Il microbiota intestinale, un alleato che va salvaguardato e può aiutarci contro Covid 19

Una breve revisione della letteratura con dei consigli per come gestire e migliorare il microbiota intestinale e migliorare il sistema immunitario

Numerosi studi, svolti in tutto il mondo, mettono in correlazione covid-19 con il microbiota intestinale; per il tramite del recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2); causando così l’aggravamento del quadro clinico respiratorio nei pazienti contagiati.

Come affermato in uno dei primi studi scientifici svolto in Cina “2019 Novel coronavirus infection and gastrointestinal tract Article in Journal of Digestive Diseases 21(3) · February 2020”.

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Tale correlazione, che vede in primis il microbiota intestinale ovvero l’insieme dei microrganismi che colonizzano l’intestino e poi l’agente virale Sars-CoV 2, non va sottovalutata.

Difatti risulta essere il nocciolo della questione nonché il differenziale nei quadri clinici che si presentano con polmoniti interstiziali bilaterali e in pazienti che non manifestano sintomi respiratori.

Questi ultimi vanno in risoluzione senza presentare nessun tipo di segno e sintomo.

Bisogna immaginare un asse di congiunzione, per altro molto stretto, tra la formazione microbiota intestinale e quella polmonare; entrambe altamente influenzabili da fattori intrinseci ed estrinseci.

Sì, perché proprio come esiste un microbiota intestinale, anche le cavità respiratorie presentano un terreno microbiotico.

Qui ci sarebbe da sfatare un altro mito ancora non chiaro a molti, seppur scientificamente consolidato: i polmoni non sono sterili; ma proprio come l’intestino sono colonizzati da una serie di batteri, miceti e virus.

Ora, focalizziamo l’attenzione sui concetti di microbiota intestinale e polmonare

Possiamo affermare con certezza che il nostro corpo è costantemente colonizzato da un gran numero di microrganismi che, nei quantitativi non alterati, possiamo definirli in “assetto funzionale”.

Questi favoriscono e supportano numerose attività di vitale importanza sin dall’epoca neonatale, come lo sviluppo ed il costante mantenimento del sistema immunitario.

A livello intestinale favoriscono la corretta digestione, ma il microbiota intestinale influenza anche il microbiota polmonare in quanto queste due cavità sono in stretta comunicazione.

I due microbioti si presentano, sia in assetto normale sia un quello alterato; molto uguali l’uno all’altro e colonizzati dagli stessi microrganismi quali Bacteroides ed i Firmicutes.

E ad influire sul giusto equilibrio dei microbioti intestinale e polmonare creando una disbiosi, vi sono, come detto prima, innumerevoli fattori che possono influire negativamente.

Cosa fondamentale però è che i più importanti posso essere modificati e sono essenzialmente racchiusi in ciò che viene definito lo stile di vita:
  • alimentazione con un eccesso di carne rossa,
  • insaccati,
  • eccesso di zuccheri e abuso di alcol, possono però avere effetti negativi.

Anche l’uso prolungato di antibiotici e antiacidi, l’abuso di lassativi, trattamenti ormonali, carenza di fibre vegetali; ma anche l’ambiente in cui si vive abitualmente, clima eccessivamente umidi o secchi, stress psicofisico, la sedentarietà ed il fumo.

Ora, che ruolo può avere il microbiota intestinale e una sua disbiosi nella prognosi dei pazienti covid 19?

Partiamo con il presupposto che una disbiosi influisce sul sistema immunitario indebolendolo e favorendo così lo sviluppo di alcuni ceppi patogeni a discapito di altri.

Tali ceppi sembrerebbero essere in grado di modulare dei recettori per il coronavirus: ACE2 in primis, ma anche DPP4 e ANPEP.

E cosa fondamentale, è stato studiato come la presenza della Salmonella enterica nell’intestino tenue ha difatti dimostrato di aumentarne l’attività.

E, di conseguenza, una maggiore probabilità di replicazione virale e sviluppo della patologia associata.

Un ulteriore dato importante riscontrato in molti studi osservazionali di pazienti affetti da Sars-CoV 2 è che alcuni batteri, come Ruminococcus gnavus aumentano significativamente nella microbiome signature ed ad essi sono correlati positivamente i livelli elevati di citochine pro-infiammatorie nel torrente ematico; in particolar modo le citochine NF alfa, IL 1 beta e soprattutto IL 6.

Oltretutto questi batteri sono stati riscontrati in quantità eccessive in tutti i pazienti con prognosi infausta aventi quadri clinici infiammatori respiratori gravi.

Alla luce di questi studi ed evidenze scientifiche possiamo affermare che preservando un giusto equilibrio dei microbioti intestinale/polmonare e quindi uno stato di eubiosi; si rafforza, senza creare degli indebolimenti, il sistema immunitario.

Quindi, per deduzione logica preservando (nei limiti del possibile e tenendo conto delle possibili patologie di base di ogni individuo) lo stato di eubiosi e quindi il sistema immunitario; si può avere maggiore probabilità di non presentare patologie respiratorie gravi qualora ci si contagi con l’agente virale Sars-CoV 2.

Dal punto di vista alimentare, mantenere un microbiota in eubiosi significa avere:

  • una dieta povera di sodio, ma ricca di fonti proteiche vegetali e selezionate come il pesce;
  • un equilibrato apporto di acidi grassi insaturi e polinsaturi; come quelli della frutta secca, del pesce e dell’olio d’oliva, utilizzo abbondante di vegetali ricchi di oligoelementi e soprattutto fibre;
  • preferire una cottura salutare dei cibi di tipo non cancerogena e rispettosa dei nutrienti e delle vitamine;
  • favorire attività fisica giornaliera a discapito della sedentarietà;
  • evitare l’utilizzo continuato di cibi che possono creare stati infiammatori persistenti a livello non solo del distretto intestinale, ma anche corporeo; come l’utilizzo di cibi derivati da farine raffinate, zucchero raffinato, carne e derivati, latte e derivati, bevande alcoliche, fumo sia attivo che passivo;
  • evitare stress e luoghi ricchi di smog.

Queste indicazioni potrebbero in una buona percentuale di probabilità, ridurre il rischio non solo di contagio (tenendo conto del mantenimento indiscusso del distanziamento sociale e dell’utilizzo altrettanto fondamentale dei dispositivi di sicurezza individuale) ma in un eventuale contagio potrebbero ridurre notevolmente il rischio dello scaturire di gravi patologie infiammatorie ad esso correlato, evitando quadri di prognosi riservata e/o infausta.

Gustavo Castellano

Redazione Nurse Times

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