La Sasso ammonisce: “Sono i risultati del progetto RN4Cast a indicare il futuro della formazione”

Intervento della professoressa associata dell’Università di Genova sugli scenari formativi. “Tra il percorso universitario e il lavoro pratico ci sono differenze, così creiamo professionisti frustrati”

FEROLETO ANTICO (Cz) – La formazione degli infermieri in università? Se non è da rivoluzionare completamente, poco ci manca.

Più che un atto d’accusa quello che rivolge la professoressa Loredana Sasso, associato presso l’Università di Genova, è un invito a cambiare passo, perché la popolazione sta cambiando, con essa, i bisogni di salute e di assistenza.

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La platea alla quale si rivolge la Sasso è ben definita: sono gli infermieri che hanno dato vita alla giornata nazionale della formazione voluta dalla Federazione Ipasvi. La fotografia è a tratti impietosa: si formano ancora professionisti dell’assistenza ospedaliera e non di quella domiciliare; i professionisti della salute sono ancora troppo focalizzati sugli aspetti tecnici e poco sulla comprensione del contesto; le professioni sanitarie sono poco presenti lì dove si discutono le scelte e dove si orientano le politiche di cambiamento; la formazione è sotto finanziata.

“Sono queste le criticità – ammonisce la Sasso – sulle quali si dovrà discutere per il futuro della professione”.

La prima sfida da cogliere per i professionisti della salute, a giudizio della Sasso, è legata ai cambiamenti degli scenari assistenziali: “E’ da lì che dobbiamo ripartire per la riorganizzazione della professione”.

Puntando sulla formazione il cui livello di qualità deve essere una sorta di stella polare da seguire: “La qualità dell’assistenza – ricorda la Sasso, citando i risultati del progetto RN4Cast – viene considerata in stretta relazione con la formazione accademica”.

Ma un altro elemento da tenere in considerazione è quello dello staffing: “Quando questo non è adeguato – spiega la Sasso – ne soffre anche la formazione”.

Sono i dati, gli studi e le ricerche che devono orientare il cambiamento. Sono i risultati del progetto RN4Cast per l’Italia (nel quale sono stati coinvolti quattromila infermieri e altrettanti pazienti) a indicare la strada per il futuro della formazione infermieristica.

Si affida ai numeri la professoressa sasso quando evidenzia che “lo staffing infermieristico è un fattore che influenza negativamente la mortalità. In Italia la media è di 9,5, mentre il rapporto minimo per garantire la sicurezza è di un infermiere ogni 6 pazienti”.

Facile la conclusione che la Sasso mette in evidenza: “Più elevata e qualificata è la formazione a livello accademico, più diminuisce la mortalità dei pazienti”.

Per dirla in altri termini, c’è una stretta correlazione tra la formazione degli infermieri e la qualità dell’assistenza che, d’altro canto, è messa a rischio quando gli organici non sono sufficienti.

E ci sono altri aspetti preoccupanti che emergono dalla ricerca RN4Cast per l’Italia: l’infermiere frustrato non perché lavori troppo, ma perché non riesce a far valere le sue qualità o gli studenti vittime di quel fenomeno denominato “dissonanza cognitiva”: “Tra la formazione accademia e la pratica ci crea un gap – ammonisce la Sasso – che ci fa creare professionisti frustrati”.

Ecco, allora, l’appello al mondo infermieristico: “Gli studenti hanno bisogno di maestri, non di docenti, ma c’è anche bisogno di una maggiore integrazione tra gli ambienti formativi (accademici e clinici). C’è da lavorare insieme per i bisogni dei pazienti”.

La Sasso chude il suo intervento esortando tutti ad utilizzare i dati derivanti dagli studi derivanti dalla ricerca RN4CAST “…il peccato più grande che possiamo fare è non utilizzare gli studi scientifici…noi produciamo dati perchè chi deve prendere decisioni li possa utilizzare…” messaggio rivolto soprattutto ai decisori delle politiche professionali “sarebbe un peccato lasciarli nel cassetto per altri vent’anni”. 

Salvatore Petrarolo

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