Il Tribunale di Chieti ha emesso una sentenza significativa riguardante il demansionamento di una dipendente. La Corte ha stabilito che la lavoratrice è stata demansionata con un trasferimento e ha ordinato la sua reintegrazione nelle mansioni precedentemente svolte. Inoltre, l’azienda è stata condannata a risarcire i danni per dequalificazione professionale.
I Fatti
La dipendente, che lavorava presso una banca dal 1992, aveva ricoperto il ruolo di quadro direttivo di secondo livello a partire dal 2004. Nel dicembre 2011, aveva assunto l’incarico di “responsabile dell’ufficio segreteria fidi” presso la sede centrale. Tuttavia, nel dicembre 2013, venne trasferita alla succursale con l’incarico iniziale di “vice reggente” e, successivamente, dal maggio 2014, di “responsabile operativo”.
La lavoratrice ha presentato ricorso al Tribunale di Chieti, sostenendo di essere stata demansionata con il trasferimento e richiedendo la reintegrazione nelle mansioni precedenti e il risarcimento dei danni subiti.
La Sentenza
Il Tribunale ha emesso una sentenza favorevole alla lavoratrice. Ecco i punti salienti:
- Reintegrazione nelle mansioni precedenti: La banca è stata obbligata a reintegrare la dipendente nelle mansioni che aveva precedentemente svolto o in mansioni equivalenti.
- Risarcimento dei danni: L’azienda è stata condannata a risarcire i danni per dequalificazione professionale. La somma stabilita è di euro 87.587,00, pari al 50% della retribuzione mensile percepita a dicembre 2013, moltiplicata per i 42 mesi intercorrenti fino alla data della sentenza.
Il concetto di illecito permanente
La Corte ha sottolineato che il comportamento datoriale in questo caso costituisce un illecito permanente. Questo concetto si applica anche in altri settori ordinamentali. L’illecito permanente si verifica quando la durata dell’offesa è correlata al permanere della condotta colpevole dell’agente. In altre parole, l’illecito permanente persiste nel tempo, anche se la condotta illecita iniziale è cessata.
Nel caso del demansionamento, l’adibizione a mansioni inferiori viola l’art. 2103 c.c. e crea una situazione illecita. Questa situazione può venire meno solo se il datore di lavoro, esercitando nuovamente il suo ius variandi, adibisce il dipendente a mansioni che rispettino i limiti posti dal legislatore. Se ciò non avviene, la situazione antigiuridica permane per scelta del datore di lavoro.
Redazione Nurse Times
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