Massimo Randolfi

Elevato stress, aggressioni verbali, a volte fisiche, inadeguato riconoscimento economico: ecco perché gli infermieri fuggono via dal Pronto Soccorso

Il sindacato infermieristico Nursind ha analizzato la difficile situazione dei pronto soccorso italiani.

In un comunicato ha spiegato per quali motivi nessuno voglia più lavorare in queste realtà:

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“Elevato stress, aggressioni verbali, a volte fisiche, inadeguato riconoscimento economico. E così dai servizi di emergenza della sanità brindisina medici ed infermieri cercano letteralmente di “scappare”.

Chi disilluso, chi stremato, chi non si sente valorizzato, cerca e spera in una diversa collocazione professionale. Un settore, infatti, quello della emergenza urgenza che richiede notevoli sacrifici ed è avaro di soddisfazioni oltre che notevolmente stressante, anche alla luce delle passate e delle recenti riorganizzazioni aziendali che hanno visto aumentare a dismisura la intensità e complessità assistenziale.

Il problema è profondo e rappresenta una vera emergenza che tocca aspetti essenziali di tutta l’organizzazione sanitaria. Per questo motivo il Nursind sostiene e condivide gli obiettivi del neonato Movimento del Personale di Emergenza-Urgenza, tanto più che una indennità che consta di poco più di 4 euro, è indecorosa per l’effettivo impegno e responsabilità richiesto a tale personale.

Per lo stesso motivo, in disaccordo con quanto emerso nella seduta del Consiglio Regionale del 09/03/2018, abbiamo reiterato la richiesta alle istituzioni regionali preposte, oltre che al management aziendale, il riconoscimento e quindi la valorizzazione delle gravose responsabilità del personale in servizio presso i Pronto Soccorso e 118, oltre che la concessione di audizione in Commissione Sanità al fine di sottoporre in maniera compiuta alle istituzioni regionali le nostre proposte.

Appare, infatti, fortemente lesivo della professionalità di tutti gli operatori continuare a dare una visione di secondo ordine del servizio di pronto soccorso e 118 rispetto a tutto quanto riguarda l’assistenza praticata nelle cosiddette aree critiche; e’ di solare evidenza il disagio e rischio a cui sono sottoposti giornalmente gli operatori di detti servizi, oltre che la circostanza che l’immediatezza dell’intervento, con cure che hanno il carattere della prima rianimazione d’urgenza, si pratica appunto presso quei centri per conseguire poi quel risultato ottimale finale con la terapia a lungo termine; non può sottacersi che il primo intervento, proprio per la natura stessa dell’emergenza-urgenza praticato dal 118 e dal pronto soccorso, sia da considerare come impegno assistenziale di tipo intensivo, sia pure dalla durata variabile di pochi minuti o dall’intera giornata, se i fatti critici si susseguono o si ripresentano nell’arco della stessa giornata.

Auspichiamo quindi un ripensamento da parte delle istituzioni regionali, nelle more una iniziativa autonoma da parte del management aziendale al fine di valorizzare e riconoscere il gravoso impegno degli operatori interessati, l’impegno in tal senso da parte di tutte le OO.SS” .

Simone Gussoni

Fonte: Brindisioggi

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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