Formula 1, la storia di Gunnar Nilsson che colto da tumore esprime il suo ultimo desiderio: aiutare i bambini

In questa lettera, Nilsson ammetteva di avere perduto la sua battaglia, ma chiedeva agli amici ed ai suoi tifosi una ultima cortesia: per essere ricordato, invitava a prendere parte ad una raccolta di fondi, proprio perché turbato e colpito soprattutto dai bambini che lui aveva incontrato nel percorso di trattamento.

‘’La mia malattia è molto brutta, ma vedere questi bambini che, come me, devono fare la radioterapia e devono sostenere queste cure molto forti, mi provoca angoscia…’’

Con queste parole Gunnar Nilsson, nei suoi ultimi giorni di vita, maturò la decisione di lanciare una raccolta di fondi per promuovere sia la ricerca contro il cancro, sia l’apertura di un centro per il trattamento di questa malattia.

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Chi era Gunnar Nilsson?

Oggi sono pochi coloro che lo ricordano, ma il 20 ottobre 1978, giorno della sua morte, la notizia fece il giro del mondo perché si trattava di un noto pilota di Formula Uno, già famoso per i buoni risultati nelle due sole stagioni disputate al volante della Lotus, team per il quale aveva debuttato nel 1976.

Alla fine della stagione 1977 Nilsson avvertiva, durante le operazioni di legatura delle speciali cinture addominali e inguinali che lo fissavano al sedile, un iniziale disagio fisico che lo spinse (forse non subito, ma questo non è certo) a recarsi da un medico. Le analisi dimostrarono la presenza di un seminoma, un raro tumore del testicolo che aveva già dato metastasi.

Gli sportivi, che lo aspettavano ad inizio 1978 al volante della macchina di una nuova scuderia, la Arrows, per la quale non corse purtroppo mai, ricevettero informazioni inizialmente filtrate e, solo in primavera, arrivò la verità.

In quei mesi Gunnar, un ragazzo svedese che in pochi anni era diventato famoso e ricco, abitualmente calato nel ruolo del pilota, dunque circondato da belle donne ed immerso in una vita sicuramente privilegiata, secondo i classici stereotipi (soprattutto di quel tempo) cambiò nel fisico e trovò anche il modo ed il tempo (cosa non facile, né frequente) di pensare a chi stava soffrendo come lui, e con lui.

Le sue apparizioni pubbliche in quel 1978 erano diventate naturalmente rare: gli sportivi lo videro nel luglio, in occasione del Gran Premio britannico sulla pista di Brands Hatch; dimagrito e completamente pelato, Gunnar dichiarò di sentirsi meglio e di voler tornare in pista presto; fu purtroppo l’ultima nota di ottimismo e di speranza.

A settembre l’altro svedese della Formula Uno, il bravissimo Ronnie Peterson, rimase ucciso come conseguenza di un incidente al via del Gran Premio italiano, a Monza; ai funerali che ebbero luogo il 16 settembre prese parte anche Gunnar, che apparve molto provato nel fisico e naturalmente nel morale, per l’amicizia che lo legava al connazionale.

Tutti capirono la gravità delle condizioni, ma naturalmente la speranza restava in tutti gli amici e gli sportivi: poche settimane dopo però ci fu un repentino peggioramento, ed il 20 ottobre la morte, avvenuta nell’ospedale di Charing Cross, a Londra, dove era stato seguito per l’intera durata della malattia.

Solo a morte avvenuta si scoprì che pochissimi giorni prima, chiedendo di sospendere i farmaci antidolorifici che lo rendevano soporoso, Gunnar redasse una lettera che volle rendere pubblica, ma che inviò anche a titolo personale a molti contatti del mondo del Motorsport e ad amici famosi, come gli Abba, Ingemar Stenmark, Bjorn Borg e altri personaggi che in quel tempo erano molto noti.

In questa lettera, Nilsson ammetteva di avere perduto la sua battaglia, ma chiedeva agli amici ed ai suoi tifosi una ultima cortesia: per essere ricordato, invitava a prendere parte ad una raccolta di fondi, proprio perché turbato e colpito soprattutto dai bambini che lui aveva incontrato nel percorso di trattamento.

Sarà la madre Elizabeth a inaugurare, insieme alla Principessa Anna d’Inghilterra, la struttura della fondazione, la “Gunnar Nilsson Cancer Foundation”, che porta il suo nome ancora oggi, 41 anni dopo, e che mette a disposizione di medici e ricercatori migliaia di euro, finanziando progetti e studi per la ricerca sul cancro.

Come pilota Gunnar Nilsson è stato una meteora, che ha comunque lasciato una traccia importante; ha vinto un Gran Premio (Belgio, 1977) e ha soprattutto convinto gli appassionati; come essere umano è stato generoso ed altruista, e nei tempi attuali di un marcato egoismo quel gesto, ragionato e attuato nelle ultime ore della sua vita, appare ancora più generoso e veramente nobile.

Le immagini allegate: con tuta rossa Nilsson a Montecarlo 1977, poi l’anno dopo, senza capelli, in trattamento radioterapico 1978, estate, con il pilota svedese Ronnie Peterson (morto prima di lui in corsa); la copertina di Autosprint con gli effetti della raccolta italiana e la targa a Londra nella ”sua” Fondazione.

Francesco Falli

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