Il caso Sica-Franceschilli è ora al centro di un’indagine penale aperta dalla Procura di Roma. Il pm Maurizio Arcuri ha iscritto iscritto Giuseppe Sica, primario di Chirurgia del Policlinico Tor Vergata di Roma, nel registro degli indagati per violenza privata e lesioni. Un passaggio definito “atto dovuto”, dopo l’esposto presentato dal legale di Marzia Franceschilli, la dottoressa aggredita dal collega in sala operatoria durante un intervento chirurgico, poi trasferita all’ospedale San Camillo.
Nei prossimi giorni il pubblico ministero ascolterà i testimoni dell’episodio, di cui esiste un video circolato tra le chat del Policlinico Tor Vergata e arrivato fino ai vertici della Regione Lazio. Si punta, tra l’altro, a verificare l’attendibilità delle lesioni refertate da un medico e allegate alla denuncia dalla dottoressa Franceschilli, che nel frattempo attende l’esito dell’azione penale e dell’eventuale riapertura del procedimento disciplinare a opera dell’Università Tor Vergata, cui afferisce l’omonimo ospedale.
Proprio sul fronte interno la vicenda sembra avere preso una piega favorevole a Sica. Il Comitato dei garanti ha infatti rigettato con due voti contrari su tre la proposta di sospensione del primario, che è anche docente universitario. Unico membro favorevole al provvedimento disciplinare, Domenico Antonio Ientile, il quale ha definito la condotta di Sica inaccettabile, sottolineando che “il clamore mediatico ha danneggiato l’immagine dell’ateneo” e che “non si può in alcun modo giustificare l’aggressione verbale”.
Di tutt’altra opinione l’avvocato Roberto Borgogno, che ha escluso rischi clinici per il paziente, deceduto dieci giorni dopo l’intervento (la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti), definendo sproporzionato qualsiasi provvedimento disciplinare. Per lui Sica rimane un professionista stimato, autore di un intervento completato “in modo corretto”, nonostante il clima di tensione.
Intanto lo stesso Sica, pur avendo ammesso l’inadeguatezza del proprio comportamento, si è giustificato con il livello di stress derivante dalla complessità dell’operazione: “Mi sono assunto la responsabilità dell’accaduto. Sono pentito per la condotta tenuta”. In pratica, un mea culpa a metà.
Redazione Nurse Times
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