Coronavirus, spesa di 1 miliardo e 226 milioni per oltre 144mila ricoveri

Come noto, la Lombardia è la regione più coinvolta.

“Si comincia a intravedere l’impatto economico dell’epidemia Covid-19, caratterizzato da enormi costi complessivi per i ricoveri dei pazienti affetti da nuovo coronavirus, e dalla contrazione enorme dei ricoveri ordinari che potrebbe tradursi in cattiva salute futura dei pazienti e quindi in una maggiore prossima spesa sanitaria. Per i 144.658 ricoveri per Covid-19, effettuati e conclusi, la spesa, in base alle tariffe DRG, si stima pari a 1.226.137.474 di euro, di cui il 33% sostenuto per i casi trattati in Lombardia. Il DRG medio (il totale della spesa diviso per il numero di ricoveri) è stimato pari a 8.476 euro. Per i 23.069 ricoveri per Covid-19 stimati conclusi per il decesso del paziente, la spesa, sempre in base alle tariffe DRG, si stima pari a 225.958.333 euro, di cui ben il 48% sostenuto per i casi trattati in Lombardia. Il DRG medio in questo caso è stimato pari a 9.796 euro.

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Il DRG medio riferito a ricoveri ordinari, che nel 2018 risultava di 3.866,56 euro, in 4 mesi di emergenza Covid ha subito ripercussioni e contrazioni: si stima una riduzione di 860.000 ricoveri ordinari e di 3,3 miliardi di € di spesa complessiva. Rimane da verificare se tale ‘perdita’ di attivita’ avra’ ripercussioni sia sulla salute dei pazienti, sia sull’attivita’ futura di ricovero (con possibili perdite economiche in particolare per gli istituti privati accreditati). Sono alcuni dei dati della nona puntata dell’Istant Report Covid-19, la seconda nella fase 2. Da questo numero il report si arricchisce dell’analisi dell’impatto economico dell’emergenza COVID-19 nella prospettiva del Servizio sanitario nazionale. Si tratta di una iniziativa dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale, per la prima volta prendendo in considerazione L’analisi riguarda tutte le 21 Regioni e Province autonome con un focus dedicato alle Regioni in cui e’ stato maggiore il contagio (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Lazio).

Così, in un comunicato, l’Università Cattolica di Roma. Il gruppo di lavoro dell’Università Cattolica è coordinato da Americo Cicchetti, professore ordinario di Organizzazione aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con l’advisorship scientifica del professor Gianfranco Damiani e della dottoressa Maria Lucia Specchia, del Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica (Sezione di Igiene).

Considerando inoltre 176.145 giornate di degenza (al 26 maggio) in terapia intensiva, ad un costo giornaliero medio di 1425 euro, il costo totale a livello nazionale ammonterebbe a 250 milioni di euro, di cui il 36% sostenuto in strutture ospedaliere della Lombardia. La stima dei costi di TI al momento è basata su un costo medio e non tiene conto del maggior costo dovuto al ricorso alla ventilazione meccanica. Si è in attesa della validazione delle ipotesi fatte da parte di clinici esperti nel trattamento dei pazienti Covid-19.

“L’impatto del Covid-19 per il Paese e le regioni si misura in primo luogo sul numero dei morti direttamente riconducibili al virus – commenta il professor Cicchetti –. Inizia ad emergere, però, che le ricadute per la salute degli italiani della pandemia sono la parte forse piu’ rilevante dell’Iceberg Covid-19. Si cominciano a intravedere anche gli effetti economici sul Ssn: aver perso quasi 1 milione di ricoveri per un valore tariffato di 3,3 miliardi significa aver ‘prodotto’ meno salute. Ben 36 studi stanno iniziando a testimoniare il fatto che la minore attivita’ del Ssn potrebbe lasciare un’eredità ancor peggiore di quella che abbiamo sperimentato sinora”.

A partire dal Report #4 la collaborazione si è estesa al Centro di Ricerca e Studi in Management Sanitario dell’Università Cattolica (Professor Eugenio Anessi Pessina) e al Gruppo di Organizzazione dell’Università Magna Græcia di Catanzaro (professor Rocco Reina). Il team multidisciplinare è composto da economisti ed aziendalisti sanitari, medici di sanità pubblica, ingegneri informatici, psicologi e statistici. La finalitaà è comprendere le implicazioni delle diverse strategie adottate dalle Regioni per fronteggiare la diffusione del virus e le conseguenze del Covid-19 in contesti diversi per trarne indicazioni per il futuro prossimo e per acquisire insegnamenti derivanti da questa drammatica esperienza. Assistenza sanitaria per i pazienti non Covid.

Si stanno moltiplicando le pubblicazioni scientifiche, che presentano le prime evidenze relative all’impatto, che ha avuto l’emergenza sull’assistenza fornita a pazienti non-Covid-19 in Italia.

Cardiologia – Complessivamente da fine febbraio emerge una contrazione significativa nel numero dei ricoveri per sindrome coronarica acuta con ripercussioni sul numero di interventi di angioplastica coronarica (PCI). Si riscontra in termini di PCI un calo maggiore per le donne sebbene i campioni di pazienti risultino omogenei in termini di composizione per età e sesso.

Lo studio relativo al un solo centro hub evidenzia, però, un tasso di PCI comparabile nei due anni. Utile per un’analisi critica del fenomeno e’ anche l’esperienza del centro Covid-19 che dettaglia le scelte strategiche adottate (come la riduzione delle procedure con maggiore impatto sulla terapia intensiva). La survey condotta dalla Società Italiana di Cardiologia (SIC) evidenzia come a fronte di una contrazione nel numero di ricoveri per IMA (-48%), vi sia un aumento nei decessi sia in valore assoluto (31 vs. 17) sia considerando il case fatality rate (13.7% vs. 4.1%). Inoltre, nel 2020 è aumentato in maniera significativa il tempo trascorso sia tra l’insorgenza dei sintomi e l’angiografia, sia tra il primo contatto con un operatore sanitario e l’intervento.

Diffusione dell’uso dei tamponi diagnostici – Il trend nazionale è in crescita: rispetto alla settimana scorsa, in Italia il tasso per 100.000 abitanti e’ passato da 7,14 a 7,21. Il tasso settimanale più basso si registra in Sicilia (e’ di 3,13 tamponi per mille abitanti nell’ultima settimana); il tasso più alto si registra in Veneto (15,99 per mille abitanti), mentre il Lazio si ferma a 4,27, sotto la media nazionale (7,21 tamponi per mille abitanti). Osservando il dato dall’inizio dell’epidemia a livello nazionale il 3,73% ha ricevuto il tampone. Il valore massimo nella P.A. di Trento con il 8,49%, il minimo in Campania (1,48%). Cambia l’uso delle terapie intensive. Oggi le Regioni con il maggiore rapporto tra ricoverati in TI e totale dei ricoverati sono le regioni del Centro-Nord, come la Toscana (19%) e Marche, Umbria ed Emilia-Romagna (14%). In forte aumento il Molise (al 28%), quest’ultimo ha piu’ che raddoppiato questo rapporto rispetto alla scorsa settimana (18%), un trend in aumento da più di due settimane; in Lombardia e Piemonte la % scende leggermente attestandosi al 4,81% e 5,68% rispettivamente. Ancora alta nel Lazio (5,17%), mentre in Sicilia in aumento (10,75%).

La digitalizzazione in epoca di Covid-19 – Continua l’implementazione di soluzioni di telemedicina: il trend di crescita del numero totale delle iniziative avviate dalle singole aziende è circa il 10% in piu’ rispetto alla settimana scorsa (totale attuale, 149).

Aumenta significativamente il numero delle soluzioni per assicurare l’accesso alle cure dei pazienti ordinari (+12%), rispetto a nessun aumento delle soluzioni dedicate ai pazienti Covid. Per la gestione dei pazienti covid la maggior parte delle soluzioni (due terzi) si basa su app e piattaforme dedicate. Nelle altre patologie è invece preponderante l’utilizzo di strumenti web generalizzati ed anche del solo contatto telefonico (circa 80%). È stato aggiunto l’incremento dall’ultima settimana nelle tipologie dei servizi erogati. Le televisite costituiscono il 48% del totale delle prestazioni, con un incremento del 15% rispetto alla scorsa settimana. A riprova della crescente importanza di seguire i pazienti ordinari e tentare di recuperare le situazioni di fermo degli ultimi mesi. È stata aggiunta una tabella con i riferimenti alle delibere regionali (al momento, 5) sui criteri di erogazione delle prestazioni in telemedicina, ad integrazione di quanto definito nelle linee guida nazionali, già recepite da tutte le regioni nel 2014.

Assume estrema rilevanza l’analisi della “readiness” delle Regioni per la fase 2. L’analisi delle delibere regionali mostra che se per la fase 1 ben 16 Regioni hanno predisposto un provvedimento di “Programmazione Sanitaria Regionale”, a distanza di 7 giorni dall’ultimo aggiornamento, sembrerebbe che nessuna Regione abbia emanato delibere o atti relativi alla riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera per la fase 2. Rimangono 9 le regioni che hanno definito, seppure con diverso grado di dettaglio, l’assetto della rete ospedaliera per il Covid-19 nella fase 2.

Permane quindi la forte differenziazione tra il Centro-Nord e il Sud in Italia. Infatti, al momento solo la Sicilia sembrerebbe aver definito le modalità organizzative per l’assistenza ospedaliera da dedicare ai pazienti affetti da coronavirus. In riferimento alle “Linee di indirizzo per la ripresa delle attività ospedaliere ed ambulatoriali” non legate all’emergenza Covid-19, ad oggi l’85% delle Regioni Italiane ha definito pratiche e raccomandazioni che stanno consentendo di far ripartire l’attività ambulatoriale e chirurgica in elezione, sospese durante la fase 1 dell’emergenza dovuta alla diffusione del Covid-19. Rispetto al precedente aggiornamento, Sardegna, Molise e Trentino-Alto Adige (nello specifico l’Azienda sanitaria del Sud Tirolo) si sono aggiunte.

I documenti di programmazione si sono in particolare concentrati sull’individuazione dei Covid-Hospital, così come suggerito dalla strategia in 5 punti del Ministero della Salute. Tre approcci sembrano delinearsi al momento: quello dell’ospedale Covid unico regionale (Marche, Umbria, Abruzzo, Sicilia, Basilicata e Sardegna), quello della Rete “stellare” di ospedali Covid-19 (vedi Lombardia, Liguria, Veneto e Toscana), e quello della rete “Hub & Spoke” che caratterizza il Lazio, che ha suddiviso le strutture ospedaliere distribuite in 9 aree che fanno riferimento a 5 Covid-Hospital (alcuni coprono piu’ aree), ma anche Emilia-Romagna (con una rete hub&spoke per le terapie intensive), Puglia e Calabria. L’analisi mostra una leggera tendenza verso il modello che prevede l’individuazione di Covid-Hospital, strutture dedicate esclusivamente alla cura dei pazienti Covid-19.

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