Coronavirus, quanto dura l’immunità dopo l’infezione? Può dipendere dalle cellule T

Lo sostengono i ricercatori del La Jolla Institute for Immunology, dell’Università di Liverpool e dell’Università di Southampton.

Quanto dura l’immunità al coronavirus dopo l’infezione? Al quesito ha cercato di rispondere uno studio condotto dai ricercatori del La Jolla Institute for Immunology (LJI), dell’Università di Liverpool e dell’Università di Southampton con uno studio apparso su Science Immunology.

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Secondo i team di ricerca, i soggetti affetti da casi gravi di Covid-19 possono avere una più marcata immunità a lungo termine grazie al maggiore rilascio di cellule T protettive di “memoria”, necessarie per combattere la reinfezione. Sin dall’inizio della pandemia gli scienziati della LJI hanno cercato di capire quali anticorpi e cellule T fossero importanti per contrastare il coronavirus. A tal proposito sono stati utilizzati strumenti di sequenziamento al fine di scoprire i sottoinsiemi di cellule T in grado di controllare la gravità della malattia.

Per la nuova indagine i ricercatori hanno impiegato una tecnica chiamata analisi trascrittomica a cellula singola, al fine di studiare l’espressione dei singoli geni di oltre 80mila cellule T CD8+, isolate sia da pazienti Covid che da donatori non esposti. Le cellule T CD8+ sono responsabili della distruzione delle cellule ospiti infettate da virus. Il team ha analizzato le cellule T CD8+ di 39 individui affetti da coronavirus e di 10 persone mai state esposte al virus. Dei soggetti Covid, 17 rappresentavano casi lievi senza necessità di ricovero in ospedale, 13 erano stati ricoverati e 9 avevano avuto bisogno di ulteriore supporto in terapia intensiva.

Gli studiosi, non senza sorpresa, hanno constatato risposte delle cellule T CD8+ più deboli nei pazienti con infezione lieve. Diversamente, nei soggetti gravemente malati la risposta delle cellule T CD8+ è risultata molto più intensa, andando così a contrastare l’ipotesi di vedere una risposta delle cellule T CD8+ più forte nei casi meno preoccupanti grazie a un sistema immunitario più preparato per contrastare un’infezione grave. Tuttavia la ricerca ha rivelato il contrario. Infatti, nei casi maggiormente gestibili, le cellule T CD8+ hanno mostrato i segni di un fenomeno molecolare noto come esaurimento delle cellule T.

In questi casi le cellule ricevono così tanta stimolazione da parte del sistema immunitario durante un attacco virale da essere meno efficienti nello svolgere il loro lavoro. Secondo gli scienziati, l’esaurimento delle cellule T nei casi lievi di Covid può ostacolare la capacità di un individuo di costruire un’immunità a lungo termine. Tuttavia l’indagine condotta è limitata in quanto si basa sui linfociti T CD8+ presenti nei campioni di sangue. Come passo successivo, i ricercatori puntano a far luce su come le cellule T nei tessuti più colpiti dall’infezione (ad esempio i polmoni) reagiscono al virus.

Redazione Nurse Times

Fonte: il Giornale

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