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Diabete di tipo 2, arriva in Italia la prima terapia Glp-1 sotto forma di compresse

Semaglutide va assunto una volta al giorno e, secondo gli esperti, segna l’inizio di una nuova era per il trattamento della malattia.

E’ arrivato anche in Italia, rimborsato dal Servizio sanitario nazionale per le persone con diabete di tipo 2, il primo farmaco agonista del recettore del Glp-1 in versione “pillola”. Si chiama Semaglutide (Rybelsus, Novo Nordisk) ed è appunto formulato in compresse. Va assunto una volta al giorno e, secondo gli addetti ai lavori, segna l’inizio di una nuova era per il trattamento di una malattia cronica che colpisce nel nostro Paese circa 3,5 milioni di persone, il 7% della popolazione adulta.

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“Nonostante la disponibilità di un ampio spettro di opzioni terapeutiche e la dimostrazione dell’importanza di un adeguato controllo metabolico per prevenire o ritardare l’insorgenza delle complicanze del diabete tipo 2, una percentuale di pazienti non raggiunge i target terapeutici desiderati – spiega Graziano Di Cianni, direttore Uoc Diabetologia e malattie del metabolismo, Asl Toscana Nord-Ovest –. I dati degli Annali Amd documentano” infatti “come, pur di fronte a un miglioramento nel tempo degli indicatori di qualità della cura, solo un paziente su due presenti un valore di emoglobina glicata (HbA1c) inferiore al 7%, soglia richiesta dalle principali linee guida di cura della malattia”.

“L’iperglicemia, insieme all’eccesso di peso, all’ipertensione arteriosa, alle alterazioni del metabolismo lipidico, al fumo rappresenta un fattore di rischio per malattia cardiovascolare che è modificabile – sottolinea Agostino Consoli, professore ordinario di Endocrinologia dell’Università di Chieti e direttore Uoc territoriale Endocrinologia e metabolismo, Asl Pescara –. Il trattamento simultaneo di più fattori di rischio contribuisce certamente a rallentare e/o a prevenire malattie cardiovascolari su base aterosclerotica, come infarti e ictus, che sono tra le principali cause di invalidità e mortalità in Italia. Al momento però ben l’80% delle persone con diabete tipo 2 non raggiunge livelli target di emoglobina glicata, pressione arteriosa e lipoproteine a bassa densità”.

“Semaglutide compresse è un innovativo farmaco orale per il trattamento del diabete tipo 2, frutto di anni di studio – afferma Amal Chalfoun, Clinical, Medical and Regulatory Director di Novo Nordisk Italia –. I laboratori Novo Nordisk sono riusciti a realizzare una particolare tecnologia che prevede la co-formulazione del principio attivo con un potenziatore dell’assorbimento: il salcaprozato di sodio (Snac). Grazie all’azione protettiva dello Snac verso gli enzimi digestivi, l’assorbimento di semaglutide orale avviene nello stomaco e permette al farmaco di esprimere al meglio la sua efficacia”.

“Il farmaco – dettaglia una nota – è stato oggetto di un ampio programma di studi clinici chiamato Pioneer, condotto su 9.543 adulti con diabete tipo 2, che ne ha dimostrato la superiore efficacia nella riduzione del livello di emoglobina glicata e nella perdita di peso rispetto alle altre classi di antidiabetici orali in commercio. Ad esempio nello studio Pioneer 3, che lo ha messo a confronto con un inibitore del Dpp-4 (Dpp-4i), entrambi in aggiunta a metformina da sola o con sulfonilurea, è stata osservata, dopo sei mesi di trattamento, una riduzione della HbA1c di 1,3 punti per cento con semaglutide rispetto a 0,8 per cento ottenuto con il Dpp-4i. Nello stesso studio, la diminuzione del peso corporeo con semaglutide orale è stata di 3,4 kg rispetto a 1 kg con il Dpp-4i, dopo 1 anno e mezzo di somministrazione. Analogamente, nello studio Pioneer 2 semaglutide orale, valutato testa a testa con un inibitore selettivo del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (Sglt2i), entrambi in associazione con metformina, ha mostrato una riduzione della HbA1c di 1,3 punti per cento rispetto ai 0,9 punti per cento con l’Sglt2i e una significativa riduzione della circonferenza vita (-3,7 cm rispetto a -3 cm)”.

“Il raggiungimento del controllo glicemico è sicuramente l’aspetto più importante per un farmaco indicato per il trattamento del diabete – rimarca Riccardo Candido, responsabile Ss Centro Diabetologico, Distretto 4, Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina di Trieste –. Basti pensare che la riduzione del livello di emoglobina glicata anche di un solo punto percentuale è in grado di ridurre drasticamente le complicanze della malattia. Ma anche il controllo del peso non è da sottovalutare. L’eccesso di peso, al pari dello scompenso glicemico e dell’ipertensione, rappresenta ancora oggi uno dei più impattanti fattori di rischio per lo sviluppo di complicanze cardiovascolari nei pazienti con diabete tipo 2. I dati degli Annali Amd evidenziano come l’80% dei pazienti con diabete siano in sovrappeso o obesi. Tenere contemporaneamente sotto controllo glicemia e peso è certamente un vantaggio importante”.

“Negli studi clinici – osserva Angelo Avogaro, direttore Uoc Diabetologia e malattie metaboliche, Azienda ospedaliera-universitaria di Padova – Semaglutide ha dimostrato anche un effetto positivo sui lipidi plasmatici, sulla riduzione della pressione arteriosa sistolica e dell’infiammazione, tutti parametri importanti per la prevenzione del rischio cardiovascolare. Le persone con diabete tipo 2 hanno un rischio di andare incontro a coronaropatia o infarto sino a quattro volte superiore alle persone sane, per cui anche il controllo dei parametri extra-glicemici non deve essere sottovalutato. Sappiamo oggi che è importante non solo curare la malattia cardiovascolare nei pazienti con diabete che la sviluppano, ma soprattutto intervenire tempestivamente e in modo efficace fin dai primi anni sui fattori di rischio cardiovascolare, allo scopo di modificare precocemente la traiettoria del rischio su questi pazienti e prevenire quindi l’insorgenza di complicanze”.

“Come indicato dallo studio Capture, il più grande studio epidemiologico al mondo sul rapporto tra diabete tipo 2 e malattie cardiovascolari, una persona con diabete tipo 2 su tre ha una malattia cardiovascolare, che nel 90% dei casi è di natura aterosclerotica”, conclude la nota.

Redazione Nurse Times

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