Tra gli undici decreti approvati la scorsa settimana dal Consiglio dei Ministri vi è anche la ratifica della direttiva europea sulle competenze infermieristiche. L’infermiere ha la responsabilità dell’assistenza generale infermieristica e la competenza di individuare autonomamente le cure infermieristiche necessarie utilizzando le conoscenze teoriche e cliniche attuali nonché di pianificare, organizzare e prestare le cure infermieristiche nel trattamento dei pazienti, sulla base delle conoscenze e delle evidenze scientifiche, in un’ottica di miglioramento della pratica professionale.
L’avvio del riordino del sistema sociosanitario regionale vede pienamente coinvolta la professione infermieristica che, come spiegano all’IPASVI (Ordine provinciale degli Infermieri e Assistenti Sanitari) intende proporre nuovi percorsi clinico/assistenziali e più efficaci modalità di lavoro,attraverso sperimentazioni che introducano le competenze specialistiche, come già avvenuto in altri paesi e altre regioni.
“L’obiettivo –dichiara Stefano Bazzana, presidente IPASVI della provincia di Brescia – è quello di produrre un “sapere infermieristico” su competenze distintive, avviando progetti concreti e pubblicando i risultati che dimostrino la risposta appropriata ai bisogni crescenti delle famiglie (cronicità e fragilità), oltre che economicamente sostenibili o addirittura vantaggiosi.”
Esempi: risposta sul territorio ai codici bianchi (attraverso gli ambulatori) o alle richieste di consulenza per monitoraggio parametri, sicurezza ambientale, aderenza alle terapie, stili di vita (tramite monitoraggio o recall telefonico) con riduzione accessi impropri al Pronto Soccorso o ricoveri ospedalieri inutili. Riduzione voucher per l’Assistenza Domiciliare Integrata a favore della presa in carico da parte del Servizio dell’infermiere di famiglia nell’ambito di percorsi condivisi medici/infermieri.
Tutte le ultime norme emanate da Regione Lombardia affermano infatti che risulta indispensabile avviare sperimentazioni di presa in carico integrata a livello territoriale per rispondere ai bisogni dei cittadini, in termini di benessere ed in condizioni di prossimità, avvalendosi anche di prestazioni professionali diversificate ed introducendo nuove figure e servizi, quali quelle dell’Infermiere di Famiglia/Comunità.
“Molti si pongono il problema di come inquadrare questa nuova figura – continua Bazzana – senza considerare che molti colleghi con diverse modalità (ADI, UCAM, collaboratori studi medici, libera professione, ecc.) già svolgono assistenza sul territorio; è ovvio che per effetto della riforma cambieranno i modelli organizzativi assistenziali, tuttavia va valorizzato il patrimonio di conoscenze e di esperienze che, soprattutto nella nostra provincia, è ben presente. Nei nuovi e diversi setting di cura, già oggi osserviamo “per la maggior parte una forte impronta clinico-assistenziale più che medica”. È per questo che la presa in carico cambia: “si individua una tariffa di presa in carico che non riguarda la singola prestazione ma il percorso del paziente in termini di continuità dell’assistenza e adeguatezza della terapia”.
“Si auspica quindi –conclude Bazzana– che in un ragionamento di sistema, il ruolo degli infermieri emerga in modo più chiaro per la professione e più efficace per le persone che hanno bisogno di cura e di assistenza. Si tratta di una novità di tutto rilievo nel panorama nazionale e di una grande opportunità per gli infermieri, che l’Ipasvi ha tutta l’intenzione di cogliere al più presto. A Brescia siamo pronti”.
Infermiere di famiglia. Come dovrebbe essere organizzato il servizio?
Immaginiamo almeno sei aree funzionali, in gran parte innovative, nelle quali l’infermiere di famiglia può avere un ruolo e uno sviluppo:
L’infermiere di famiglia può essere compreso in ciascuno dei ruoli descritti. Da decidere con quale inquadramento economico, giuridico e/o tariffario, (la Regione ha impegnato un fondo di 90 milioni) certamente con una formazione ad hoc che è già partita in molte università e presto avremo anche a Brescia. In attesa di svolgere anche in Italia dei percorsi comuni in un’ottica interdisciplinare. In Spagna ad esempio medici e infermieri di famiglia si formano insieme.
Redazione Nurse Times
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