Il 2025 sarà ricordato come l’anno delle grandi dichiarazioni sulle riforme sanitarie: ruoli avanzati, DM 77, lauree specialistiche e Case di Comunità. Sui reparti, però, la realtà è rimasta immutata e a reggere il sistema sono stati ancora una volta gli infermieri.
Tra annunci e realtà: la contraddizione del 2025
Il 2025 è stato dipinto nei palazzi come l’anno della “svolta” per l’infermieristica italiana: tavoli tecnici, decreti annunciati, progetti di riorganizzazione territoriale e promesse di nuove carriere. Nelle notizie e nei comunicati istituzionali i temi si sono susseguiti con enfasi — autonomia professionale, DM 77, lauree specialistiche, Case di Comunità — ma nella quotidianità dei reparti molti infermieri hanno trovato soltanto turni aggiunti, organici ridotti e responsabilità crescenti. Questo articolo analizza il divario fra le riforme annunciate e la pratica assistenziale, le conseguenze per la qualità dell’assistenza e le priorità concrete per il 2026.
Riforme sulla carta, corridoi immutati: cosa è successo nel 2025
Il dibattito pubblico del 2025 è stato dominato dalle promesse di trasformazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Sui media si è parlato di:
- Ruoli avanzati e percorsi specialistici per infermieri;
- Riorganizzazione territoriale e potenziamento delle Case di Comunità;
- DM 77/22 e altre misure strutturali.
Tuttavia, in molte realtà ospedaliere e sul territorio la percezione è stata diversa: le novità sono perlopiù annunci, con scarsa attuazione pratica, finanziamenti insufficienti o procedure di attivazione lente. Il risultato è stato uno sfasamento tra l’agenda politica e la realtà organizzativa in corsia.
Lauree specialistiche e infermiere di famiglia: promesse distanti dalla pratica
Le lauree specialistiche sono state presentate come il cuore della riforma professionale: tre indirizzi principali (intensivo-emergenza, pediatrico-neonatale, cure primarie) promettono percorsi di alta formazione e ruoli clinici avanzati. Ma l’attivazione dei corsi, il relativo finanziamento, la definizione dei ruoli e la stabilizzazione dei docenti restano passaggi ancora da completare. Parallelamente, il modello dell’“infermiere di famiglia e comunità” è spesso rimasto un concetto più che un servizio consolidato: molte Case di Comunità risultano ancora strutture con limiti organizzativi o servizi non integrati con la popolazione.
Tavoli tecnici e partecipazione: parlavano del infermiere, raramente con l’infermiere
Il 2025 ha visto numerosi tavoli e comitati. Ma la partecipazione reale degli operatori di prima linea — quelli che quotidianamente gestiscono carichi di lavoro e complessità cliniche — è stata spesso limitata. Ciò ha generato piani e linee guida che non sempre rispondono ai vincoli pratici dei reparti: coperture di turno, turnazioni impreviste, mancanza di tempo per la formazione continua e burn-out. Le decisioni prese lontano dalla pratica rischiano di restare scollegate dai reali bisogni clinici.
Impatto sui professionisti e sulla qualità dell’assistenza
Il quadro descritto ha conseguenze tangibili:
- Aumento del carico di lavoro e del ricorso all’organizzazione “di fortuna”;
- Riduzione delle opportunità di formazione e carriera per molti infermieri;
- Crescente mismatch tra competenze richieste e risorse disponibili;
- Rischio per la qualità dell’assistenza quando gli organici non sono adeguati.
In sintesi, il “miracolo” che ha mantenuto operativo il SSN nel 2025 è stato spesso il frutto della resilienza individuale e dello spirito di adattamento degli infermieri, non di investimenti strutturali.
Cosa deve cambiare nel 2026: priorità concrete per trasformare le promesse in fatti
Per evitare che il ciclo degli annunci si ripeta, il 2026 richiede misure concrete, verificabili e misurate. Tra le priorità operative:
- Finanziamento mirato e tempi di attuazione certi per l’attivazione delle lauree specialistiche e per i percorsi formativi degli infermieri specialisti.
- Piani di stabilizzazione del personale docente e clinico per garantire che i corsi non restino solo declamati.
- Indicatori e monitoraggio: obiettivi misurabili (numeri di professionisti formati, posti attivati nelle Case di Comunità, rapporto infermiere-paziente) per valutare l’attuazione delle riforme.
- Coinvolgimento reale degli operatori: rappresentanza diretta di infermieri di prima linea nelle decisioni operative e nei tavoli tecnici.
- Investimenti su organici e welfare del personale per ridurre il ricorso al sovraccarico e prevenire il burn-out.
- Piani territoriali integrati che rendano le Case di Comunità effettive punti di cura e non semplici strutture amministrative.
- Una seria politica salariale che adegui gli stipendi degli infermieri agli standard europei.
Queste azioni, coordinate e con scadenze definite, possono trasformare gli annunci in impatto reale per i cittadini e per i professionisti.
Conclusione: dalle parole ai reparti, un esame per il 2026
Il 2025 ha insegnato che l’infermieristica italiana è riuscita a sorreggere il SSN grazie alla dedizione e all’adattamento degli operatori, ma non è sostenibile che la resilienza personale sostituisca le riforme strutturali. Le istituzioni hanno davanti a sé un test pratico: dimostrare che le promesse possono scendere dai palazzi fino ai corridoi. Se il 2026 saprà mettere in campo misure verificabili — finanziamento, formazione, politica salariale, organici e partecipazione — allora potremo parlare davvero di svolta.
Altrimenti, la rivoluzione annunciata resterà, ancora una volta, sulla carta.
Buon 2026 da tutto lo Staff di NurseTimes!
Redazione NurseTimes
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