Catetere Venoso Centrale e CRBSI: indagine conoscitiva sulla realtà sanitaria italiana

Numeri e dati inerenti adesione a linee guida e medicazioni utilizzate, riferiti a un campione di 509 infermieri italiani.

Una delle complicanze maggiori che il team sanitario può trovarsi ad affrontare in un paziente portatore di Catetere Venoso Centrale è senza dubbio la CRBSI.

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Per  CRBSI (Catheter-related bloodstream infection) intendiamo un processo settico legato alla colonizzazione e infezione del catetere, la cui diagnosi si fonda su:

  • Segni clinici di infezione: febbre, brivido, tachicardia, ipotensione, leucocitosi;
  • nessuna evidente fonte infettiva al di fuori del catetere;
  • coltura del medesimo organismo sia in un segmento del catetere che dal sangue periferico.

Nella realtà italiana, ben il 30% delle batteriemie che si verificano in ospedale sono osservabili  in pazienti critici nelle terapie intensive, in media il 10% dei degenti, per  i quali la stima della mortalità attribuibile va dal 12 al 25% per ciascuna infezione e il costo marginale per il sistema sanitario è di 20.000 € per episodio.

Risulta dunque innegabile che una riduzione delle infezioni catetere-correlate, vada ad inficiare positivamente sulla riduzione di mortalità e morbilità nel paziente ed ha un minor impatto economico sulla spesa sanitaria, nonché sui tempi di degenza.

Risulta dunque essere fondamentale la conoscenza delle giuste tecniche prima della manipolazione di un presidio così importante.

In merito a ciò gli obiettivi posti in tale studio sono stati: scoprire quale sia la medicazione maggiormente utilizzata per la cura del CVC nella realtà italiana, nonché venire a conoscenza della percentuale di adesione alle linee guida internazionali.

Questa indagine conoscitiva è stata proposta ad un gruppo composto da 509 infermieri, variabili per età, sesso e formazione per scoprire quale sia la percezione in materia.

Come mezzo comunicativo è stato utilizzato un questionario informatico inviato a gruppi di infermieri tramite moduli.

Risultati della ricerca:

I risultati della ricerca hanno evidenziato un campione piuttosto vario al livello epidemiologico:

  • 78% del campione di sesso femminile;
  • 64% del campione ha una laurea triennale, il 18% è in possesso di diploma equipollente, mentre il restante campione è in possesso di laurea magistrale e/o uno o più master;
  • 50% del campione è inoltre risultato essere appartenente alla fascia di età compresa fra i 20 e i 30 anni, il 22% fra i 30 e i 40 anni, il 19% fra i 40 e i 50 anni. Il rimanente campione ha un’età superiore ai 50 o non dichiara;

Dopo un primo step di dati indirizzati prettamente alla conoscenza del campione indagato sono state poste domande sul genere di device maggiormente noto al campione in analisi:

  • 52% dichiara di aver notato più CVC di tipo non tunnellizzato;
  • il 50% dichiara un posizionamento in succlavia, il 46% in giugulare interna, mentre solo il 4% dichiara in femorale.

La sede del dispositivo si è dimostrata negli anni essere di grande impatto contro la prevenzione di molte complicanze, di fatti il catetere venoso centrale in femorale è molto raro nell’adulto, poiché si è rivelato essere quello a maggior rischio complicanza sia infettiva che trombotica, pur essendo semplice da reperire.

Alla domanda sulle marche maggiormente note e i tempi di permanenza il campione ha risposto nel seguente ordine:

Arrow ©   35.8%
Terumo ©   8.5%
Brown (es Certofix)©   22.3%
Hohn ©   7.6%
Bard (es Groshong) ©   24.1%
Altro   1.8%

 

Da 0 a 3 giorni   0.8%
Da 4 a 7 giorni   7.7%
Da 8 a 21 giorni   28.9%
Da 21 a 31 giorni   30.5%
> di 32 giorni   32.2%

Nell’ultima parte, nonché il cuore della ricerca, sono state somministrate domande prettamente di tipo gestionale; il fine di questa indagine è stato quello di scoprire le zone di luce e d’ombra che il campione presentava nell’adesione ai Bundle di raccomandazioni, redatti da enti come il CDC di Atlanta e il Journal of Hospital Infections.

Ma cos’è un “Bundle”?

Tale concetto, che letteralmente  significa “fascio”, sta a rappresentare un insieme contenuto di interventi e/o pratiche evidence based rivolte a uno specifico setting di cura o tipologia di pazienti, i quali applicati in concomitanza e in modo adeguato offrirebbero un outcome migliore e di elevata qualità, rispetto al singolo comportamento messo in pratica.

Tale concetto è stato sviluppato dall’Institute for Healthcare Improvement (IHI) nel 2001 per aiutare gli operatori e fornire un maggior standard di qualità nelle cure dei pazienti.

Ipotesi:

Prendendo in analisi le linee guida internazionali è stata strutturata una tabella riportante le indicazioni principali e le raccomandazioni da applicare nella medicazione del catetere venoso centrale; in parole povere la seguente tabella riassume le indicazioni base per una corretta medicazione del presidio, limitando il più possibile la contaminazione dei patogeni:

Step: Cosa suggeriscono le linee guida:

Igiene delle mani

Osservare le procedure appropriate di igiene delle mani sia lavandosi

le mani con saponi contenenti antisettici ed acqua o creme o gel senza

acqua a base di alcol. IA

Utilizzo dei guanti

Rispettare tecniche asettiche per l’inserimento e la gestione dei cateteri

intravascolari IA

Tecnica “no touch” o utilizzo guanti sterili

Disinfezione cute

È preferibile una soluzione di clorexidina gluconato (2% clorexidina

gluconato in alcool isopropilico al 70%) può essere usata Tintura di iodio,

uno Iodoforo.IA

Per pulire il sito d’impianto del catetere venoso periferico durante i cambi

della medicazione usare un applicatore monouso di clorexidina al 2%

gluconata in alcool isopropilico al 70% (o iodio povidone in alcool

nei pazienti con sensibilità alla clorexidina) e lasciar asciugare

all’aria. Nuova raccomandazione Classe D

Medicazione ideale

Per coprire il sito del catetere usare medicazione semipermeabile,

trasparente sterileIA

In caso di paziente che ha tendenza a sudare abbondantemente,

o se il sito è sanguinante, è preferibile utilizzare una garza piuttosto

che una medicazione semipermeabile, trasparenteII

Esaminando le risposte al questionario gli outcomes sono stati interessanti:

Nonostante le linee guida raccomandino il lavaggio antisettico delle mani, al fine che esse non diventino un veicolo per i microrganismi patogeni, tale raccomandazione non riscontra un’adesione poi così ampia:

  • Il 66,8% ha dichiarato di farlo sempre;
  • Il 16,7% ha dichiarato di non eseguirlo sempre ma almeno il 70% delle volte;
  • L’10,8% ha dichiarato di eseguire solo quello detergente;
  • Il 4.9% dichiara di eseguirlo con discontinuità;
  • Infine lo 0,8% ha dichiarato di non eseguire l’igiene delle mani.

Per quanto concerne la sterilità della tecnica, i risultati sono stati i seguenti:

l’utilizzo dei guanti sterili è un atto che spesso non viene preso in considerazione e questa piccola analisi lo conferma, infatti la maggioranza afferma di utilizzare tecnica “no touch”.

  • Medicazione con guanti monouso non sterili evitando l’eccessiva manipolazione (39,5%);
  • il 4.7% ammette di utilizzare i guanti sterili con discontinuità;
  • una buona fetta (17,5%) ammette di medicare senza sterilità;
  • il 38.2% dichiara di utilizzare i guanti sterili ogni volta.

Per la disinfezione dell’emergenza cutanea il grafico si è spartito nella seguente modalità:

  • 43% Clorexidina gluconato alcolica 2%;
  • 3% Iodopovidone;
  • 23% Clorexidina gluconato acquosa 2%;
  • 7% Schiuma a lento rilascio di clorexidina;
  • 1% Altro: che comprendeva Amukinamed al 5% e Amukinamed al 10%.

La parte della medicazione è stata una di quelle sulle quali è stata effettuata una ricerca più accurata.

Nel sondaggio è emerso che la maggior parte degli infermieri esaminati utilizza film di poliuretano senza gel alla clorexidina.

  • Lo 0.1% ha dichiarato di non mettere nessun dispositivo di protezione;
  • il 90% utilizza film di poliuretano con gel alla clorexidina;
  • il 10% utilizza un altro genere di film, tra cui quello con Pad alla Clorexidina;
  • il 4.7% ha dichiarato di porre altre medicazioni.

Come è ben visibile nella ricerca solo una piccolissima parte del campione ha a disposizione fra le medicazioni il Film di poliuretano con pad alla Clorexidina, ma esso ha già avuto ottime applicazioni sul campo; nello specifico il  Tegaderm CHG® è stato al centro di un’indagine della linea guida inglese The 3M Tegaderm CHG IV securementdressing for centralvenous and arterialcatheterinsertionsites, pubblicata il 22 luglio 2015, dal NICE, il quale ha  revisionato prove presentate e consigli di esperti.

Da tale ricerca è risultato che se l’uso di Tegaderm CHG® diventasse pratica standard, si avrebbe la possibilità di far risparmiare al NHS in Inghilterra tra £ 4.200.000 e £ 10.800.000 ogni anno.

Un quesito è stato posto pure richiedendo dove la tecnica di medicazione del centrale fosse stata appresa.

La formazione, la quale poteva essere sia fornita dall’università, sia da un corso ECM, risulta essere un dato importante nell’analisi del campione poiché ne esprime la varietà:

  • Il 62% ammette di aver appreso la tecnica presso il proprio corso di laurea;
  • il 24% dichiara di essersi avvalso di linee guida;
  • il 9% risulterebbe aver appreso la tecnica mediante corso specifico;
  • il 5% dichiara “altro”.

Tra gli altri risultati (quel 5%) sono emersi soprattutto dati relativi alla formazione su campo e relativa all’esperienza o a protocolli aziendali.

Anche l’aggiornamento sulle nuove evidenze si mostra ben variegato, con una percentuale del 14.7% che non si aggiorna.

Il rimanente 85.3% afferma di aggiornarsi tramite:

  • Articoli e internet 75%
  • Riviste ed altri metodi 10.4%

Come ultima domanda è stato chiesto se nella loro personalissima opinione fosse importante l’adeguata gestione infermieristica del catetere venoso centrale, con i seguenti risultati:

  • per il 97% è molto importante;
  • per il 2% lo è abbastanza;
  • per l’1% non lo è affatto.

La maggioranza concorda in una gestione corretta e approfondita di un device così importante.

Conclusioni:

Il campione preso in esame è risultato essere piuttosto vario e ampio, tuttavia non si notano particolari discrepanze nella gestione del C.V.C.

Un punto dolente da poter e dover sicuramente migliorare è l’adesione per quanto riguarda l’igiene antisettica delle mani, non rispettata con continuità nel 33% dei casi.

Per quanto concerne invece i punti di forza sono sicuramente i frequenti aggiornamenti e la buona adesione alle raccomandazioni, nonché l’interesse per il continuo miglioramento.

 

Giulia Bolognesi

 

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