Covid-19. Rino Negrogno, infermiere 118 “Se continua così…”

Oltre al nostro eroismo, quello degli operatori sanitari, di cui faccio parte, che è encomiabile, rischiamo la vita, e non è la prima volta che lo facciamo, dobbiamo escogitare una soluzione anche per quegli eroi che devono mantenere le loro famiglie e non sanno come fare, hanno il coraggio e la forza sovrumana di non essere ancora diventati zombi.

Ovunque si parla di Covid-19, cambio canale perché per questa sera ne ho abbastanza, nulla da fare, si parla ancora di Cvid-19.

Tra l’altro apprendo dai giornali che a Trani è morto un paziente che ne era affetto. Gli ho parlato, avevamo entrambi la mascherina sul viso, e per questo ci parlavamo senza intenderci appieno. Perché non ci si può intendere del tutto, se non si osservano le piegature del volto. Non mi era mai accaduto di essere più preoccupato io di quanto non lo fosse il paziente; è questa la vera novità, almeno per noi operatori sanitari, quella di essere più impensieriti noi del paziente. E lui se ne rendeva conto . Solitamente, almeno gli operatori più sensibili, provano una certa empatia nei confronti del paziente, soffrono per i suoi mali, condividono la sofferenza dei suoi famigliari, ma non era mai accaduto che un operatore sanitario fosse più preoccupato del paziente.

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Come è accaduto quando quel paziente, vedendomi sofferente, con il respiro affaticato per via della mascherina, gli occhiali protettivi completamente appannati, mi ha chiesto, con molta compassione, mentre palpavo una vena per inserirvi l’ago, come riuscissi a vedere. Subito dopo la compassione ha lasciato il posto all’ansia e infatti mi ha suggerito di deviare l’ago più a sinistra.

Una situazione insolita, anzi unica. Ovunque parlano di medici e infermieri ed è gusto. Io sono uno di quegli infermieri e ho paura di contagiarmi e, soprattutto, di contagiare i miei familiari.

Ma non sono solo preoccupato per me. Non sono così egoista. Rifletto spesso su una questione. Pur rischiando e mettendo a repentaglio la mia e la vita dei miei familiari, non devo pormi, almeno per ora, il problema del sostentamento.

Ma gli altri? Il bar di Damiano dove ero solito fare colazione quando smontavo dalla notte, è chiuso da ormai quasi un mese. E tutti gli altri? Tutti quelli che non lavorano da quasi un mese e che grazie al loro lavoro vivevano e mantenevano la famiglia? Persino la puttana che salutavo ogni volta che con l’ambulanza passavo davanti all’uscita Barletta sud, non c’è più.

Come fanno?

Come faremo se continua così?

Vi ricordate i film sugli zombi? Non uno in particolare, tanto sono tutti uguali: pochi fortunati non sono stati ancora morsi, ma non appena morsi, hanno fame, e hanno fame soltanto di quei pochi fortunati che non sono stati morsi.

Oltre al nostro eroismo, quello degli operatori sanitari, di cui faccio parte, che è encomiabile, rischiamo la vita, e non è la prima volta che lo facciamo, dobbiamo escogitare una soluzione anche per quegli eroi che devono mantenere le loro famiglie e non sanno come fare, hanno il coraggio e la forza sovrumana di non essere ancora diventati zombi.

Più aspettiamo e peggio è.

Rino Negrogno

Redazione Nurse Times

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