Primi dati dell’Università del Piemonte Orientale in vista del “quizzone” dell’8 settembre: meno candidati dei posti disponibili per Infermieristica, mentre Fisioterapia resta sovraffollata con rapporti domanda/offerta molto alti
La carenza di infermieri in Italia trova un segnale precoce sui banchi dell’università: i primi dati raccolti dall’Università del Piemonte Orientale (UPO) in vista della prova di ammissione dell’8 settembre a Novara mostrano che per il corso di Infermieristica gli iscritti che hanno indicato la prima scelta sono 315 contro 430 posti disponibili, con un’occupazione inferiore alla capienza prevista.
La prova nazionale per le Professioni Sanitarie all’UPO si svolgerà lunedì 8 settembre 2025 presso il Complesso Universitario Perrone di Novara: il test prevede 60 quesiti a risposta multipla su competenze negli studi, ragionamento logico, biologia, chimica, fisica e matematica. L’Ateneo ha pubblicato il bando e le procedure per l’a.a. 2025/26.
Dati locali: dove manca l’adesione
Secondo i dati raccolti sul territorio, solo due sedi dell’UPO raggiungono il numero di iscritti in rapporto ai posti messi a bando: Verbania (45 iscritti per 45 posti) e Vercelli (51 iscritti per 50 posti). Le restanti sedi presentano deficit significativi: Novara 88 iscritti su 135 posti, Alessandria 57 su 85, Alba 31 su 50, Biella 43 su 65. I numeri citati dall’indagine locale sono ancora parziali e possono variare per assenze al test o scorrimenti delle seconde/terze scelte.
Nel complesso dell’a.a. 2025/26 i candidati alle Professioni Sanitarie all’UPO sono circa 990 per 710 posti complessivi distribuiti su sei corsi e più sedi: spicca la forte domanda per Fisioterapia, che supera di molto l’offerta (a Novara 249 iscritti per 50 posti). Altri corsi come Tecnico di radiologia per immagini, Igiene dentale e Tecnico di laboratorio riportano un buon numero di domande; nettamente più debole invece l’afflusso verso corsi come Educatore.
Contesto nazionale: un problema strutturale
Il fenomeno osservato all’UPO si inserisce in un quadro nazionale di carenza di personale infermieristico. Report e analisi di settore evidenziano che l’Italia perde migliaia di professionisti all’anno e presenta tassi di infermieri per mille abitanti inferiori alla media di alcune regioni OECD, con marcate disomogeneità territoriali. Studi recenti e rassegne settoriali sottolineano come la dispersione, l’invecchiamento della forza lavoro e le condizioni contrattuali influenzino la carenza strutturale.
Questa situazione si traduce in contestuali difficoltà dei concorsi pubblici (talvolta andati deserti) o in una forte mobilità post-assunzione: infermieri assunti in una struttura possono essere poi “scippati” da offerte più vicine a casa o con condizioni migliori, aggravando la tenuta dei servizi territoriali e ospedalieri.
Voce delle istituzioni e prospettive professionali
Paola Santovito, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Novara, evidenzia che la professione offre molteplici opportunità — dai percorsi magistrali alla ricerca, dalle Case di comunità alle RSA e al settore privato — e sottolinea la necessità di riconoscimento istituzionale e di attrarre giovani che portino idee nuove. Il richiamo è chiaro: serve un intervento coordinato tra università, istituzioni sanitarie e politica per rendere la professione più appetibile.
Impatto per ospedali e territorio
La riduzione di nuovi ingressi nei corsi di laurea in infermieristica si traduce a medio termine in un bacino più ristretto di professionisti disponibili per le strutture ospedaliere e territoriali. Gli ospedali rischiano di trovarsi con organici ridotti, turni più pesanti e difficoltà nella programmazione dei servizi, mentre il territorio potrebbe pagare un prezzo in termini di continuità assistenziale e accesso alle cure. Studi e analisi economiche raccomandano politiche per aumentare la formazione, migliorare le condizioni contrattuali e favorire la permanenza nel SSN.
Redazione NurseTimes
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