Il Collegio IPASVI di Firenze in prima linea, con la Federazione nazionale, per la tutela delle competenze degli infermieri.
Il bene e il rispetto della persona assistita, della sua volontà e dei suoi diritti, della privacy del paziente e della sua famiglia sono il fil rouge che lega i 40 articoli della bozza del nuovo Codice Deontologico della Federazione nazionale dei Collegi IPASVI.
Bozza che, dopo la consultazione pubblica online, potrebbe subire ulteriori modifiche e miglioramenti su suggerimento di tutta la comunità professionale.
“Massima trasparenza e condivisione – spiega la presidente della Federazione nazionale dei Collegi IPASVI, Barbara Mangiacavalli – sono gli elementi chiavi per costruire il nuovo Codice Deontologico. Di questa edizione come delle precedenti le norme contenute nel Codice stesso sono vincolanti e, negli ultimi anni, sono state utilizzate anche come strumento giuridico dalla magistratura”.
Intanto il Collegio IPASVI di Pisa da qualche mese ha lanciato una proposta per ampliare e arricchire il dibattito sul nuovo Codice Deontologico.
“La professione, negli ultimi anni, ha vissuto grandi cambiamenti. – puntualizza il presidente Emiliano Carlotti – Per questo come Collegio di Pisa vorremmo che l’infermiere godesse di una maggiore autonomia per superare l’ausiliarità della professione”.
Autonomia riscontrabile anche tra le maggiori novità della bozza che riflettono il nuovo ruolo sia a livello di management che clinico, assunto dagli infermieri all’interno delle strutture sanitarie, sul territorio e anche nella libera professione.
“Il nuovo Codice – precisa ancora Mangiacavalli – già inquadra la crescita professionale in vista con il nuovo contratto. Prevede che l’infermiere agisca sulla base del proprio livello di competenza, ricorra (se necessario) all’intervento e/o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti, presti consulenza mettendo le sue conoscenze a disposizione della propria e delle altre comunità professionali. L’infermiere, inoltre, ha anche l’obbligo di concorrere alla valutazione del contesto organizzativo, gestionale e logistico in cui si trova la persona assistita, comunicando il risultato delle sue valutazioni”.
Per quel che riguarda il tema del “fine vita” poi il concetto base è lo stesso del Codice oggi vigente, quello del 2009, in cui si riconosce che l’infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita all’assistito, riconoscendo l’importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale.
“È sempre presente – puntualizza Mangiacavalli – il compito di tutela da parte dell’infermiere della volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita.
Così come si conferma il sostegno che l’infermiere dà ai familiari e alle persone di riferimento del paziente, nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazione del lutto”.
Da tempo, tra l’altro, anche la commissione etica del Collegio IPASVI di Firenze lavora sul tema del “fine vita”.
“Spesso chi utilizza le cure palliative non tiene conto della storia del paziente – spiega Marcella Gostinelli, referente della commissione etica del Collegio IPASVI di Firenze – mentre sarebbe importante promuovere un orientamento transculturale al “fine vita”. Gli infermieri dovrebbero promuovere l’approccio alla tanatologia e la formazione universitaria dovrebbe formare professionisti capaci anche di aiutare le persone ad accettare la malattia in maniera consapevole”.
Per questo, oggi più che mai, il Codice Deontologico è un criterio guida per l’infermiere, che è un professionista della salute al quale ogni cittadino si rivolge in un rapporto diretto confidando nell’opportunità di ricevere un’assistenza professionale, pertinente e personalizzata.
“Gli infermieri come professionisti intellettuali – precisa ancora Gostinelli – devono rendersi conto che i sistemi sanitari regionali si trovano oggi in una situazione difficile per la riduzione della spesa sanitaria a fronte di una crescente e dilatata richiesta di assistenza. Il rischio è che l’etica della cura sia subordinata all’economia e l’appropriatezza diventi più importante dell’adeguatezza. L’applicazione dei protocolli, indipendentemente dalla storia personale dei pazienti, spersonalizza i sistemi di cura, minando il rapporto fiduciario tra società e servizio sanitario”.
Il nuovo Codice Deontologico rappresenta, dunque, per l’infermiere uno strumento per esprimere la propria competenza e la propria umanità, il saper curare e il saper prendersi cura per soddisfare non solo il bisogno di ogni singolo paziente, ma anche quello del professionista di trovare senso e soddisfazione nella propria attività.
“Abbiamo scelto – conclude Mangiacavalli – anche la strada del confronto e della consultazione pubblica perché il Codice è per gli infermieri e degli infermieri. Li rappresenta, li tutela e mette nero su bianco la loro promessa di prendersi cura fatta, da sempre, ai cittadini”.
Fonte: Ufficio Stampa IPASVI Firenze
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