Ordinanza n. 23431/2025, interpretazioni fuorvianti: la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, nessuna svolta sulla giurisprudenza in materia di infermieri
Negli ultimi giorni alcune testate giornalistiche hanno diffuso notizie secondo cui la Corte di Cassazione avrebbe modificato il proprio orientamento giurisprudenziale sul tema del demansionamento infermieristico – definito da molti professionisti come vero e proprio “sfruttamento professionale”. Una presunta svolta che ha creato allarmismo nella categoria degli infermieri e nel mondo della sanità.
La realtà, tuttavia, è diversa: la Cassazione, con l’ordinanza n. 23431/2025 del 17 agosto 2025, non ha cambiato affatto rotta. La Corte, infatti, ha semplicemente dichiarato inammissibile il ricorsopresentato, senza entrare nel merito della questione relativa all’art. 2103 del Codice civile e al presunto demansionamento.
Cassazione e infermieri: cosa dice davvero l’ordinanza
Secondo il testo ufficiale, ancora non pubblicato integralmente sul portale della Suprema Corte, i giudici hanno ribadito un principio chiaro:
“Il ricorso per Cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata. È necessario che venga contestata specificamente, a pena di inammissibilità, la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione”.
Nel caso di specie, i ricorrenti non avrebbero contestato in maniera adeguata la motivazione della sentenza di merito. In più, la Corte ha sottolineato che la violazione del codice deontologico non può costituire motivo di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Il risultato è stato quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza alcuna modifica della consolidata giurisprudenza in materia di demansionamento.
Demansionamento infermieristico: un problema ancora attuale
Il tema del demansionamento – o sfruttamento professionale – resta però centrale nella cronaca sanitaria italiana. In numerosi ospedali, gli infermieri denunciano ancora di essere impiegati in mansioni non coerenti con la loro qualifica, con effetti negativi sulla qualità dell’assistenza e sul benessere degli operatori.
L’art. 2103 del Codice civile, che disciplina il diritto del lavoratore a non essere adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato assunto, rappresenta il principale riferimento normativo. Tuttavia, le condizioni di carenza di personale, turni massacranti e aumento delle complessità cliniche spesso rendono difficile la sua piena applicazione in ambito sanitario.
L’interpretazione errata dei media
L’eco mediatica della notizia ha alimentato confusione e preoccupazione. Titoli sensazionalistici hanno lasciato intendere che la Suprema Corte avesse rivisto la sua linea giurisprudenziale, aprendo la strada a una sorta di “legittimazione” del demansionamento infermieristico.
Una ricostruzione smentita dai fatti. Come chiarisce Matteo Incaviglia, esperto di infermieristica legale, HR e contenzioso sindacale:
“In realtà la Cassazione non ha cambiato nessun orientamento, come da taluni erroneamente interpretato. L’ordinanza si limita a dichiarare inammissibile il ricorso per difetto di motivazione, senza intaccare i principi consolidati in materia”.
Implicazioni per la sanità e gli infermieri
Il caso dimostra quanto sia importante una corretta lettura delle sentenze, soprattutto quando riguardano temi sensibili come la tutela degli infermieri negli ospedali italiani. La cronaca sanitaria è spesso terreno di disinformazione, con effetti potenzialmente dannosi sulla percezione pubblica e sulla fiducia degli operatori.
Gli aggiornamenti giurisprudenziali in materia di salute e lavoro devono quindi essere comunicati con chiarezza e rigore, evitando di alimentare allarmismi infondati.
Se da un lato la Cassazione non ha modificato il proprio orientamento, dall’altro il tema del demansionamento infermieristico resta aperto e merita un confronto politico e sindacale. Le organizzazioni professionali chiedono da tempo norme più stringenti per garantire il rispetto delle competenze, valorizzare la professione e contrastare fenomeni di sfruttamento.
In attesa di eventuali interventi legislativi o di nuove pronunce giurisprudenziali, il messaggio della Suprema Corte è chiaro: le regole sul ricorso vanno rispettate, e la violazione del codice deontologico non costituisce motivo sufficiente per un annullamento in sede di legittimità.
Sentenze precedenti della Cassazione sul demansionamento infermieristico
1. Cassazione Civile, Sez. Lav., Ordinanza n. 12138/2025 (8 maggio 2025)
Stabilisce che l’adibizione di infermieri a mansioni da OSS è legittima soltanto se occasionale e marginale, e non sistematica (olympus.uniurb.it)
2. Cassazione Civile, Sez. Lav., Sentenza n. 7683/2025 (22 marzo 2025)
Riconosce il demansionamento quando lo svolgimento di mansioni da OSS è stato prevalente nel tempo, senza sufficiente valutazione qualitativa e temporale da parte del giudice di merito (olympus.uniurb.it)
3. Cassazione Civile, Sez. Lav., Sentenza n. 7640/2024 (25 marzo 2024)
Affermato che il datore di lavoro è responsabile del danno non solo alla professionalità, ma anche alla salute psicologica della lavoratrice demansionata (www.giuslavoristi.it)
4. Ordinanza n. 3400/2025 (10 febbraio 2025)
Sul risarcimento del danno da demansionamento incide anche il mancato aggiornamento tecnologico del dipendente, soprattutto in contesti evolutivi: un ulteriore parametro da considerare nella quantificazione del danno (www.lavorosi.it)
Redazione NurseTimes
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