Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a firma di Cesare Hoffer, coordinatore Nursing Up Trento.
L’ennesimo episodio accaduto è indegno di un Paese civile. Stavolta la vittima è stata un’infermiera tirocinante che ha subito un’aggressione con tentata violenza sessuale nei pressi dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Condividiamo il disagio e il dolore della giovane vittima, ma una cosa è certa: è ormai lampante che anche il perimetro dell’ospedale è una zona a rischio ed è ormai urgente presidiare adeguatamente con forze dell’ordine e vigilantes non solo la struttura ospedaliera, ma anche le zone limitrofe di accesso ai servizi sanitari.
La figura dell’infermiere è diventata un simbolo di resilienza e dedizione, ma è inaccettabile che i professionisti sanitari vengano considerati “sacrificabili” in un sistema di tutela che si dimostra gravemente inadeguato. Gli episodi di aggressione non sono isolati, ma sono il risultato di un contesto sociosanitario che non garantisce la sicurezza di chi opera nei luoghi di cura. Gli operatori, già oberati da turni massacranti, non possono essere lasciati soli a gestire situazioni di violenza e conflitto.
E un tavolo tecnico aziendale, convocato per il 19 febbraio e fortemente voluto dal nostro sindacato, non è certo sufficiente ad arginare un fenomeno di questa portata. La questione delle aggressioni è complessa e richiede un approccio multidisciplinare. È necessario che le istituzioni si facciano carico di un problema che ha radici profonde nella società, e che coinvolga non solo il personale sanitario, ma l’intera società civile.
I luoghi di cura, che dovrebbero essere spazi sicuri di conforto deputati all’assistenza, si sono trasformati in teatro di violenza. Le aggressioni fisiche e verbali sono purtroppo diventate una triste normalità, e la sensazione di insicurezza è palpabile tra chi lavora in questi ambienti. Come si può pensare che un personale già stressato e sotto pressione possa gestire una situazione del genere?
Nursing Up Trento chiede l’implementazione di protocolli di sicurezza, maggior presenza di forze dell’ordine e vigilantes, formazione per gestire situazioni di crisi, e supporto psicologico per chi ha subito aggressioni. Visto che in caso di aggressione al personale esiste un a legge per l’arresto in flagranza di reato, questa deve essere poi applicata, anche nelle 24 ore successive.
Le istituzioni devono ascoltare la voce dei professionisti della salute e rispondere con azioni tangibili. Non possiamo più tollerare che gli infermieri e i sanitari siano lasciati a gestire da soli una problematica così grave. È ora che le autorità si attivino per garantire un sistema di protezione adeguato, che tuteli non solo chi lavora, ma anche i pazienti stessi, assicurando che il diritto alla salute sia rispettato in un ambiente sicuro.
Poi non ci meravigliamo, come risulta dalla recente indagine di Opi Trento, che un infermiere su cinque voglia lasciare la professione o che si rivolga alla vicina provincia di Bolzano, dove lo stipendio supera di parecchie centinaia di euro quello previsto a Trento.
Poco finora è stato fatto. Rivolgiamo un accorato appello ad azienda e politica provinciale affinché si facciano carico della problematica e garantiscano prossimità e presenza. Anche i pazienti sono a rischio di subire gravi conseguenze! In assenza di risposte, proclameremo la molbilitazione di tutto il personale. Così non si può più andare avanti. È ora e tempo di prendersi finalmente cura di chi cura.
Redazione Nurse Times
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