Aumento dei posti a Medicina, Anelli (Fnomceo): “Non ci sono le condizioni”

Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici va contro le determinazioni del Miur: “Così esplode l’imbuto formativo. Ingiusto illudere i giovani”.

Stando alle determinazioni definitive del ministero dell’Università e della ricerca, saranno 13.072 i posti a Medicina per l’anno accademico 2020/21. A comunicare la cifra, sulla quale a giorni saranno calibrati i decreti, è stato questa mattina lo stesso Miur, che ha inviato un report agli attori ascoltati per la determinazione dei fabbisogni, tra i quali la Federazione nazionale degli Ordini dei medici (FNOMCeO).

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Una cifra troppo alta, secondo la stessa FNOMCeO, che, tenuto conto della presenza di almeno 22mila medici già laureati e abilitati a fronte di undicimila posti nel post lauream, lancia l’allarme. “Così esploderà l’imbuto formativo – spiega il presidente Filippo Anelli (foto) –. A noi fa piacere l’aumento dei posti a Medicina, così come auspichiamo un cambiamento nei test di ingresso. Ma tutto questo non può che essere legato a una riforma che porti a uno a uno il rapporto tra le lauree e le specializzazioni. Di questa riforma, però, attualmente non si vede traccia”.

Ma quali sono, nel dettaglio, i timori dell’Ordine dei medici? Cominciamo dal principio. Per acquisire tutte le competenze necessarie a svolgere la professione nel Servizio sanitario nazionale, come specialista o medico di medicina generale, il medico, una volta laureato, deve proseguire la sua formazione, accedendo a una scuola di specializzazione o al corso di formazione specifica in Medicina menerale. I posti, anche qui, sono contingentati e sono legati a contratti e borse finanziati dallo Stato, dalle Regioni, e, in maniera residuali, da privati.

Non essendo proporzionati, per difetto, al numero dei medici che si laureano, negli anni si è venuto a creare quello che, in gergo, si chiama l’imbuto formativo: un limbo di medici laureati, abilitati, che attendono anche per lustri di poter entrare nelle Scuole, accontentandosi di sottooccupazioni precarie – i cosiddetti camici grigi – o restando inoccupati, a carico delle famiglie d’origine. Un esercito di professionisti che ha già raggiunto le 10-15mila unità, cui ad ogni sessione di laurea si aggiungono altri colleghi che competono per gli accessi al post lauream.

“Quest’anno l’emergenza Covid ha dato la spinta all’introduzione, di fatto, della ‘laurea abilitante’, che ci ha permesso di iscrivere agli Ordini tutti i laureati, senza passare attraverso l’esame di abilitazione

– spiega il presidente Anelli –. Un fattore, questo, che, se da una parte ha dato impulso a un percorso su cui stavamo lavorando da anni, dall’altra ha aumentato di molto il numero di colleghi che concorreranno per il post lauream. A questo si aggiunge l’effetto dei ricorsi di sei anni fa, che avevano portato all’accesso in blocco a Medicina di un numero più alto di matricole. Risultato? Saranno 22mila i medici laureati in attesa di completare il loro percorso e lavorare così nel Ssn”.

Prosegue Anelli: “Come FNOMCeO, pertanto, abbiamo chiesto al ministero della Salute e a quello dell’Università di aumentare le borse per la Medicina generale e i contratti di specializzazione. Cosa che in parte, ma non ancora in maniera sufficiente, è stata fatta: sono 11mila circa, grazie soprattutto all’impegno del ministro Roberto Speranza, i posti nelle Scuole, mentre ancora non è certa la conferma delle 2mila borse che sarebbero necessarie per la Medicina generale. Ne occorrerebbero in ogni caso di più: formare più specialisti e medici di medicina generale ora, utilizzando i fondi che sono stati e saranno stanziati per il Covid, significherebbe da un lato azzerare l’imbuto formativo, dall’altro realizzare finalmente quel ricambio generazionale che è stato eluso nell’ultimo decennio e che rischia, con i prossimi pensionamenti in massa, di lasciare i cittadini privi dell’assistenza primaria e con gravi carenze in quella specialistica. I sindacati medici stimano infatti in oltre 50mila unità la carenza di medici di medicina generale e di specialisti negli ultimi cinque anni”.

E ancora: “Per lo stesso motivo avevamo chiesto al Miur di mantenere a diecimila gli accessi alla facoltà di Medicina. I nuovi laureati, infatti, arriverebbero tra sei anni, quando l’ondata di pensionamenti sarebbe ormai superata e, in assenza di una riforma che dopo aver azzerato l’imbuto fissi in uno a uno il rapporto tra le lauree previste e i posti nel post lauream, si ritroverebbero senza un futuro lavorativo. Anche le Regioni avevano indicato un fabbisogno inferiore, intorno agli 11.500 posti. Il Miur, però, è andato avanti nel suo proposito di aumentare a oltre 13mila gli accessi a Medicina, spinto da dinamiche che speravamo fossero ormai superate: cui prodest?”.

Argomenta Ancora Anelli: “Non si fa certo un favore ai giovani illudendoli, facendoli studiare per sei anni, per poi negare loro un futuro. Non si fa un favore al Ssn, ai cittadini, al Paese, se si lascia non pienamente utilizzato l’investimento di oltre 3 miliardi e mezzo di euro, che è servito per far laureare 22mila persone, mentre il sistema ha bisogno urgente di nuovi specialisti e nuovi medici di medicina generale. Vale, questo, un consenso immediato di 3mila famiglie, che si tramuterà peraltro in dissenso tra sei anni? Vale un danno per altre 22mila, un danno per 60 milioni di italiani che rischiano di trovarsi senza cure?”.

Concludendo: “Ora basta. I giovani medici stanno organizzandosi per un’agitazione permanente al fine di porre fine a questa ingiustizia. Visto che nelle sedi istituzionali di programmazione dei fabbisogni i nostri avvertimenti sono rimasti inascoltati, non ci resta che scendere in piazza con loro. Non solo: venerdì chiederò al Comitato centrale di valutare il ricorso contro i decreti con i quali verranno stabiliti gli accessi a Medicina. Tacere ora significherebbe essere complici di questo disastro annunciato”.

Redazione Nurse Times

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