Grecia, torna la difterite: morto un bimbo di otto anni

Il piccolo è deceduto all’Ospedale pediatrico di Atene. L’ultimo caso autoctono risaliva a 40 anni fa.

A oltre 40 anni dall’ultimo caso autoctono, in Grecia è tornata la difterite, che ha colpito un bambino di otto anni, provocandone il decesso. L’episodio è stato confermato nell’ultimo report dell’European Center for Disease Control (Ecdc). Stando ai media locali, il piccolo è stato ricoverato in gravi condizioni ed è morto pochi giorni dopo nel reparto di Terapia intensiva dell’Ospedale pediatrico di Atene. Non risulta ufficialmente confermata la notizia, circolata inizialmente, secondo cui non era vaccinato. La malattia è stata confermata anche dall’analisi di un campione a opera di un laboratorio dell’Nhs inglese. “L’ultimo registrato in Grecia era un caso importato nel 1994 – scrive l’Ecdc -, mentre l’ultimo caso autoctono letale risale agli anni Settanta. La malattia in un individuo completamente vaccinato è molto rara. Tuttavia la difterite è stata implicata nella morte di diversi bambini non vaccinati in Europa negli anni recenti”. Difterite, cosa c’è da sapere – La difterite è una malattia infettiva acuta che negli stadi più avanzati può causare gravi danni al cuore, ai reni e al sistema nervoso. È causata da Corynebacterium diphtheriae, un batterio che si riproduce sulla superficie delle mucose della gola. La tossina rilasciata da questo agente infettivo all’interno dell’organismo è in grado di danneggiare, o persino distruggere, gli organi e i tessuti. La variante più diffusa del batterio colpisce prevalentemente la gola, il naso e, talvolta, le tonsille, mentre un’altra tipologia, diffusa soprattutto nelle zone tropicali, provoca ulcere della pelle. In casi più rari l’infezione può coinvolgere la vagina o la congiuntiva. Sono soprattutto i bambini non vaccinati a correre il rischio di ammalarsi di difterite, anche se la patologia può comunque colpire gli individui di qualsiasi età. La sua diffusione nei Paesi con un clima temperato si verifica nel corso dei mesi invernali. La difterite è diffusa soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove la vaccinazione, che in occidente ha ridotto notevolmente i casi di infezione, non è sempre disponibile. La malattia si trasmette per via respiratoria o, più raramente, tramite il contatto con oggetti contaminati o ferite infette. Le persone che contraggono l’infezione possono trasmetterla durante le sei settimane successive anche se non manifestano nessuno dei sintomi. Il periodo di incubazione dura da due a cinque giorni. L’infezione dell’apparato orofaringeo è accompagnata da mal di gola, perdita dell’appetito e febbre leggera. Inoltre, a distanza di due o tre giorni si forma sulla superfice delle tonsille e della gola una patina grigiastra, dai margini infiammati. Occasionalmente queste lesioni possono sanguinare o assumere un colore verdastro o nero. La difterite può anche determinare gonfiore del collo, ostruzione delle vie respiratorie e difficoltà a deglutire. Quando l’infezione riguarda la pelle, invece, i sintomi includono dolore, gonfiori, arrossamenti ed eventuali ferite coperte da una membrana di colore grigio. Nei casi più gravi possono verificarsi delle complicanze che interessano il cuore (aritmie, insufficienza cardiaca, miocardite o arresto cardiaco), il sistema nervoso (disturbi di fonazione, paralisi di alcuni nervi, polineuriti) e i reni (insufficienza renale, ematuria, poliuria). La presenza della caratteristica patina grigiastra sulla superficie delle tonsille e della gola del paziente è il primo campanello d’allarme che porta i medici a prendere in considerazione la possibilità che sia in corso un’infezione causata dal batterio Corynebacterium diphtheriae. Per confermare la diagnosi è necessario analizzare in laboratorio il materiale prelevato dalla gola o dalla cute. Inoltre, la difterite va sospettata nella diagnosi differenziale di alcune patologie, come le faringiti batteriche e virali, la mononucleosi infettiva, la sifilide orale, la candidosi e l’agnina di Vincent. La prevenzione della difterite si basa sulla somministrazione di un vaccino, che in Italia è obbligatorio. La vaccinazione deve essere effettuata nel corso del primo anno di vita e prevede tre dosi somministrate al terzo, al quinto e al dodicesimo mese. Il vaccino utilizzato viene definito esavalente, in quanto oltre alle componenti antidifteriche contiene quelle contro tetano, pertosse, poliomielite, epatite B ed emofilo tipo B. In seguito devono essere eseguite due dosi di richiamo, una all’età di 5-6 anni e un’altra nel corso dell’adolescenza. Il vaccino antidifterico contiene un’anatossina che consente all’organismo di stimolare la produzione di anticorpi protettivi da parte del sistema immunitario. Una volta diagnosticata l’infezione, il paziente colpito dalla difterite dev’essere posto in isolamento e trattato con diversi farmaci. Oltre agli antibiotici, che possono ridurre le possibilità di contagio, viene somministrata anche un’antitossina per neutralizzare la tossina prodotta dal batterio. Talvolta gli antibiotici vengono prescritti anche alle persone entrate in contatto con il paziente infetto. Grazie alla vaccinazione obbligatoria, in Italia si verificano pochissimi casi di difterite. Tra il 2000 e il 2018 ne sono stati segnalati 5, tutti verificatisi nel Nord Italia e confermati microbiologicamente dall’Istituto Superiore di Sanità. Esistono però ancora delle aree del mondo in cui la difterite è ancora una malattia endemica, come il Sud-Asiatico. È diffusa soprattutto in India, Indonesia, Filippine, Malesia (dove si sono verificate anche delle epidemie), Nepal, Africa e Brasile. In Europa vengono segnalati ogni anno degli sporadici casi di difterite, principalmente in alcuni Paesi dell’Est (come, per esempio, la Lettonia). Redazione Nurse Times
 
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