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Gli Opi Puglia denunciano lo “studio ufficiale bluff” sulla violenza della Regione

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Gli Ordini delle Professioni Infermieristiche di Puglia contestano la narrazione istituzionale sull’indagine “gender disparities” e reclamano uno studio regionale indipendente, un tavolo tecnico permanente e misure strutturali per garantire sicurezza e tutela

Di seguito il comunicato stampa degli Opi Puglia

Gli Ordini delle Professioni Infermieristiche di Puglia, non possono rimanere in silenzio di fronte a una narrazione pubblica dell’Assessorato alla Sanità, alimentata da riprese di stampa, che rischia di indurre sanitari e cittadini a interpretazioni erronee.

Grave è la distorsione dei fatti operata con azioni di “marketing” politico finalizzati a sminuire le oggettive responsabilità della Regione, con la consapevolezza di offuscare la dignità di chi ogni giorno, in prima linea, affronta con competenza e dedizione le difficoltà del sistema sanitario.

In queste ore è stato rilanciato sui media uno studio – “Gender disparities in workplace violence among Italian healthcare workers” – definito da fonti istituzionali come “commissionato dal Dipartimento Salute della Regione Puglia, dopo le ripetute aggressioni accadute in Puglia in danno degli operatori sanitari”. Una narrazione che, così costruita, richiede chiarimenti urgenti con l’aiuto dei media aperti a forme di confronto costruttive con al centro la verità dei fatti narrati.

Se davvero lo studio fosse stato il risultato di una volontà istituzionale di indagare e contrastare la violenza sugli operatori sanitari pugliesi, ci si aspetterebbe coerenza tra intenzioni e metodo.

Invece:
  • Non esiste alcun atto amministrativo o convenzione formale che sancisca la natura “regionale” dello studio;
  • La ricerca è stata approvata dal Comitato Etico dell’A.O.U.Cdi Bari (Protocollo n. 6663/2021) ben 4 anni fa, oltretuttocome iniziativa di un singolo Dipartimento Universitario, non già dell’Ateneo nella sua interezza, né in raccordo con le professioni coinvolte;
  • L’unica versione dello studio disponibile online è un preprint, pubblicato su SSRN – piattaforma non peer-reviewed – e non risulta pubblicato su nessuna rivista scientifica ufficiale, inclusa La Medicina del Lavoro, che viene evocata senza fondamento in ogni notizia online.

Entrando nel merito, poi, lo studio non affronta realmente la violenza verso gli operatori sanitari in Puglia, bensì si concentra – legittimamente ma specificamente – sulle disparità legate all’identità di genere, con un focus sui soggetti transgender e gender expansive.

Non vi è alcuna stratificazione dei dati per reparto, ambito operativo, sede geografica o profilo professionale. Nessuna lettura della sofferenza vissuta dai Pronto Soccorso, delle condizioni nei REMS, del disagio nei contesti territoriali.

Vi è più che nessuna attenzione è stata posta alla figura dell’Infermiere, che pure costituisce oltre il 40% del campione, e che secondo dati ufficiali INAIL, CEASE-IT, FNOPI e ISS è la categoria più colpita da episodi di violenza fisica, verbale, istituzionale.

Si attribuisce dunque a questo lavoro una finalità che non gli appartiene, e lo si utilizza come copertura istituzionale per dichiarare un impegno che, nella realtà, non si è mai tradotto in azioni strutturate, concrete, condivise.

A ciò si aggiunge la gestione del neo insediato ORSEPS (Osservatorio Regionale per la Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie) orfano della presenza istituzionale della Professione Infermieristica per scelta politica della Regione che non intende dialogare con gli Ordini 

Una esclusione ed un silenzio che abbiamo ritenuto poco istituzionale, ingiustificabile, e che ci ha portato – con senso di responsabilità – a non partecipare all’insediamento dell’ORSEPS del 30 giugno 2025, ritenendo inutile prestare consenso a un organismo che ci chiede di accomodarci in un “posto unico” per tutte le professioni, quando ciò che serve è una voce specifica, riconosciuta, competente, autonoma.

Perché non si può parlare di sicurezza degli operatori senza ascoltare chi la sicurezza la mette in gioco ogni giorno.

Non si può raccontare di “impegno” mentre nei reparti mancano protocolli, personale, risorse.
Non si possono “muovere foglie” quando si dovrebbero estirpare radici profonde: disorganizzazione, assenza di presa in carico, carenza cronica di organici, immobilismo progettuale.

È il tempo della chiarezza, non delle narrazioni, non si può contrastare la violenza aggirando chi la subisce. Non si possono racimolare dati da studi nati per altri scopi e trasformarli in verità ufficiali. Non si può invocare sensibilità mentre si esclude la professione che più ha pagato in questi anni.

Gli Ordini delle Professioni Infermieristiche di Puglia chiedono:
  • Un nuovo studio regionale, indipendente, multidisciplinare/multicentrico, professione-specifico, che analizzi la violenza sul lavoro in sanità stratificando per contesto, reparto, setting e responsabilità;
  • La costituzione di un tavolo tecnico permanente, dove l’Infermieristica non sia una “parte” indistinta, ma una voce riconosciuta, competente, protagonista;
  • Azioni concrete, strutturali, misurabili, che restituiscano fiducia, sicurezza e dignità a chi ogni giorno cura, ascolta, contiene, resiste.

Gli Infermieri non chiedono visibilità: chiedono rispetto, non cercano titoli: cercano tutele.
Non desiderano elogi: pretendono di essere ascoltati.

Siamo 460.000 in Italia. Siamo quelli che entrano nelle stanze chiuse, varcano soglie fragili, sostengono corpi e vite. Siamo quelli che non si possono escludere. E se qualcuno pensa di farlo, deve sapere che non resteremo in silenzio.

Redazione NurseTimes

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