Inizio citando uno dei principi cardine della nostra appartenenza all’U.E
L’articolo 10 stabilisce anche il principio di prossimità, che significa che le decisioni devono essere prese nella maniera il più possibile vicina ai cittadini coinvolgendo nel modo più efficace possibile le amministrazioni nazionali e locali, per avvicinare l’UE ai suoi cittadini (eur-lex).
Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini.
E’ su questa base che la professione infermieristica è tenuta a fornire risposte concrete, attuali tenendo conto che le risorse economiche del nostro paese sono sempre più di difficile gestione:
Il finanziamento dei disavanzi sanitari ha subito nel corso degli ultimi anni, successivamente alla modifica Costituzionale in senso federalista e all’avvio della “stagione degli accordi tra Stato e Regioni” nell’estate del 2000, un’importante virata nell’approccio. Dalla precedente confermata tendenza a spalmare fra tutte le Regioni le risorse destinate al ripiano di disavanzi si è passati all’impostazione odierna (stabilizzata particolarmente a seguito del Patto perla Salute dell’autunno 2006), che prevede di non riconoscere aprioristicamente risorse a piè di lista in favore di tutte le Regioni, ma di attribuire le stesse in funzione del concorso da parte delle singole Regioni nella formazione dei disavanzi, condizionando l’accesso ai finanziamenti aggiuntivi alla sottoscrizione di specifici Accordi volti al conseguimento di obiettivi di contenimento della dinamica dei costi. (salute.gov.it)
La letteratura internazionale è ormai intrisa di documenti che dimostrano come l’infermiere specialist che agisce all’interno di modelli assistenziali stratificati a seconda dei bisogni delle persone con problemi sanitari, sia l’arma vincente per coordinare un percorso di cura adeguato senza sprechi.
Questa premessa è necessaria per fotografare l’attuale necessità assistenziale di una fetta di popolazione italiana, che rappresenta la parte del nostro Paese con alte potenzialità produttive e di sviluppo sociale.
L’Italia conta 6.000.000 di persone che soffrono di emicrania, è una patologia subdola e non degna di nota ai più.
I sintomi più frequenti oltre al dolore al capo, in genere monolaterale con caratteristiche costrittive (dolore 7-9/10), subentrano: nausea, vomito, fono-fotofobia e tutto ciò può durare da qualche ora a qualche giorno.
Spesso queste persone subiscono sentenze come: “Dai vedrai che passa presto!” “Mettiti tranquillo, sei troppo stressato!”.
La realtà è tutt’altra: gli emicranici vivono la maggior parte della loro vita con un dolore costante che compromette spesso le quotidianità e l’inevitabile calo delle performances (lavorative, sociali, relazionali).
E’ evidente che il danno alla funzionalità economica e di benessere sociale sia significativo.
L’emicrania non è un sintomo ma una malattia neurologica che affligge soprattutto il sesso femminile e rappresenta la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante del genere umano secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) [GBD 2017].
Assenze dal lavoro, rinuncia a viaggi, eventi di comunità, di famiglia, con conseguenti ripercussioni emotive sulla persona e su chi la circonda, questo quadro che può sembrare esasperato è supportato dai dati semeiotici.
Le più coinvolte sono le donne, con episodi molto debilitanti non di rado in periodo catameniale, inoltre queste ultime si rivolgono allo specialista dopo molti anni di dolore, proprio perché sembra che il mal di testa faccia parte del pacchetto “rosa”, arrivando ai centri cefalee già con una situazione di cronicità conclamata.
Negli ultimi 20 anni fortunatamente la farmacologia è stata di grande aiuto, le terapia per trattare la crisi e le linee di profilassi, possono dare l’opportunità di conciliare la vita quotidiana con questo compagno indesiderato.
Come anticipavo la criticità sta nel diagnosticare il problema clinico il più precocemente possibile, ciò permette di trovare le strategie terapeutiche, ambientali e psicologiche che offrano gli strumenti di accettazione della malattia.
I centri cefalee in Italia stanno cercando di rispondere sempre più alacremente alle richieste, anche vista la sensibilizzazione da parte dei gruppi di pazienti emicranici, le risposte sono state comunque non compensative delle necessità per 2 motivi:
- sono ancora pochi gli specialisti neurologi che si occupano di cefalea, considerando un’incidenza così alta di questa patologia, 6.000.000 sono le persone dichiarate emicraniche, ma vi è tutta una fetta di pazienti non identificati, la letteratura stima una prevalenza dell’emicrania pari al 14% della popolazione mondiale. Se ci si focalizza però nel periodo compreso tra pubertà e menopausa, circa il 27% delle donne ne risulta affetto. Studi condotti sulla popolazione italiana hanno dimostrato percentuali ben più alte e preoccupanti. (ISS);
- la cronicità della sindrome emicranica, necessità di un percorso di cura continuativo e che deve essere rinnovato a seconda delle necessità cliniche e delle fluttuazioni legate a fattori intrinsechi e estrinsechi con adeguate misure di monitoraggio dell’andamento, di educazione terapeutica, di facilitazione nei contatti con gli specialisti a seconda della problematica sintomatologica espressa, con competenze attribuibili ad un professionista con necessaria esperienza specialistica in campo neurologico sia di primo che di secondo livello.
Ad oggi grazie alla sensibilizzazione di istituzioni (Fondazione Onda) e associazioni di malati (AIC), sono stati fatti molti passi in avanti nel riconoscimento di questa patologia come “malattia sociale”, proprio per l’impatto economico che ne consegue, ad oggi si sta lavorando a livello legislativo per dare operatività concreta alla legge 81/2020 .
L’ Europa offre in molti paesi l’opportunità di affidarsi a team multidisciplinari che possano fornire opportunità terapeutiche, educative assistenziali sempre più all’avanguardia, anche nell’ottica di prevenire comorbidità come la depressione, danni organici da abuso di farmaci, oltre a contribuire al contenimento della spesa pubblica (il costo medio annuo per emicrania per ogni singolo paziente è in Europa pari a 1222 euro ISS).
Anche in Italia c’è qualche timido tentativo, recentemente ANIN (Associazione nazionale infermieri in neuroscienze) e SISC (Società italiana studio delle cefalee), stanno collaborando per eventi di formazione condivisa, con l’obiettivo di creare team specialistici multiprofessionali.
Concludo rinnovando l’invito alla categoria infermieristica di non abbassare la guardia sugli elementi distintivi della professione che oggi sono diventati essenziali, la specialità clinica fa parte della nostra identità e i tempi moderni la richiamano a gran voce, la pratica clinica non è più sufficiente da molti anni, serve studio e ricerca in modo costante.
Dott.ssa Erika Pesce, Infermiera case manager di Neurologia Consigliere Nazionale ANIN
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