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Schillaci: “Stop a medici gettonisti. Sì ad assunzioni vere”. Le reazioni di Cimo-Fesmed e Confcooperative Sanità

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Le dichiarazioni del ministro Schillaci

“Ciò che viene speso per i medici gettonisti può essere utilizzato per fare assunzioni. Le professionalità ci sono perchè, se tanti giovani scelgono di fare i gettonisti, quando poi non possono più farlo, sono convinto che rientrerebbero dalla porta principale del Ssn”. Così il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a margine degli Stati generali della prevenzione, in merito alla scadenza del 30 luglio dei contratti per i medici a gettone, largamente impiegati nelle aziende sanitarie e pronto soccorso e la cui “scadenza”, avvertono i sindacati, lascerebbe sguarniti molti reparti.

Il commento di Cimo-Fesmed

“Se non si migliorano le condizioni di lavoro e non si adeguano gli stipendi, sarà molto difficile trovare medici disponibili ad andare a lavorare in pronto soccorso per colmare i vuoti lasciati dai gettonisti”, afferma Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, commentando le dichiarazioni di Schillaci.

E aggiunge: “Per il ministro i medici devono essere assunti e lavorare a tempo pieno per la sanità pubblica, usando per le assunzioni quanto viene speso per i gettonisti. Non possiamo che essere d’accordo: sono anni che chiediamo di spostare dalla voce di bilancio ‘beni e servizi’ alla voce ‘personale’ quanto speso per i gettonisti. Ma forse dovrebbe essere il ministro dell’Economia, Giorgetti, ad acconsentire a tale cambiamento. In ogni caso le aziende non vogliono assumere perché un medico dipendente sarà a carico del Ssn almeno per 30 anni, mentre un gettonista costa di più nell’immediato, ma può essere mandato via quando si vuole, considerato che nei prossimi anni ci sarà un numero maggiore di specialisti rispetto ai pensionati, e quindi sarà più semplice trovare professionisti a costi inferiori”.

Sempre Quici: “Oggi dobbiamo fare i conti con l’indisponibilità di medici che vogliano lavorare nei pronto soccorso. ‘Se tanti giovani scelgono di fare i gettonisti sono convinto che rientrerebbero nel Ssn’, dice Schillaci. Peccato che non sia così: i gettonisti, oltre a guadagnare molto di più di un dipendente, scelgono le strutture in cui lavorare, quanti turni coprire, non rischiano denunce e possono prendersi il lusso di andare in ferie, se vogliono. I medici dipendenti che lavorano in pronto soccorso, invece, sono malpagati, non hanno prospettive di carriera, hanno mani e piedi legati da vincoli burocratici inaccettabili, subiscono continuamente aggressioni e lavorano in un clima tossico che li porta a rassegnare le dimissioni e a voler cambiare vita”.

Conclude il presidente di Cimo-Fesmed: “Oggi i pronto soccorso sono gironi infernali per i dipendenti: se non si risolvono a monte queste condizioni, non ci saranno più medici disponibili a lavorarci. Per questo chiediamo a gran voce l’emanazione dell’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale e investimenti seri per migliorare le condizioni di lavoro del personale”.

La reazione di Confcooperative Sanità

“Accogliamo con favore lo stop ai contratti dei medici gettonisti. È una scelta che condividiamo pienamente, perché mette fine a un modello che abbiamo sempre definito speculativo, incapace di sostenere la crescita del Servizio sanitario nazionale e responsabile della dispersione di risorse preziose, al di fuori di ogni logica di programmazione. Finalmente si supera una distorsione che ha penalizzato il sistema” Così Giuseppe Milanese, presidente di Confcooperative Sanità, commenta le parole del ministro Schillaci.

“Ma attenzione – prosegue Milanese –, usare il termine ‘cooperative’ come sinonimo di intermediazione è fuorviante. Il tema coinvolge soggetti diversi, con forme giuridiche e finalità molto differenti. Semplificare significa generare confusione, anche involontaria, su ruoli e responsabilità”.

Confcooperative Sanità ricorda che le cooperative sanitarie operano da anni in modo trasparente e continuativo, offrendo servizi di cura e assistenza qualificata – non semplice manodopera – in tutti i contesti extraospedalieri, soprattutto nei territori più fragili. Lo fanno senza finalità speculative, in forma sussidiaria al Ssn.

“Inoltre – aggiunge Milanese – presidiano le aree interne del Paese. Il numero di imprese cooperative cresce man mano che ci si allontana dai grandi poli urbani: nei comuni ultraperiferici il 53,7% delle imprese della sanità privata è cooperativo. In 382 comuni delle aree interne le cooperative rappresentano l’unica presenza imprenditoriale privata in ambito sanitario”.

Conclude il presidente di Confcooperative Sanità: “Ribadiamo la necessità di politiche che rafforzino il sistema extraospedaliero. Ne deriverebbero conseguenze positive a catena: pronto soccorso meno affollati, anziani assistiti vicino casa o a domicilio, ritmi di lavoro più sostenibili per i medici ospedalieri”.

Redazione Nurse Times

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