Cina, lo studio del cervello spinto al limite: create scimmie ibride con geni umani

L’esperimento del genetista Bing Su suscita molte perplessità per le sue implicazioni etiche.

II mistero dell’intelligenza umana resta ancora ben custodito, ma un esperimento cinese che mirava a svelarne i meccanismi genetici ha ottenuto il risultato di scoperchiare un nuovo vaso di pandora. Perché solleva dubbi etici e, soprattutto, sembra aprire la strada a tentativi più azzardati. I ricercatori del Kunming Institute of Zoology hanno infatti annunciato di aver fatto nascere scimmie transgeniche, nel cui Dna sono stati trasferiti porzioni di quello umano che controllano lo sviluppo cerebrale.

L’autore dello studio è il genetista Bing Su, che l’ha pubblicato sulla rivista cinese National Science Review, da cui è rimbalzato sui media e sulla Mit Technology Review. Non è la prima volta che si tenta di inserire geni umani in animali, generando ibridi o microchimere (in Cina si prova dal 2003). In questo caso, nell’embrione del macaco si è inserito il gene umano microencefalina MCPH1 attraverso un vettore costituito da un virus depotenziato. Il MCPH1 è differente tra umani e scimmie, e guida lo sviluppo cerebrale: individui con il gene danneggiato nascono con la testa più piccola della media.

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Il risultato è stato di 11 macachi geneticamente modificati nati vivi e solo 5 sopravvissuti per essere sottoposti a risonanza magnetica e test. Lo sviluppo fetale è stato più lento, facendo supporre che la componente “umana” fosse all’opera, ma i cervelli maturi non sono risultati più grandi di quelli tipici della specie. La memoria a breve termine è apparsa migliore di quella media nelle scimmie, possibile segno che il gene microcefalina ha prodotto qualche effetto. Ma si tratta solo di 5 esemplari, e nessun’altra modificazione comportamentale pare emersa.

Per Bing Su «questo è stato il primo tentativo di capire l’evoluzione della cognizione umana con un modello di scimmia transgenica». Che ha però incontrato forti critiche nella comunità scientifica occidentale – dove le ricerche su primati sono sempre più difficili da condurre per motivi etici -, a partire dal fatto che nessuna importante rivista di settore ha accetto di ospitare lo studio.

Da una parte è discutibile usare i primati come “cavie” in esperimenti non strettamente necessari: non sappiamo cosa provi un macaco “leggermente” transgenico: se si accorga di qualcosa o soffra. Dall’altra bisogna valutare anche il rischio di spingersi troppo oltre sulla strada verso la comprensione di come funziona la nostra mente. All’orizzonte si intravedono ibridi o chimere animale-uomo più “spinti”, dallo statuto incerto, e tentativi di riprodurre cervelli umani nella forma di organoidi evoluti, che potrebbero avere barlumi di sensibilità, se non di vera consapevolezza.

Redazione Nurse Times

Fonte: Avvenire

 

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