Coronavirus, il punto dell’Aifa su vaccini e terapie

Il dg Magrini ha parlato a Radio 24 dello scenario riguardante la lotta al Covid-19.

“I vaccini anti-Covid in fase avanzata di sviluppo clinico sono sei-sette. Dei primi tre, che viaggiano in parallelo, dovremmo avere i dati tra fine anno e i primi mesi dell’anno prossimo. È un processo straordinariamente accelerato, ma non possiamo saltare dei passaggi fondamentali, che sono intanto la verifica della sicurezza e poi dell’efficacia”. Così Nicola Magrini (foto), direttore generale dell’Aifa, intervenuto ai microfoni di Radio 24 per fare il punto su farmaci e vaccini in fase di studio, nonché sugli attuali standard terapeutici per il coronavirus.

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“Quando il vaccino sarà disponibile ci attenderà una grande sfida organizzativa – ha aggiunto –, perché i vaccini andranno collocati e somministrati anche a una popolazione che solitamente non siamo soliti vaccinare, cioè la popolazione adulta, che in Italia è costituita da 40 milioni di persone”.

Sulle terapie in uso: “Non esiste un approccio terapeutico unico. Dipende dalle fasi e dalla gravità della malattia. Nella fase domiciliare la cosa migliore da fare è la vigile attesa: non assumere farmaci, trattare solo i sintomi febbrili (se la temperatura supera i 38°/38,5°). Per i pazienti ospedalizzati, oltre all’ossigeno, che rimane uno degli approcci cardine della terapia, il cortisone e l’eparina rappresentano un nuovo standard di cura per tutti i casi più gravi”.

Sulle altre terapie: “Il Remdesivir è in fase di riposizionamento perchè, dopo la pubblicazione di ulteriori studi, l’efficacia è risultata minore del previsto e dovrebbe essere dato principalmente in associazione al cortisone, ove necessario, mentre per l’idrossiclorochina i dati sono molto deludenti e attualmente non è un opzione terapeutica. Sul plasma iperimmune i risultati di alcuni studi e i dati provenienti dagli Usa non sono convincenti. In Italia è in corso uno studio randomizzato, che adesso sta arruolando pazienti con maggiore rapidità e, se aumenteranno anche i centri aderenti, le dimensioni dello studio potranno consentirci di avere dati utili per la valutazione entro i prossimi due-tre mesi. Attendiamo risposte anche dagli studi sugli anticorpi monoclonali, che sono un grande potenziamento di questa terapia”.

Infine: “Sulla vaccinazione contro l’influenzale stagionale auspico che non ci sia un problema di carenza di vaccini. Tuttavia, se così fosse, sarebbe il segno di un’adesione mai vista prima da parte della popolazione: significherebbe aver vaccinato quasi il doppio rispetto agli anni passati. Confido, comunque, che, grazie alle misure molto strette che stiamo tutti osservando (distanziamento fisico, uso di mascherine, lavaggio delle mani), la trasmissione del virus influenzale sarà fortemente rallentata, com’è avvenuto nell’emisfero australe”.

Redazione Nurse Times

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