Allarme super batteri: l’abuso di antibiotici e le nuove “armi”

Aspettando l’arrivo di farmaci più efficaci, l’Aifa bacchetta medici e pediatri per l’eccesso di prescrizioni.

I nostri dottori, medici di famiglia e pediatri in testa, continuano a prescrivere gli antibiotici anche quando non servono, creando così terreno fertile per i super batteri resistenti a qualsiasi cura, che in Italia uccidono 10mila persone l’anno. Un record europeo, secondo gli specialisti, destinato a rafforzarsi nel tempo, tanto che nel 2050 le antibiotico-resistenze diventeranno la prima causa di morte nel nostro Paese.

Colpa delle prescrizioni facili, secondo il rapporto sull’uso degli antibiotici redatto dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. Nel 2017, ogni mille abitanti, sono state consumate 23,4 dosi giornaliere di antibiotici. Il 90% sono stati acquistati in regime di assistenza convenzionata, ossia in larga parte prescritti da medici di famiglia e pediatri di libera scelta. E che molte di quelle ricette fossero inutili lo raccontano i dati sui consumi stagionali. Se ad agosto si assumono 13,2 dosi giornaliere ogni mille abitanti, a gennaio si arriva a 27,29. Un utilizzo correlato, secondo l’Aifa, ai picchi influenzali, nonostante già dal primo anno di Medicina si dovrebbe sapere che gli antibiotici nulla possono contro i virus, influenza compresa.

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Anche a livello territoriale, certe differenze, si fa fatica a spiegarle da un punto di vista medico-epidemiologico, visto che si passa dalle 29,5 dosi giornaliere della Campania alle 16 della Liguria, che pure è la regione con il maggior numero di anziani in Italia. Il picco di consumi si registra tra bambini e anziani, che sono poi le fasce di età nelle quali l’uso indiscriminato di antibatterici può fare più danni. Nel primo anno di età la metà dei piccoli ne ha fatto uso almeno una volta. Idem tra gli over 75.

E il problema è che, di questa classe di farmaci, consumiamo soprattutto quelli a maggior rischio di effetti indesiderati e di poter indurre antibioticoresistenza. È il caso dei fluorochinoloni, famiglia di medicinali usati contro infezioni batteriche dall’apparato respiratorio, urinario e gastrointestinale. L’Aifa ne denuncia un uso inopportuno soprattutto tra le donne tra i 20 e i 59 anni, per le infezioni delle basse vie urinarie, e negli ultrasettantacinquenni, nonostante l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ne abbia raccomandato l’uso con cautela in questa fascia di età, per i possibili effetti indesiderati. Che vanno dai danni tendinei ai più gravi aneurismi aortici.

Discorso simile per l’antibiotico più amato dagli italiani: l’Augmentin, che è poi un composto di amoxicillina e acido clavulanico. Secondo l’Aifa, un’associazione probabilmente sovrautilizzata, “laddove – è scritto nel rapporto – potrebbe essere indicata la sola amoxicillina, che ha uno spettro di azione più selettivo, e quindi un minor impatto sulle resistenze”.

Tornando ai consumi in generale, un piccolo decremento dell’l,6% rispetto al 2016 c’è stato. Ma restiamo sempre nella parte bassa della classifica europea, con 23,4 dosi giornaliere ogni mille abitanti, contro la media Ue del 21,7%. E così le antibioticoresistenze dilagano. Da noi la klebsiella pneumoniae, responsabile di non pochi decessi tra i pazienti ospedalizzati, è resistente in oltre il 55% dei casi, quando la media europea è del 30,3%. Anche l’escherichia coli, causa di fastidiose infezioni alle vie urinarie, in Italia è resistente alle cefalosporine nel 30,1% dei casi, contro una media Ue del 13,1.

E così via, fino ad arrivare al pericoloso acinetobacter, anch’esso diffuso soprattutto in ambiente ospedaliero e indicato dall’Oms come uno dei dieci batteri più pericolosi per l’uomo, che in Italia resiste alle terapie antibiotiche di ultima generazione addirittura nel 78,3% dei casi. Una minaccia per la nostra salute, ma anche per l’economia, giacché in Europa le antibiotico-resistenze generano 2,5 milioni di giornate di ricovero, che costano 1,5 miliardi di euro. Una bella fetta dei quali spesi proprio in Italia.

In tutto ciò, l’armamentario contro la temuta “apocalisse antibiotica”, guidata da super batteri resistenti ai farmaci, si sta arricchendo di altri strumenti più efficaci. Ci sono nuovi antibiotici, vaccini e farmaci biologici. Ma anche innovativi dispositivi tecnologici e probiotici come disinfettanti. «Attualmente sono in corso sperimentazioni cliniche su 42 nuovi antibiotici a uso sistemico, di cui 17 sono per il trattamento delle infezioni più pericolose», spiega Marco Tinelli della Società italiana di malattie infettive e tropicali. In particolare, in arrivo ci sono 4 nuovi tipi, che agiscono sui ceppi multiresistenti e saranno commercializzati dalla Menarmi, grazie a un accordo stipulato lo scorso anno con l’azienda americana Melinta Therapeutics.

«II primo antibiotico – spiega Annamaria Pizzigallo, direttore medico scientifico Menarini – è un’associazione di un carbapeneme e un inibitore della beta-lattamasi ed è mirato alle infezioni delle vie urinarie o post operatorie. Due riguardano batteri responsabili di infezioni acute della pelle e dei tessuti molli: uno agisce sul pericolosissimo Staffilococco aureo, resistente alla meticillina, e un altro è un nuovo fluorochinolone, per il quale è allo studio anche un’estensione delle indicazioni alle polmoniti. Infine un antibiotico per via venosa, efficace contro l’Acinetobacter baumannii, uno dei batteri ospedalieri più diffusi».

Negli Usa sono già stati approvati e sono disponibili per l’uso ospedaliero. «L’iter di approvazione presso l’Agenzia Europea dei Medicinali è, a seconda dei casi, in corso o già terminato, e si dovrà ora avviare la fase di approvazione in Italia», aggiunge Pizzigallo. Ma gli antibiotici non sono la sola risposta ai batteri super resistenti. Ci sono antimicrobici biologici (essenzialmente, anticorpi monoclonali), alcuni ormoni, fattori di crescita, enzimi e terapie geniche. «Nel campo delle infezioni – fa il punto Tinelli – sono in fase di sviluppo 11 anticorpi monoclonali e altri sono in sperimentazione». Altro campo di sviluppo sono i nuovi vaccini, attualmente in fase ricerca. Sono in corso di valutazione vaccini per il Mycobacteriumtuberculosis, lo Streptococco di gruppo B, il Clostridium difficile, lo Stafilococco aureo e l’Escherichia coli.

Molto fermento si registra anche nel campo della disinfezione. «Tra le nuove tecnologie di sanificazione degli ambienti – spiega Tinelli –, specie dove sono stati ricoverati pazienti con infezioni da batteri come il Clostridium difficile o altri multi resistenti tipo Klebsiella pneumoniae, secondo molti studi internazionali, può essere di grande utilità l’utilizzo dell’ozono. Le ricerche basate su tamponi ambientali in vari siti delle stanze di degenza (maniglie delle porte, bagni, telefoni, letti, ecc.), dove erano ricoverati pazienti colonizzati o con infezioni vere e proprie da batteri multiresistenti, hanno infatti dimostrato un abbattimento della carica del 100% di questi batteri».

Anche l’uso di disinfettanti a base di probiotici, ha scoperto una ricerca tutta italiana, potrebbe avere un effetto positivo sul problema. In questo studio, svolto tra le università di Ferrara, di Udine e Bocconi, è emersa una riduzione dell’83% dei patogeni isolati su superfici e una riduzione significativa dei geni di resistenza ad antibiotici. Un aiuto arriva infine dal mondo hi-tech. È stata messa a punto una “cuffia” che può avvolgere i pacemaker, rilasciando gli antibiotici strettamente necessari. Si tratta di una rete per il rilascio controllato dei farmaci prima di essere riassorbita dall’organismo, che ha dimostrato che questo dispositivo può ridurre al 61% le infezioni ospedaliere legate agli impianti.

Tante soluzioni, quindi, a un problema che è diventato allarmante. Ogni anno, infatti, i super batteri uccidono tra le 500mila e le 700mila persone al mondo, provocando infezioni che fino a qualche tempo fa erano curabili con normali antibiotici, oggi diventati inutili. Si tratta di una vera e propria minaccia globale, secondo l’Oms. L’Italia detiene il triste primato di un terzo di tutti i decessi, pari a 10mila morti, rispetto al resto d’Europa. E, secondo gli esperti, nel 2050 le infezioni batteriche costituiranno la principale causa di decessi.

Redazione Nurse Times

Fonti: La Stampa – Il Mattino

 

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