, Pugliese Tiziana, Manzari Raffaele, Angelini Gessica e Dentico Domenico.
Redazione Nurse Times
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