Coronavirus, varianti newyorkese e californiana spaventano gli Usa (e non solo)

Il ceppo che si sta diffondendoi a New York sembra più resistente ai vaccini. Quello della California sarebbe più efficace del 40% nell’infettare le cellule umane.

Una nuova variante di coronavirus, denominata B.1.526, si sta rapidamente diffondendo a New York e minaccia di indebolire l’efficacia dei vaccini. Isolata per la prima volta nel novembre scorso, rappresenta un caso su quattro di infezioni.

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Gli scienziati ne hanno osservato due versioni: una con la mutazione E484K sulla proteina Spike, in grado di eludere in parte gli anticorpi neutralizzanti preesistenti a causa di una precedente infezione o indotti dal vaccino; un’altra con la mutazione S477N, che può influenzare la forza con cui il virus si lega alle cellule umane. A metà febbraio rappresentavano circa il 27% delle sequenze virali di New York depositate nel database GISAID.

I due studi preliminari in merito, citati dal New York Times, non sono stati ancora sottoposti a revisione paritaria. Pertanto i risultati andranno confermati. «La comparsa di questa variante non è una notizia felice, ma averla intercettata è positivo perché forse possiamo fare qualcosa per contrastarla», ha dichiarato Michel Nussenzweig, immunologo dell’Università Rockfeller.

Diverse ricerche hanno dimostrato che le varianti contenenti la mutazione E484K sono più resistenti ai vaccini anti-Covid rispetto alla forma originale del virus, perché la mutazione interferisce con l’attività di una classe di anticorpi che quasi tutti producono. «È molto probabile – ha sottolineato Nussenzweig – che le persone guarite dal coronavirus o già vaccinate siano in grado di combattere questa variante, ma potrebbero comunque ammalarsi, anche se probabilmente in modo meno grave. Possono anche infettare altri e mantenere il virus in circolazione, cosa che potrebbe ritardare l’immunità di gregge»

.

Ma le cattive notizie dagli Stati Uniti non finiscono qui. Un’altra variante (CAL.20C), segnalata per la prima volta in California nel luglio scorso e appunto denominata “californiana”, si sta diffondendo anche fuori dagli Usa. Una lettera pubblicata su Jama dai ricercatori del Cedars-Sinai di Los Angeles sottolinea che questa mutazione rappresenta quasi la metà dei casi della California meridionale.

Secondo un nuovo studio, anch’esso non ancora revisionato, le persone risultate positive alla variante californiana presentavano il doppio della carica virale rispetto a quelle infettate dal virus originale. Dalle analisi di laboratorio è inoltre emerso che il nuovo ceppo sarebbe più efficace del 40% nell’infettare le cellule umane e potrebbe anche essere in grado di eludere la risposta immunitaria indotta da infezioni precedenti e dagli attuali vaccini anti-Covid. Sembra, comunque, che l’effetto di questa variante sull’immunità sia inferiore a quello della variante sudafricana, contro la quale Moderna ha appena presentato un nuovo vaccino.

I ricercatori guidati dal dottor Charles Chiu, virologo dell’Università della California (San Francisco), hanno osservato una maggiore percentuale di decessi legati alla variante californiana. Tuttavia il campione non è statisticamente significativo perché sono decedute solo 12 persone su 308. Per fare chiarezza serviranno quindi ulteriori indagini.

Redazione Nurse Times

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