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Area socio-sanitaria, Fials scrive a Governo e Regioni

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa della segreteria generale.

“A un anno dall’approvazione della Legge 3/18 (“Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del ministero della Salute”) si constata negativamente che nulla è stato intrapreso dal Governo e dalle Regioni per dar corso a quanto contenuto nell’articolo 5 di tale legge, che nel confermare e contestualizzare l’area delle professioni socio-sanitarie, come previsto dal dlgs 502/99, ha precisato che in essa sono già contemplati i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario, assistente sociale, educatore professionale e sociologo, e altri profili sono da individuare”.

È quanto afferma il segretario generale della Fials, Giuseppe Carbone, in una lettera al ministro dello Sviluppo economico e del lavoro, Luigi Di Maio, al ministro della Salute, Giulia Grillo, al ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Marco Bussatti, al coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, Antonio Saitta, e al presidente del Comitato di Settore Regioni-Sanità, Sergio Venturi. Lettera in cui torna a parlare dell’area socio-sanitaria e chiede un incontro per un confronto teso, in particolare, a una revisione sostanziale dell’ex DPR 761/79, relativo alla istituzione dei ruoli nel Servizio sanitario nazionale.

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L’individuazione dell’area socio-sanitaria, considerata l’enorme valenza riformatrice e quanto mai funzionale ad attuare la scelta strategica dell’integrazione sociosanitaria, cardine della vera attuazione del diritto alla salute, era già stata prevista nelle direttive emanate dal Comitato di Settore Regioni-Sanità per il rinnovo contrattuale del personale dei livelli (comparto sanità) del Ssn. Purtroppo, con la contrarietà dello scrivente sindacato, la concretizzazione contrattuale di questa scelta è stata rinviata a una Commissione paritetica, mai convocata sinora (e forse mai verrà convocata).

Tra l’altro, si evidenzia opportunamente, che nell’atto di indirizzo del medesimo Comitato di Settore Regioni-Sanità era stata prevista anche l’area tecnico-ambientale, comprendente i profili operanti in tale ambito nelle Agenzie regionali per l’ambiente.

A tutto questo si aggiungono, a  nostro parere, diversi aspetti riguardanti sistemi organizzativi, attività e competenze dei diversi operatori nell’ambito degli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZZSS), che assicurano al Ssn un’articolata rete di servizi per la verifica della salubrità degli alimenti (di origine animale e vegetale) per la realizzazione delle azioni di polizia veterinaria e di difesa sanitaria del patrimonio zootecnico ai fini della salvaguardia della salute umana. L’attività sanitaria degli Istituti viene articolata in reparti suddivisi in laboratori, che garantiscono il rapporto tecnico funzionale con le Aziende sanitarie, le Agenzie di tutela della salute e gli altri enti individuati dalle Regioni.

Si constata, purtroppo, che nell’ambito di tali ambulatori sanitari, nella quasi totalità della dirigenza, che è prettamente sanitaria, svolgono attività figure professionali con funzioni prettamente sanitarie, ma assunte impropriamente (e nel tempo ATIPICAMENTE) nel ruolo tecnico – DPR 761/79 – e di conseguenza Ccnl comparto sanità, e per lo più per i professionisti per i quali il requisito di assunzione è la laurea (inquadramento categoria D), vengono richieste, in una discrezionalità soggettiva e assoluta dei diversi direttori generali, una infinità di specificità di lauree per la medesima funzione che desta non poca preoccupazione.

Ci troviamo in una moltitudine di lauree che determinano, di fatto, un conseguente proliferare di profili e figure professionali, tutte addette ai laboratori, con funzioni prettamente sanitarie e, tra l’altro, poiché inquadrate nel ruolo tecnico, sottratte alla formazione obbligatoria – crediti ECM.

Una miriade di profili, simile alla situazione determinatasi per il personale della ricerca, che ha portato, in data 27.12.2018, alla sigla del Ccnl relativo alla sezione del personale del ruolo della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria per il triennio 2016-2018, con la definizione di soli due profili professionali e l’adozione dei decreti attuativi della Legge 205/2017.

Diviene necessario, a nostro parere, una revisione totale degli attuali profili professionali per adeguarli alle funzioni, attività e competenze proprie, per evitare situazioni a breve e nel tempo che possano influire negativamente sui compiti degli stessi istituti, tra i quali la ricerca sperimentale sulla prevenzione, in materia di igiene degli alimenti, delle produzioni zootecniche e del benessere animale e il supporto tecnico-scientifico e operativo per le azioni di difesa sanitaria e di miglioramento delle produzioni-animali, di ricerca finalizzata per lo sviluppo delle conoscenze in materia di sicurezza alimentare, nell’igiene e sanità veterinaria. Tra l’altro, nell’ambito del Patto della Salute 2014-2016 erano già contenuti gli obiettivi di “riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali”.

Considerato che nella precedente legge di bilancio è stato istituito, in aggiunta ai quattro ruoli previsti dalla legge 833/78 e dal DPR761/79 (ruolo sanitario, ruolo tecnico, ruolo professionale e ruolo amministrativo) , il “ruolo del personale della ricerca sanitaria, appare opportuno che vi sia una revisione e integrazione del D.P.R. 761/79 con l’istituzione del:

  • ruolo delle professioni della ricerca sanitaria;
  • ruolo delle professioni socio-sanitarie (che comprenda i profili individuati dall’art.5 della legge 3/2018 e gli altri che verranno individuati ed istituiti);
  • ruolo delle professioni tecnico-ambientale;
  • ruolo delle professioni della sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare.

Questa innovazione legislativa porrebbe, almeno per il ruolo delle professioni socio-sanitarie, un’immediata spendibilità contrattuale, senza alcun rinvio alla ipotizzata Commissione paritetica per la riclassificazione, alla quale andrebbe casomai delegata l’individuazione di eventuali altri profili per tale ruolo e quant’altro si riterrà opportuno.

Nello specifico della Legge 3/18, che all’art. 5 istituisce l’area delle professioni socio-sanitarie, si ritiene quanto meno opportuno evidenziare situazioni inerenti i profili professionali già individuati che richiedono ulteriori urgenti provvedimenti legislativi a costo zero:

  • Operatore Socio Sanitario: Il riconoscimento che il legislatore Parlamento ha voluto compiere nei confronti dell’operatore sociosanitario quale profilo professionale che contribuisce direttamente all’attuazione del diritto alla salute, come delineato dall’Oms, rende quanto mai necessario che questo profilo abbia le giuste implementazioni di competenze, sviluppo professionale, rimodulazione della formazione nei contenuti e nelle modalità, prevedendo anche per esso l’attivazione di attività di educazione continua in medicina, in analogia a quanto previsto per le professioni sanitarie.
  • Educatore Professionale: La collocazione di questa professione renderebbe possibile, con un nuovo Accordo Stato-Regioni, l’individuazione di un percorso ordinamentale e formativo che renda possibile l’unificazione in un’unica e unitaria professione socio-sanitaria dell’educatore formato dalla facoltà di Medicina con quello formato a Scienze dell’educazione, prevedendo una laurea che possa avere più indirizzi, fermo restando che la nuova figura rimanga nelle competenze dell’attuale albo professionale di educatore istituito dalla Legge 3/18.
  • Assistente Sociale: È una professione storica, con specifica legge istitutiva, con relativo ordine professionale, e ora, con questo riconoscimento di professione socio-sanitaria può espletare al massimo il potenziale operativo che proprio tale legge prevede; rimane, per gli assistenti sociali, dipendenti del Ssn, l’incompiuta istituzione della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato, come prevista invece per le professioni sanitarie e le questioni del professionista coordinatore e di quello specialista (articoli 6 e 7 della legge 251/00), e ora tale carenza è doveroso che sia definitamente risolta.
  • Sociologo: Non esiste una legge istitutiva della professione; nel Ssn sono previsti il profilo professionale di dirigente sociologo del ruolo tecnico e un collaboratore professionale amministrativo dell’area sociologica; in attuazione dell’articolo 5 della legge 3/18 dovrebbe essere varato l’Accordo Stato-Regioni che regolamenti il profilo professione della professione socio-sanitaria di sociologo, rivisto e adeguato alle nuove finalità gli ordinamenti didattici della laurea, della laurea magistrale e della formazione post-laurea, rivisto l’inquadramento giuridico prevedendo sia il profilo di sociologo nei contratti del personale dei livelli (comparto sanità), che in quelle delle aree dirigenziali, non solo in sanità ma anche negli altri comparti pubblici come in quelli privati.
  • Nuovi profili e nuove professioni: L’avvenuta istituzione dell’area delle professioni socio-sanitarie permette di realizzare nuove legittimità e operatività professionali in un ambito di intervento nel quale iscrivere alcune criticità attuali, relative a particolari profili che, nella attuale suddivisione rigida in ruoli, non sono riusciti a trovare una adeguata collocazione, e ai quali invece appare necessario rispondere positivamente, cogliendo l’esigenza di fornire a operatori e professionisti il riconoscimento formale professionale, formativo e anche nella contrattazione nazionale.

Si tratta di individuare in questa area un inquadramento adeguato e coerente per tutti quei profili professionali che non sono riconosciuti appieno all’interno dell’attuale sistema delle professioni sanitarie, ma che nella visione nuova di tutela della salute ricoprono anche da tempo funzioni utili ed efficaci per il “piano terapeutico” e per l’intera organizzazione del lavoro.

Così sviluppata, l’intuizione feconda e positiva del legislatore dell’area delle professioni socio-sanitarie permetterebbe di dar corso a un nuovo e discontinuo scenario caratterizzato da un diverso pluralismo professionale più adeguato e funzionale non solo a interpretare, ma anche a soddisfare i vecchi e nuovi bisogni di salute, per cogliere più opportunamente l’evoluzione della organizzazione del lavoro nella prevista integrazione socio-sanitaria.

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