La sentenza del Tribunale di Monza: negligenza, mancato monitoraggio e linee guida ignorate nel parto domiciliare, con risvolti nella sanità e cronaca italiana
Il 31 agosto 2025 il Tribunale di Monza ha emesso una sentenza in primo grado che ha condannato l’ostetrica Anna Maria Cuozzo, 73 anni, alla pena di un anno e sei mesi per omicidio colposo, oltre al pagamento di una provvisionale di 280 mila euro, in seguito al decesso di un neonato rimasto due giorni in ospedale in condizioni disperate dopo un parto domiciliare a Concorezzo (MB).
Gli elementi della sentenza
Subito dopo la nascita, il neonato mostrava grave soffocamento causato da diversi giri del cordone ombelicale attorno al collo. Le motivazioni della sentenza sottolineano che «se l’ostetrica avesse effettivamente eseguito correttamente le varie disposizioni contenute nelle linee guida sul parto domiciliare, il neonato sarebbe sopravvissuto».
I giudici hanno evidenziato più carenze:
Peso del nascituro non valutato correttamente, potenzialmente controindicato per un parto in casa, che avrebbe dovuto spingere verso il ricorso al sistema sanitario ospedaliero per un monitoraggio più adeguato, possibilmente un cesareo.
Mancanza di monitoraggio continuo: solo una rilevazione del battito cardiaco all’inizio, senza ulteriori controlli del battito fetale, della pressione materna o della temperatura – tutti elementi richiesti dalle best practice delle linee guida per il parto domiciliare.
Assenza di una seconda ostetrica, nonostante le indicazioni normative che la considerano auspicabile per gestire situazioni critiche, permettendo interventi tempestivi e coordinati anche nella chiamata dei soccorsi.
Secondo il pubblico ministero, la pena richiesta era più severa: due anni di reclusione, considerato il livello di negligenza e la mancata partecipazione a corsi di aggiornamento.
Contesto medico-legale
Il caso pone un focus sulle linee guida sul parto domiciliare, che raccomandano un’attenta valutazione preliminare (compreso il peso stimato del nascituro), un monitoraggio continuo durante il travaglio e l’assistenza di un team (almeno due ostetriche). L’inosservanza di questi protocolli può determinare gravi esiti, come è purtroppo accaduto in questo episodio.
Redazione NurseTimes
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