Sembra impensabile ma accade davvero: medici e infermieri in prima linea da oltre due anni nella lotta al Covid-19 finiscono troppo spesso nel mirino di pazienti aggressivi che li insultano fino ad arrivare, a volte, anche alle mani. Purtroppo non si tratta di casi isolati. Tanto che l’Istituto Nazionale di Malattie infettive, lo Spallanzani di Roma, sta cercando di correre ai ripari ed ha approvato un manuale di autodifesa per i suoi camici bianchi. L’obiettivo è di insegnare al personale sanitario tecniche utili che possano provare a calmare i pazienti facinorosi che perdono la calma molto facilmente aggredendoli. Il suo direttore, Francesco Vaia, ha dato l’ok alla “procedura per la prevenzione e gestione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”, un vademecum di regole generali messe a punto dal direttore dell’unità risk management e biosicurezza, Vincenzo Puro, per insegnare ai medici come difendersi da calci e pugni.
Ma quali sono le misure da adottare per prevenire ogni forma di violenza? La prima raccomandazione per tutto il personale è quella di prestare attenzione a qualsiasi indizio “che possa essere associato a un attacco imminente” mantenendo un comportamento che porti alla riduzione dell’aggressività del paziente, mostrandosi tranquilli ma soprattutto non rispondendo alle minacce con altre minacce oltre a mantenere un tono di voce basso. Bisognerà cercare di essere “psicologi”, provando a riconoscere “i sentimenti delle persone” ed evitare qualsiasi atteggiamento che possa essere interpretato come aggressivo dal ricoverato. Spicca, tra i tanti consigli, quello di evitare di guardare il paziente fisso negli occhi per evitare che venga interpretato come una sfida.
Consigli legati anche alla postura da adottare, come quella di posizionarsi a fianco dello stesso “con un asse di circa 30° perché la superfice esposta a colpi è minore ed inoltre in questa posizione si comunica più disponibilità al dialogo”. Così come vale per il distanziamento per evitare il contagio al Covid, anche in questo caso viene consigliato ai medici di mantenere una distanza di sicurezza di almeno un metro e mezzo fino a evitare di mettersi con le spalle contro il muro. Con un paziente particolarmente arrabbiato si può usare la “tattica” dell’empatia e della commiserazione usando brevi frasi quali “so che lei si sente abbattuto” mostrandosi afflitti per la situazione. Infine, se nessuna misura riuscisse a funzionare, non rimane che chiamare la vigilanza o chiedere aiuto ad altri colleghi.
I numeri fotografano una situazione surreale: come riportato da Repubblica, tra il 2018 e il 2020 le aggressioni documentate al personale dell’Istituto di malattie infettive di Roma sono state 56, in pratica più di una al mese. E nel pieno della pandemia dello scorso anno sono state nove. Barbara Mangiacavalli, Presidente Ordine Professioni Infermieristiche, ha denunciato a TgCom che “l’89% dei nostri colleghi è stato spesso vittima di una violenza, e nel 58% dei casi si è trattato di una violenza fisica”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Giornale
Il Policlinico di Milano, noto anche come Ospedale Maggiore o Ospedale Ca' Granda, ha indetto…
Spesso ci si domanda se a bordo di un'ambulanza sia più importante la presenza del…
“Nella percezione collettiva, in caso di assenza del medico in una qualsiasi postazione di soccorso…
Salute, Ceccarelli (Coina): «Infermieri in servizio fino a 70 anni su base volontaria per tappare…
“Auspichiamo tutti che la stagione delle piazze e delle proteste non riguardi la sanità, proprio…
Nel corso di un evento al ministero della Salute sono stati illustrati i risultati del monitoraggio dei…
Leave a Comment