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Crisi infermieristica in Italia: 20.699 posti a bando, ma le domande sono solo 19.000 

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Per la prima volta il numero di posti per Infermieristica supera le domande: tra perdita del potere d’acquisto, esodi e pensionamenti la tenuta del SSN è a rischio se non si interviene subito.

L’anno accademico 2025/26 segna una soglia simbolica e preoccupante: i posti a bando per i corsi di laurea in Infermieristica sono 20.699, mentre le domande presentate si aggirano su circa 19.000. È la prima volta che in Italia i posti disponibili superano i candidati — un campanello d’allarme che si somma a dimissioni in aumento, mobilità verso l’estero e un forte deterioramento del potere d’acquisto degli infermieri.

I numeri chiave

Posti a bando (2025): 20.699 complessivi (statali + privati; 290 per infermieristica pediatrica).  

Domande presentate: circa 19.000 (dati FNOPI e Agenzie di stampa); in alcuni conteggi compresi i test in atenei privati il numero può variare, ma il quadro rimane chiaro: i candidati sono meno dei posti.  

Saldo uscite/entrate (proiezione): secondo più analisi e sindacati, l’Italia produce oggi poco più di 11.000 nuovi laureati in infermieristica all’anno, mentre le uscite per pensionamento e abbandoni sono stimate fino a circa 25.000/anno; il deficit annuo stimato supera quindi le 13.000 unità.  

Esodo e dimissioni: report sindacali e inchieste giornalistiche segnalano migliaia di dimissioni volontarie e un flusso consistente di professionisti verso l’estero o verso il privato.  

Questi numeri non sono mera statistica: rappresentano reparti a rischio, turni ancora più gravosi per chi resta e una difficoltà crescente a garantire standard assistenziali uniformi su tutto il territorio nazionale.

Cause principali

Perdita strutturale del potere d’acquisto 

Analisi del Centro Studi Nursind documentano che, negli ultimi 35 anni, un infermiere neoassunto può aver perso fino a 10.000 € di potere d’acquisto; una carriera completa può perdere fino a 16.000 € rispetto ai livelli attesi se si tiene conto dell’inflazione e dei blocchi contrattuali. Questo dato è stato rilanciato da più testate e dallo stesso Nursind. La svalutazione salariale erosiona attrattività e retention.  

Turni, carichi assistenziali e burnout 

Le condizioni di lavoro continuano a essere indicate come la prima causa di abbandono: turni notturni, staff sottodimensionato, aggressioni in corsia e scarsa conciliazione vita-lavoro spingono migliaia di professionisti a cambiare settore o cercare impiego all’estero. Sindacati e inchieste lo documentano con dati su dimissioni e segnalazioni.  

Invecchiamento della forza lavoro e ondata di pensionamenti 

Proiezioni di studi e sindacati indicano che nel quinquennio 2026-2030 andranno in pensione decine di migliaia di infermieri (es. 66.670 nel quinquennio citato in analisi), con un saldo annuale negativo stimato in oltre 10.000 unità l’anno se non vengono aumentati ingressi e retention.  

Differenze regionali marcate 

Il fenomeno non è omogeneo: alcune regioni del Nord (Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna) mostrano rapporti domande/posto molto bassi (anche 0,6–0,8), mentre in alcune aree del Sud il rapporto rimane superiore a 1,5–2,0. Ciò implica che il problema è anche legato a dinamiche locali del mercato del lavoro e dell’offerta formativa.  

Mobilità internazionale e ricorso a infermieri stranieri 

Una quota non trascurabile di professionisti cerca lavoro all’estero: tra pensionamenti, emigrazione e abbandoni volontari la perdita netta è consistente e obbliga molte strutture a ricorrere al reclutamento internazionale, che è una soluzione tampone ma non risolve l’attrattività interna della professione.  

Impatti concreti per il SSN 
  • Replicati problemi di copertura dei turni e chiusura temporanea di posti letto/reparti.  
  • Aumento del rischio clinico e peggioramento dei tempi di attesa.  
  • Costi maggiori per ricorrere a personale esterno, cooperative e stabilizzazioni d’urgenza.  
Cosa chiedono FNOPI e sindacati 

FNOPI e organizzazioni sindacali chiedono piani strutturali che includano: rivalutazione contrattuale, indennità per servizi critici e aree disagiate, piani di retention e percorsi di carriera chiari, investimenti in formazione e politiche per la conciliazione famiglia-lavoro. Alcuni studi propongono inoltre una programmazione centralizzata del fabbisogno formativo che tenga conto delle uscite prevedibili per fascia d’età.  

Proposte operative e priorità da implementare con esempi pratici:
  1. Rivalutazione contrattuale mirata (breve + medio termine) — adeguare il salario base e le indennità di turno; riconoscere premi per le aree critiche e per il lavoro notturno/area critica. (richiesta già avanzata da sindacati).  
  2. Incentivi per il territorio e per le aree “spoke” — bonus d’ingresso, housing agevolato, percorsi di carriera legati alla permanenza nelle zone disagiate.  
  3. Piani di mentoring e stabilizzazione per neolaureati — tirocini retribuiti, contratti a tempo determinato con clausole di stabilizzazione, tutoraggio obbligatorio per 12 mesi.  
  4. Programmazione del fabbisogno e monitoraggio regionale — usare i dati demografici dei professionisti iscritti all’albo per pianificare posti formativi per regione (evitare sbilanci territoriali).  
  5. Politiche di retention non solo economiche — welfare aziendale, misure anti-violenza, flessibilità oraria, scalette di carriera e formazione continua.

I numeri del 2025 rappresentano una finestra su una crisi già in atto. Senza misure coordinate su salario, formazione e condizioni di lavoro, il problema rischia di consolidarsi: meno aspiranti, più uscite, più emigrazione e una sanità che perde capacità assistenziale nei prossimi 5–10 anni. Le proposte ci sono: servirà la volontà politica e la capacità di tradurle in atti concreti e finanziati.

Redazione NurseTimes

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