Il referto e il rapporto: facciamo chiarezza

Si tratta di aspetti importanti della medicina legale, che è opportuno conoscere.

Nell’arco della vita professionale di ogni professionista sanitario è capitato, o potrà capitare, di eseguire un referto o un rapporto. Questi sono aspetti legali molto importanti, e conoscerli può risultare veramente utile per poter avere una visione più chiara del Sistema sanitario nazionale. Ma facciamo un passo indietro.

Cos’è di preciso un referto?

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Il referto è l’atto scritto attraverso cui l’esercente una professione sanitaria riferisce all’Autorità giudiziaria di avere prestato la propria opera o assistenza nei casi che possono presentare i caratteri di un delitto perseguibile d’ufficio. Il contenuto del referto, derivato quindi da una prestazione professionale effettuata di persona dal medico, si riferisce all’intervento prestato e al soggetto destinatario dell’assistenza. La refertazione rappresenta per il medico uno dei maggiori doveri, la cui omissione, com’è stato ribadito più volte, costituisce un reato contro l’amministrazione della giustizia. Oltre al medico, è tenuto al referto ogni altro esercente una professione sanitaria (odontoiatra, farmacista, veterinario, ostetrica/o, infermiere ecc.) e qualora più sanitari abbiano prestato la loro assistenza nella stessa occasione, essi sono tutti obbligati a presentare il referto (anche con un atto unico).

Circa i contenuti, i tempi e le modalità di trasmissione del referto è importante ricordare che:

  • deve contenere il nome della persona alla quale è stata prestata assistenza, il luogo dove si trova attualmente oltre al luogo, al tempo e alle altre circostanze dell’intervento;
  • deve contenere ogni notizia atta a stabilire le circostanze, le cause del delitto, i mezzi con i quali questo è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare;
  • deve essere presentato entro 48 ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi uffi ciale di polizia giudiziaria del luogo dove è avvenuta la prestazione sanitaria oppure, in loro mancanza, all’uffi ciale di polizia giudiziaria più vicino al luogo;
  • può essere consegnato personalmente o fatto pervenire in busta chiusa per mezzo di terzi, assumendosi però la responsabilità in caso di ritardo o di mancato recapito (art. 334 c.p.p.).

In tutto ciò vi sono delle condizioni (delitti perseguibili d’ufficio) per cui vi è l’obbligo del referto: delitti contro la vita, delitti contro l’incolumità individuale, delitti contro l’incolumità pubblica, delitti contro la libertà personale, delitti contro la libertà sessuale, delitti contro la famiglia, delitti contro la pietà verso i defunti, e l’interruzione di gravidanza (illecita, ovvero al di fuori di quanto stabilito dalla L. 194/78).

A sottolineare tale discorso vi sono rispettivamente:

  • l’art. 365 del C.P.: “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità indicata nell’articolo 361, è punito con la multa fino a cinquecentosedici euro. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.
  • e l’art. 334 del C.P.P.: “Chi ha l’obbligo del referto [c.p. 365] deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino”.

E il rapporto?

Il rapporto, o denuncia sanitaria, è l’atto scritto che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico ufficio (l’infermiere, come pure il medico, ne sono un esempio, dal momento in cui vanno a garantire il proprio adoperato nel sistema sanitario) utilizza per informare una pubblica autorità di fatti o notizie appresi nell’esercizio della professione e di cui è obbligato a riferire per disposizione di legge (leggi sanitarie, Codice penale, Ordinamento dello stato civile, norme assicurative ecc.). Costituisce, in pratica, un atto di constatazione diretta, che ha per oggetto un bene d’interesse comune e come destinatario un servizio della pubblica amministrazione. Le denunce sanitarie rappresentano, infatti, uno strumento di massima utilità per il Servizio sanitario onde potere intervenire, soprattutto con attività di prevenzione e contrasto, per il contenimento dell’incidenza di gravi problemi sanitari nella collettività.

Alla categoria delle denunce afferiscono:

  • Dichiarazione di nascita
  • Dichiarazione di morte e denuncia delle cause di morte
  • Denuncia di nascita d’infanti deformi
  • Denuncia di nascita d’infanti immaturi
  • Denuncia di casi di lesioni invalidanti
  • Denuncia delle malattie infettive e diffusive
  • Notifica dei casi di AIDS
  • Denuncia delle malattie a trasmissione sessuale (L. 25/7/1956 n°837)
  • Denuncia delle malattie d’interesse sociale
  • Denuncia dei casi d’intossicazione da antiparassitari
  • Segnalazione degli interventi interruttivi della gravidanza
  • Denuncia di detenzione degli apparecchi di radiologia e delle sostanze radioattive
  • Comunicazione delle vaccinazioni
  • Denuncia dei casi d’intossicazione cronica da sostanze stupefacenti e psicotrope
  • Denuncia di infortuni sul lavoro
  • Denuncia di malattia professionale
  • Altre denunce / segnalazioni

Ci si augura che, con questi piccoli input, si sia fatta chiarezza sul settore della medicina legale, arricchendo così il bagaglio culturale che tutti (a prescindere della professione) devono avere la possibilità di sviluppare, per migliorare.

Pasquale Fava

 

Redazione Nurse Times

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